Ora domando: quante decisioni vengono prese politicamente dai regimi di ogni tipo, compreso il nostro? Governare politicamente significa dirigere la polis favorendo il bene comune. Reggere la cosa pubblica nell’interesse di tutti, o per lo meno della maggioranza. Governare dovrebbe essere un onorevole servizio in favore del popolo.
Perseo un discepolo di Zenone scrisse Sulla monarchia la quale conteneva l’idea professata da Antigono Gonata, re di Macedonia, del regnare come e[ndoxo" douleiva (Eliano[1], Var. hist. II 20), un onorevole servizio.
Il potere è politico, razionale e morale solo se esercitato al servizio dei sudditi: nelle Epistole a Lucilio , Seneca, il maestro di Nerone già ripudiato dal discepolo imperiale, ricorda che nell'età dell'oro governare era compiere un dovere non esercitare un potere assoluto:" Officium erat imperare, non regnum" (90, 5).
Luogo simile in I Promessi sposi :"Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle" (cap. XXII).
Concetto analogo si trova in Psicanalisi della società contemporanea di E. Fromm:"Il capo non è soltanto la persona tecnicamente più qualificata, come deve essere un dirigente, ma è anche l'uomo che è un esempio, che educa gli altri, che li ama, che è altruista, che li serve. Obbedire a un cosidetto capo senza queste qualità sarebbe una viltà" (p. 299).
“Sono rari i sovrani che apprendono la saggezza nella sovranità. Al contrario, l’occupazione del potere suscita un delirio di potenza, e la sete di potere suscita il più delle volte ambizioni smisurate. Così intorno al potere si moltiplicano colpi di stato, assassini, fratricidi, patricidi, così ben descritti da Eschilo, Sofocle, Euripide, Shakespeare, mentre la follia insita nel potere è stata mirabilmente mostrata da Calderón de la Barca ne La vita è sogno. Minacciati da rivali o da pretendenti, i despoti diventano patologicamente diffidenti di tutto”[2].
Otane nel dibattito costituzionale del terzo libro delle Storie di Erodoto, usa l'espressione pa'san kakovthta, ogni malvagità, che, secondo il nobile persiano fautore dell' ijsonomivh, è conseguenza dell' u{bri", la prepotenza, a sua volta originata dall'invidia e dai beni a disposizione del monarca ( "uJpo; tw'n parevontwn ajgaqw'n", III, 80, 3).
Dante individua la presenza del vizio dell'invidia soprattutto nei luoghi del potere:""La meretrice che mai dall'ospizio/di Cesare non torse li occhi putti,/ morte comune, delle corti vizio"[3].-
giovanni ghiselli
[1] Claudio Eliano ( Preneste, 165/170 circa – 235) è stato un filosofo e scrittore romano in lingua greca. Ποικίλη iJστορία (Varia historia): in quattordici libri, di cui sono giunti interi i primi due e in forma di compendio parti dei rimanenti, come evidente dalle difformità di stile e lunghezza dei capitoli. Essa è costituita da una serie di aneddoti, aforismi e notizie su personaggi famosi della storia e della cultura antica. Le notizie che egli riporta sono tutt'altro che attendibili, e quasi mai ne è citata la fonte. Ciò nonostante l'opera è importante per ricostruire il formarsi dei nuclei narrativi e leggendari che si sarebbero tramandati nel medioevo riguardo ad Alessandro Magno, Pericle, Alcibiade, Semiramide e altri. Tra le decine di favole che i mirabilia raccolti da Eliano trasmisero alla diffusione orale dei secoli successivi, abbiamo una delle prime versioni del "tema di Cenerentola", ambientata in contesto egiziano (si veda a proposito la storia di Rodopi).
[2] E. Morin, L’identità umana, p. 164.
[3] Inferno ,
XIII, vv. 64-66.
Nessun commento:
Posta un commento