NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 3 ottobre 2021

Aristofane, "Lisistrata". 5. L’eleganza delle donne in Aristofane e in Ovidio (il cultus)

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Lisistrata accusa tutta la razza delle Ateniesi di essere dissolutissima pagkatavpugon a{pan gevno" (137) - katapuvgwn = rotto in culo (puhghv) e zozzone in genere. Dato che pensano a una sola cosa.

Chiede comprensione e aiuto alla fivlh Lavkaina 140 la cara spartana Lampitò. Basteranno loro due ad aggiustare la cosa.

Si diversificano i ruoli a partire dalle caporione.

 

Lampitò risponde che è duro rimanere senza glande, ma c’è bisogno di pace (142 - 143).

 

Pensate a quante volte abbiamo dovuto o voluto rinunciare a un’amante o un amante ad maiora mala vitanda.

 

 Cleonice dubita che l’astensione dal sesso porti la pace.

 

In effetti spesso i più frustrati sessuali sono pieni di risentimento e anche di rabbia e la guerra per molti è “tutto sesso andato a male”, come l’adorazione dei capi.

 

 Lisistrata, sempre più convinta, illustra la tattica da usare: le donne dovranno aspettare i mariti con belle tuniche trasparenti depilate nel pube devlta paratetilmevnai (151) e quando gli uomini avranno un’erezione stuvointo d’ a[ndre" (151) kajpiqumoi'en splekou'nm e abbiano voglia di fottere, noi ajpecoivmeqa, ci scostiamo. Allora gli uomini patteggeranno e trionferà la strategia che porta alla pace.

 

Lampitò aggiunge un esempio tratto da vicende spartane: infatti Menelao quando vide le tette di Elena nuda, gettò via la spada (Lisistrata, 155 - 156).

 

Nell’Andromaca di Euripide, Peleo rinfaccia a Menelao che come vide il seno (masto;n) di Elena, gettata la spada, si è fatto baciare lusingando la cagna traditrice - prodovtin aijkavllwn kuvna (629 - 630).

 

Cleonice domanda “cara mia, e se gli uomini ci piantano?

 

Lisistrata “dovremo scuoiare una cagna scuoiata (ossia usare l’olisbo consumato) - kuvna devrein dedarmevnhn (158)

 

Cleonice disprezza tali memimhmevna –imitazioni, surrogati, dicendo che sono insulsaggini fluariva (159), cose senza senso.

Poi aggiunge che i mariti potrebbero anche forzarle.

 Allora Lisistrata ribatte che non c’è piacere quando certe cose si fanno per forza “ouj ga;r e[ni touvtoi" hJdonh; toi'" pro;" bivan” (163). E l’uomo non potrà godere se non c’è il piacere della donna.

 

Certi uomini allora fanno come il principe Salina del Gattopardo la cui moglie non tripudiava e lui andava a cercare amanti meno inibite, perfino nei bordelli.

 

Cleonice comincia a convincersi.

 

 Lampitò annuncia che le donne spartane sapranno persuadere gli uomini a fare la pace. Ma la folla del popolo ateniese tw'n jAsanaivwn rJuavceton - dialetto laconico - chi potrà persuaderla a non fare sciocchezze?.

 

Lisistrata risponde che ci penseranno loro con la tattica già detta.

 

Lampitò ne dubita e ricorda la smania imperialistica degli Ateniesi maschi che hanno riempito l’Acropoli di tesori rubati.

 

Lisistrata replica: “noi donne oggi stesso occuperemo l’acropoli - “katalhyovmeqa ga;r th;n ajkrovpolin thvmeron”176.

 Alle anziane anzi è già stato l’ordine di farlo con il pretesto di sacrificare - quvein dokouvsai" 179.

I riti religiosi sono stati nella storia strumenti di operazioni militari o politiche come colpi di Stato.

 

Lampitò ne è convita

 

 

Lisistrata propone un giuramento sullo scudo, come quello descritto da Eschilo nei Sette a Tebe .

 

E’ nel racconto che fa il Messaggero a Eteocle a proposito degli a[ndre" eJptav (v. 42).

 

Cleonice non è d’accordo sullo scudo che evoca la guerra. Bisogna piuttosto giurare su una coppa di non versare mai acqua nel vino.

 

Lampitò approva. Lisistrata versa il vino nella coppa come se fosse sangue di un porco sacrificato.

 

Lisistrata detta le parole del giuramento che Cleonice ripete: “oujk e[stin oujdei;" ou[te moico;" out j ajnh;r” (213) nessuno mai né ganzo né marito.

La caporiona completa o{sti" pro;" ejme; provseisin ejstukwv", levge (214), si avvicinerà mai a me con l’erezione, ripeti

 - stuvw, ho un’erezione -

Cleonice ripete pur mentre le si piegano le ginocchia.

E passerò la vita in casa ajtaurwvth (217, cfr. taurovw, trasformo in toro) senza essere montata.

 

cfr. Medea quando nel prologo la nutrice racconta

“Già infatti l'ho vista mentre fissava con furia taurina 92 tauroumevnhn

questi bambini, come se avesse in animo di fare qualcosa; e non cesserà

dall'ira, lo so bene, prima di avere assalito qualcuno.

Spero almeno lo faccia con i nemici, non con i suoi cari. 95.

 

Lisistrata poi suggerisce “con una veste color zafferano e imbellettata - krokwtoforou`sa kai; kekallwpismevnh - 219”

 

Breve Excursus

l’eleganza delle donne, il loro cultus, fa presa sul desiderio maschile.

Nell'Ars Amatoria Ovidio afferma che è proprio l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea: "prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis" (III, 121 - 122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora, dopo tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese, terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis " Ars, III, 127 - 128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.

"Ordior a cultu . Così Ovidio inizia, dopo il lungo proemio, la precettistica riservata alle donne nel terzo libro dell'Ars .

Cultus , riferito come qui alla vita della donna, indica più o meno la "cura della persona" e quindi la "raffinatezza" .

 

 

 Il cultus rende le donne più attraenti e seduttive ed è una di quelle parole che possono prendere significati differenti dando luogo a comportamenti contrastanti.

 Qualora ci si voglia liberare dai lacci delle donne e trovare rimedi all'amore converrà vederle al naturale arrivando all'improvviso di mattina: "Auferimur cultu: gemmis auroque teguntur/omnia; pars minima est ipsa puella sui " (Remedia Amoris vv. 343 - 344), siamo sedotti dall'acconciatura: tutti i difetti sono coperti dalle gemme e dall'oro; la donna in sé, è una parte minima di sé.

 

Infatti, prosegue Ovidio, "Saepe, ubi sit quod ames, inter tam multa, requiras:/decipit hac oculos aegide dives Amor " (vv. 345 - 346), spesso tra tante contraffazioni uno può chiedersi dove sia ciò che ama: Amore arricchito con questo scudo inganna gli occhi.

 

"E' in Ovidio che troviamo l'irrisione aperta della rusticitas , è Ovidio che della negazione della rusticitas fa un aspetto essenziale del suo mondo galante. In alcuni casi egli ci presenta la negazione in modo ambiguo", attribuendola a personaggi poco attendibili. "Per esempio, una contrapposizione fra le formosae audaci di oggi e le sporche sabine delle origini di Roma è elaborata da una lena nel suo discorso esortativo (Am. I 8. 39 sgg.): "Forsitan inmundae Tatio regnante Sabinae/noluerint habiles pluribus esse viris;/nunc Mars externis animos exercet in armis,/at Venus Aeneae regnat in urbe sui./Ludunt formosae: casta est quam nemo rogavit;/aut si rusticitas non vetat, ipsa rogat " , forse le sporche Sabine sotto il regno di Tazio non avranno voluto essere disponibili per più uomini; ora Marte tiene occupati gli animi in guerre straniere, ma è Venere che regna nella città del suo Enea. Le belle si divertono: è casta quella cui nessuno ha fatto proposte; oppure se non lo impedisce la selvatichezza, è lei che fa le proposte.

E ovviamente non sono sempre proposte decenti.

 

Pesaro 3 ottobre 21021 ore 10, 32

giovanni ghiselli

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