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Arriva - Mirrina e Lisistrata la rimprovera del ritardo
Quindi Mirrina
si scusa: nel buio ha durato fatica a trovare la cintura movli" ga;r hu\ron ejn
skovtw/ to; zwvnion (72).
Il nome della donna significa “piccolo muvrto"”.
Il mirto, sacro ad Afrodite simboleggia la vagina, fichina dunque.
Arriva poi la spartana Lampitò con una Beota e una
Corinzia.
Lisistrata saluta Lampitò con w\ filtavth Lavkaina (78) e le dice che il suo corpo è bello e fiorente (wJ" eujcroei'" - wJ"
de; sfriga'/ to; sw'ma sou).
Poi aggiunge: potresti strangolare anche un toro - (ka]n tau'ron a[gcoi", 80).
Lampitò risponde, lo credo bene: gumnavddomai , faccio palestra io e salto sulle - natiche poti; puga;n a{llomai.
Nell’Andromaca di Euripide, Peleo, il nonno di
Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse, potrebbe
restare onesta - ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che
insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", - v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e
palestre comuni, cose per me non sopportabili " - (vv.595 - 600).
Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello
stesso fatto: il legislatore Licurgo volle che le fanciulle rassodassero il
loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto… per eliminare
poi in loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a
intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli
occhi dei giovani (Vita di Licurgo , 14). E' interessante il fatto che - - Erodoto
- (I, 8) - viceversa fa dire a Gige: "la donna quando si toglie le vesti,
si spoglia anche del pudore".
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese ricorda allo
Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si cura abbastanza di
esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge che non sarebbe
difficile per chi volesse difendere le leggi di Atene criticare le norme
spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu;~ th;n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n a[nesin “(637c).
Che bellezza di tette hai! aggiunge Lisistrata - wJ" dh; kalo;n to; crh'ma
tw'n titqw'n e[cei" ( Lisistrata,
83).
Poi la caporiona dice alla Beota che ha un kalo;n
pedivon un bel campo.
La solita
metafora per vagina.
Insomma - incoraggia le due possibili alleate in una
situazione che mentre gli uomini si ammazzano a vicenda, le donne solidarizzano
tra loro sperando di dare il buon esempio ai maschi.
Lampitò quindi nota che la donna beota è pure - depilata
paratetilmevnh – parativllw
- th;n blhcwv, (blhcwv è un’erba aromatica (puleggio, varietà di menta) che
rimanda al pelo del pube). E’ rasata dunque della sua erba - komyovtata, molto elegantemente (89).
Poi c’è la Corinzia di buona famiglia come si vede dal
sedere.
Lisistrata prima di esporre il proprio piano domanda
alle donne se non sentano la mancanza dei padri dei loro figli insomma dei loro
uomini assenti per la guerra (tou;" patevra" ouj poqei'te tou;" tw'n paidivwn - ejpi;
stratia'" ajpovnta"; - 99 - 100).
Cleonice risponde che suo marito, w\ tavlan, poveretto
è in Tracia da cinque mesi -
Mirrina che il suo è - a Pilo, e lo spartano di
Lampitò imbraccia lo scudo anche se qualche volta torna a casa ripartendone
subito
Lisistrata lamenta che non è rimasto nemmeno da utilizzare
un ganzo (moicou', 107)
E nemmeno si trova l’o[lisbo" di
otto dita ojktwdavktulo"
- o{" h\n a]n hJmi'n skutivnh - jpikouriva (110) che era per noi un soccorso di cuoio 110. - Non arrivano più “da
quando i Milesi ci hanno tradito” (108).
La defezione dei Milesi provocata da Alcibiade nel 411
si legge in Tucidide (VIII, 17)
Lo scoliasta dice che se ne servivano aiJ ch'rai gunai'ke", le donne vedove, e non solo loro.
Ritroviamo
questo strumento di piacere triste nel Mimiambo VI di Eroda (III secolo) . Ci
sono due donne che parlano: Metro chiede a Coritto chi è che le ha cucito to;n kovkkinon baubw'na il fallo di cuoio scarlatto.
Questo artigiano lavora in casa (kat j oijkivhn
ejrgazet j, 63) e vende di nascosto (ejnpolevwn lavqrh/)
siccome oggi ogni porta rabbrividisce riguardo agli esattori: tou;" ga;r telwvna"
pa'sa nu'n quvrh frivssei (64).
Coritto le descrive il calzolaio Cerdone falakro;", mikkov", calvo piccolino.
Ma è bravissimo a fare questi strumenti: gli uomini
non fanno diventare ou{tw"
ojrqav così dritti loro - bischeri. (ta; bavllia = tou;"
fallouv").
E’ rigido e pure morbido come il sonno, ha rilegature
di lana, non di cuoio. Non c’è un altro calzolaio così provvido verso le donne.
Dialetto ionico con qualche mistura dorica e attica. Eroda come Menandro è
conosciuto per i papiri trovati in anni non tanto lontani (1891)
Il metro è lo scazonte o coliambo, giambo zoppo.
Do qualche notizia su Eroda, Ipponatte e i Mimiambi
Eroda è un poeta del III secolo, forse di Cos dove si
svolge l'azione di almeno due mimi ( il II, il lenone, e il IV, le donne che
sacrificano ad Asclepio). Questi mimi detti anche mimiambi sono scritti in
coliambi, giambi zoppi, usati già da Ipponatte (VI sec.). Sono otto, in
dialetto ionico.
Il coliambo, chiamato anche scazonte, è uguale al
giambo nei primi due metri; nel terzo metro, all'ultimo piede, spezza la
cadenza giambica sostituendola con la trocaica. Si crea così una metabola e un
ritmo che sembra volere andare contro corrente come la poesia di Ipponatte ed
Eroda.
Snell - Poesia e società . 1965.
I mimiambi sono brevi scene drammatiche paragonabili a
quelle da cabaret. Ebbero giudizi favorevoli da parte di chi interpretava i
mimiambi nello spirito del naturalismo dominante quando questi furono scoperti.
Ma se Ibsen frugava nel fango, dietro c'era l'accusa sociale. Qui non c'è
traccia né di questa, né di ottimismo pedagogico. Quando parlano il pornoboskov" (II) o la mezzana Gillide (I) o lo skuteuv" (VII), in nessun punto appare che queste siano povere
creature degne di compassione: non sono brave persone impedite da dure
condizioni di vita, ma è gente inferiore per natura.
Particolarmente sgradevole è il didavskalo" (III) dove una madre insiste con il maestro affinché
picchi il figlio (cfr. invece Quintiliano: "Caedi vero discentes ... minime
velim. Primum, quia deforme atque servile est et certe... iniuria est".
Institutio oratoria , I, 14). Quei colpi di bastone non fanno ridere come
quelli di Tersite o della commedia; essi suscitano solo disgusto. La madre
vorrebbe che gli venisse data un'educazione letteraria e dice: "scorticalo
finché non tramonta il sole, anche se è molto più screziato di una serpe".
Sembra che Eroda trovi più divertente e vivace la bruttura morale della
rettitudine insignificante.
Eroda vorrebbe essere un secondo Ipponatte di Efeso
che aveva dato voce ad un mondo turpe e laido. I padri della chiesa anzi lo
chiamavano la lingua più laida della letteratura greca. Esprime miseria e
risentimento: "tenetemi il mantello; voglio dare un pugno a Bupalo nell'occhio!".
Eroda non ha fini etici, come del resto Teocrito e Callimaco. I suoi personaggi
non sono nemmeno odiosi, ma solo volgari e brutali. Manca loro la cultura e
l'arguzia dei personaggi teocritei. I mimiambi di Eroda rivelano chiaramente
una cosa: tutta l'affettazione erudito - sentimentale - intellettuale
dell'Ellenismo è un imbroglio. (cfr. Giovenale e Plinio il giovane). Egli
procede molto oltre Euripide nel distruggere le illusioni e nello smascherare i
valori. Per lui la vita è solo stupida e brutale e l'agire egoistico dei
personaggi è insensato. Già Eteocle nelle Fenicie - liquidava come chiacchiere
le convenzioni morali e indicava l'unica realtà autentica nella volontà di
potenza (v. 524). Se infatti bisogna commettere ingiustizia è bellissimo
commetterla per il potere. Ma in Euripide c'è una reazione: Tiresia al v. 867,
sempre delle Fenicie - dice che la terra è malata: "nosei' ga;r hJvde gh' pavlai". Gli uomini di Euripide, sebbene privati delle
illusioni, sapevano ancora come si dovrebbe essere.
Aristofane negli Uccelli - faceva credere che la vita
razionale e naturale sarebbe tornata, se fossero stati mandati via i
millantatori ajlazovne", i chiacchieroni, i ciarlatani, insomma le esistenze
deformi che una volta non si usavano nemmeno come farmakoiv.
Forse Eroda vuole dire a Callimaco e Teocrito che
l'arte fine a se stessa è qualche cosa di artificiale. Menandro studia la
psicologia, Eroda l'istinto sessuale primitivo, la barbarie che non si eleva al
di sopra del livello ferino.
Le possibilità della poesia greca erano esaurite
quando Eroda arrivò a tanto disgusto per l'uomo e a tanto scetticismo davanti
al raffinamento della vita. Dopo Eroda i Greci non trovarono nuove forme
essenziali. Per tanto disgusto si può pensare ai
Viaggi - di Gulliver (1726) di Jonathan - Swift.
Le donne greche
dunque si trovano d’accordo nel voler porre fine alla guerra.
Lampitò salirebbe in cima al Taigeto se da lassù
potesse vedere la pace.
Lisistrata dice: “se vogliamo davvero la pace, noi
donne dobbiamo dunque astenerci dal bischero” - ajfekteva toivnun ejsti;n hJmi'n tou' pevou" (ajpevcw124).
A queste parole le altre si voltano, piangono e
cambiano colore.
Lisistrata domanda se vogliano farlo o no
Cleonice e Mirrina rispondono che non ne sono capaci,
dunque: oJ
povlemo" ejrpevtw (129 e 130),
continui pure la guerra.
Cleonice aggiunge che piuttosto camminerà in mezzo al
fuoco: questo è meglio della mancanza del bischero: dia; tou' puro;" - ejqevlw
badivzein. tou'to ma'llon tou' pevou"
(133 - 134). Pure Mirrina preferisce badivzein dia; tou` purov" (137).
Pensate a tutte le ipocrisie e le fandonie sulle donne
angelicate. La mia generazione ne è stata avvelenata.
Sentiamo Nietzsche
“Il cristianesimo diede a Eros del veleno da bere:
egli non ne morì, ma degenerò in vizio” .
“La predica della castità è un pubblico incitamento
alla contronatura” .
“Il cristianesimo è riuscito a fare di Eros e Afrodite
- grandiose potenze ricche di forze ideali - coboldi infernali e spiriti
fraudolenti (…) Stringere la procreazione degli uomini in fraterna unione con
la cattiva coscienza! Infine questa diabolizzazione di Eros ha avuto un epilogo
da commedia: il “diavolo” Eros è divenuto a poco a poco più interessante per
gli uomini di tutti gli angeli e i Santi, grazie al sommesso parlottare e
all’aria di mistero della Chiesa su tutti i fatti erotici” .
Pesaro 2 ottobre 2021 ore 19, 52
giovanni ghiselli
p. s.
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