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Demea monologa. Non è entrato nella casa del fratello oppure ne è uscito di nuovo. Ripensa a quanto gli ha detto Micione.
Dice tra sé che uno può sempre ripensare al proprio modus vivendi e apportargli delle modifiche. Insomma suo fratello ha fatto nascere dei dubbi rispetto alle convinzioni di questo anziano castigatore di una vita piacevole. Demea dichiara di voler mettere via (omitto) la vitam duram quam vixi usque adhuc (859-860).
Ripensamento improbabile a dire il vero in un vecchio.
Demea spiega anche perché c’è stata in lui tale conversione: “Re ipsa repperi-facilitate nihil esse homini melius nequa clementia” (860-861) Nei fatti stessi ho trovato che per l’uomo non c’è niente di meglio che l’affabilità e la clemenza.
Quindi confronta la vita piacevole del fratello con la propria resa appunto dura dal senso del dovere e dallo spirito di sacrificio.
“Ille suam semper egit vitam in otio, in conviviis, - clemens, placidus, nulli laedere os, adridēre omnibus; - sibi vixit, sibi sumptum fecit: omnes bene dicunt, amant” 863-865, lui ha passato tutta la vita tenendosi libero il tempo nei simposi, tollerante, pacifico, senza prendere di punta nessuno, piacevole con tutti, è vissuto a modo suo, ha speso denaro per sé, tutti ne dicono bene, tutti lo amano.
Questa parte mi sembra una forzatura fatta forse per no dispiacere a una parte del pubblico oppure a una parte politica.
Questo modo di vivere del resto non è piacevole senz'altro né da approvare del tutto. A me, per esempio, pare senza costrutto. Manca lo spirito critico per il quale non si devono approvare tutti né si deve piacere a tutti. Sembra il ritratto di Fazio sdolcinato e nauseante.
Antigone viceversa dice: “ma so di piacere a chi soprattutto bisogna che io vada a genio” (Antigone, 89)
Preferisco mille volte questa ragazza di Sofocle e Gino Strada e la sua vita dura, critica, sacrificata per la salute degli altri.
Micione, certo è arrivato a farsi benvolere ma ha pure dato ai giovani un esempio di egoismo.
Tiberio Gracco, un’altra persona bella
Ricordo ancora che questo umanesimo scipionico si macchiò dell’uccisione a bastonate del tribuno della plebe Tiberio Gracco le cui leggi agrarie prescrivevano di limitare i possedimenti e i poteri dei latifondisti. Tiberio era nipote di Scipione Africano e cognato di Scipione Emilano, eppure venne ammazzato nell’anno stesso del suo tribunato (133) durante un tumulto di reazionari che guidati da Scipione Nasica volevano impedire la sua riforma agraria.
Scipione Emiliano quell’anno era a Numanzia e quando seppe che Tiberio, il fratello di sua moglie era stato ammazzato, recitò un verso dell’Odissea che fa: “wJ" ajpovloito kai; a[llo" o{ti" toiau'tav ge rJevzoi” (I, 47) muoia così anche un altro che commetta tali delitti. Sono le parole con le quali Atena commenta l’uccisione di Egisto da parte di Oreste.
Plutarco ricorda queste parole di Omero citate da Scipione Emiliano alla fine della biografia di Tiberio Gracco ( capitolo 21)
Nel 121 sarebbe stato assassinato in circostanze analoghe Caio, il fratello minore di Tiberio
Mi permetto di inserire qui alcune frasi in inglese che fanno parte di una conferenza tenuta per gli studenti polacchi dell’università pontificia salesiana di Roma nel luglio del 2017
Anyway Tacito refuses res novas and molitores rerum novarum, revolutions and makers of revolutions. Is necessary to remember here that the impartiality of greek and latin historiographer is applied when the enemy is stranger (as Mitridate and Calgaco), but is forgotten with the inner enemy (the emperors hostiles to senatorial class whence Tacito comes).
In addition there is a prejudice against every movement coming from low, and even from high, if is in favour of poors : for example Tiberio and Caio Gracco who, aristocratic and yet tribunes of people, try to make an agricultural reform and were killed by senators large landowner (133-121 b. C.).
In Dialogus de oratoribus (Dialogue about eloquence, about 100 a. C.) Tacito reminds that the great eloquence was flourishing, prospering, with freedom and even licence: magna illa et notabilis eloquentia alumna licentiae, quam stulti libertatem vocabant (40) the great and famous eloquence, pupil of licence that stupid persons called freedom. Many, a lot of orators there were in Athen where omnia populus, omnia imperiti, omnia, ut sic dixerim, omnes poterant”, all the power was of the people, of ignorants, everything was of everybody. Also in Rome eloquence bloomed in disorder “sicut indomitus ager habet quasdam herbas laetiores”, such as a field uncultivated has some grasses more blooming.
“Sed nec tanti rei publicae Gracchorum eloquentia fuit ut pateretur et leges” (40), but the eloquence of Gracchi was not so precious for the State that could be tolerated their laws.
These brothers are remembered with a mixture of praise and blame.
They were killed by the violent reaction of the senators larg landowner. Their mother Cornelia, daughter of Scipio Africanus: “numquam, inquit non felicem me dicam, quae Gracchos peperi” (Seneca, Ad Marciam de consolatione, 16, 3), never she said I shall call not happy myself, a woman who gave birth to Gracchi.
I Gracchi fanno parte di quella splendida categoria di persone che nate dai ricchi scelsero di stare dalla parte dei poveri. Penso anche a Schlegel e a Brecht
Tiberio Gracco aveva notato l’oppressione dei contadini
Quando parlava diceva che le bestie hanno una tana, mentre chi combatte per l’Italia ha solo l’aria. Eppure i comandanti chiedono loro di combattere per il proprio focolare e per le tombe degli avi. Di fatto combattono per difendere il lusso altrui. Vengono chiamati padroni del mondo e non hanno nemmeno una zolla di terra (Plutarco, Vita di Tiberio, 9). I territori conquistati venivano occupati dai ricchi e fatti lavorare dagli schiavi.
Bologna 4 dicembre 2022 ore 11, 45
giovanni ghiselli
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