NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 1 gennaio 2022

Terenzio, "Adelphoe". 18

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IV, 3 (vv. 592-609)

Micio Hegio
 
Micione arriva dalla piazza con Egione. Stanno recandosi da Sostrata. Micione vuole presentarle le scuse della famiglia e offrire il suo aiuto. Dice a Egione: “meum officio  facio, quod peccatum a nobis ortumst corrĭgo” (593). Ciascuno di noi può sbagliare, ma poi deve correggere lo sbaglio
Micione non vuole ringraziamenti  perché sta fecendo solo il proprio dovere - meum officium Egione lo conosce e non dubita dell’onestà dell’amico, tuttavia gli chiede di ripetere a Sostrata le parole che ha appena detto a lui.
Eamus fa Milione, andiamo!
Egione lo approva: bene facis (601) Così farai due cose buone aggiunge: “illae animum iam relevabis”  et tuo officio fueris functus” (602-603).
 La parola officium, dovere, è presente nei discorsi di entrambi.
 
Una parola che dovrebbe tornare in auge o per lo meno nell’uso mentre ora si nominano solo i diritti. Ma per rispettare i diritti degli altri bisogna compiere i doveri propri. Ciascuno quelli che la vita gli assegna. Doveri verso se stesso e verso il prossimo. I primi a dare un esempio di dedizione al dovere dovrebbero essere gli educatori.
Seneca nell’Epistola 20 propone il dovere della coerenza e della costanza:
“Facere docet philosophia, non dicere . Maximum hoc est et officium sapientiae et indicium, ut verbis opera concordent, ut ipse ubīque par sibi idemque sit. Est difficile, nec hoc dico , sapientem uno semper iturum gradu, sed unā viā (2)”
La via (oJdov") è il metodo che dobbiamo avere per non cascare nel caos.
 
Milione sta appunto andando a fare il proprio dovere coerentemente con il proprio carattere e le sue scelte di vita: Immo ego .
Egione  ripete il bene facis (604), quindi enuncia con realismo un fatto che accade spesso e si è ripetuto fino a oggi: “omnes, quibus res sunt minus secundae, magis sunt nescio quomodo-suspiciosi: ad contumeliam omnia accipiunt magis;-propter suam impotentiam se semper credunt claudier (605-607), tutti quelli cui le cose vanno male, sono non so come, sospettosi: prendono tutto piuttosto come un’offesa; a causa della loro debolezza credono sempre di venire esclusi.
 
Cito di nuovo Pavese cui sono grato siccome mi aiutò a riuscire gradito a una donna, Elena, che mi piaceva assai: “Il brutto delle disgrazie è che avvezzano a intepretare come disgrazie anche le cose indifferenti” (Il mestiere di vivere, 24 gennaio 1938). In effetti dai successi si acquista fiducia in se stesso, dagli insuccessi si accumula disistima di sé. Non si devono mai tentare imprese per le quali non abbiamo le doti né i mezzi.
 
Insomma i due vecchi si trovano d’accordo sul fatto che Sostrata vada confortata.
 
giovanni ghiselli

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