Micio, Demea, Aeschinus
Micione domanda a Siro se sia stato proprio Demea a ordinare di abbattere il muro, quindi interpella anche il fratello che si sta avvicinando.
Demea ripete che si deve fare una sola famiglia delle due, e aiutarla, accrescerla, potenziarla. Evidentemente gli è venuta paura della solitudine e dell’isolamento nel quale lo stavano lasciando anche i suoi consanguinei.
Il vecchio secondo Orazio è:"difficilis, querulus, laudator temporis acti/se puero, castigator censorque minorum" (Ars poetica, vv. 173-174), difficile, lamentoso, elogiatore del tempo trascorso da ragazzo, critico e censore dei giovani.
Riconosco che è tale finché non si accorge che da solo non se la cava. Quando si rende conto o crede di avere bisogno degli altri, diventa come Demea.
Micio asseconda il fratello. Quindi Demea rincara la dose delle richieste.
Dice che Panfila ha una madre
Micio sospetta qualcosa : “Quid postea?” (929) e allora?
Demea procede facendo elogi non sperticati ma plausibili di Sostrata, la consuocera: proba et modesta natu grandior, onesta e pudica piuttosto anziana. Non può più avere figli ed è sola.
Micio ha capito dove quel grande benefattore che è diventato il fratello vuole arrivare: “quam hic rem agit?” (932) quale proposta intende fare costui?
Demea non esita a dargli la risposta temuta: “Hanc te aequomst ducere, et te operam ut fiat dare” (933) è giusto che tu la sposi e che tu (Eschino) ti adoperi perché succeda. I due padre e figlio ritrovato si sono già messi d’accordo e tendono una rete a Micione rimasto isolato in famiglia.
Lo scapolo incallito trasecola: “Me lucere autem?” (934) io pure sposarla?
Ci sono oggi persone che considerano il matrimonio un passo ineludibile nella vita di un uomo. Invece solo la morte lo è.
I due fratelli anziani si scambiano monosillabi
Demea: te
Micio: me?
Demea Te, inquam
Micio ineptis, tu vaneggi.
Demea chiede aiuto a Eschino per cui lo zio ha un debole
Gli fa: “Si tu sis sis homo, hic faciat” (935), se tu fossi un uomo costui lo farebbe.
Demea sta isolando il fratello come prima hanno fatto con lui, in modo che pure Micio si prenda paura e ceda.
Il ragazzo dà retta al padre perché può fargli comodo una suocera alleata nel fare gli interessi della figlia e di chi l’ha sposata.
Anche nella famiglia come in tutti i rapporti umani la logica e le dinamiche sono quelle del potere. Nella commedia questo si vede in maniera edulcorata, nelle tragedie greche, in Seneca e in Shakespeare in tutta la loro brutalità. Il film sull’assassinio di Gucci riprende tale argomento. Sono convinto che la famiglia sia un campo di battaglia e che il matrimonio, diversamente dalla morte, sia un male evitabile.
Micione dunque prova a resistere anche alla pressione del suo amato pupillo: “quid tu autem huic, asine, auscultas?”, perché ora tu pezzo d’asino stai a sentirlo?
E’ la paura dell’autonomia minacciata che lo fa reagire con insolita durezza.
Demea però ha capito che questo timore del fratello sarà superato dal terrore della solitudine in cui lo lascerebbe la famiglia che ha deciso quanto Micione deve fare, naturalmente non nell’interesse suo ma in quello di tutti gli altri.
Prima è stato Demea a dover rinnegare la propria indole e le proprie abitudini, ora sta a Micione.
Infatti il fratello gli dice: “Nihi agis:-fieri aliter non potest”, non puoi farci niente, non è possibile che vada diversamente.
Logica della famiglia è simile a quella del branco e della tirannide: ci sono divieti e tabù che non si devono trasgredire.
Micione resiste ancora da partigiano del celibato quale è sempre stato: “deliras” (936) farnetichi dice a Demea
Ma torna alla carica Eschino che per sua convenienza è passato dall’alleanza con lo zio a quella con il padre. Sine te exōrem, pater, lascia che ti preghi, padre. Sa bene che lo zio ha un debole per lui, che lo ama più di un figlio e al di sopra di tutti.
Micione prova ancora a rifiutarsi perfino all’adorato nipote: insānis: aufer (937), sei matto, vattene
Demea intercede per il figlio ritrovato
Micione prova ancora una controffensiva: “Satin sanus es?- Ego novos maritus anno demum quinto et sexagesimo - fiam atque anun decrepitam ducam? Idne estis auctores mihi? (937-939), sei abbastanza in te? Io devo diventare sposo novello a sessantaquattro anni e sposare una vecchia decrepita? Questa follia mi consigliate?
Questo anziano è caduto nella rete dell’amore per il nipote.
Come le sorelle Materassi. Così la madre mia chiamava le mie tre zie senza figli per il loro nepotismo.
Bologna 5 gennaio 2022 ore 18, 36.
p. s.
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