sabato 5 ottobre 2024

Ifigenia CLXII. La Malga Panna con una litigata burrascosa.


 

Dopo avere accompagnato a letto il Sole, tornai da Ifigenia che sonnecchiava. Forse sognava una fuga con un attore famoso.

La svegliai e le proposi di cenare. Lo facemmo nella Malga dove alloggiavamo, nel megaron del piano di sotto seduti accanto al focolare spento dove nell’inverno successivo, arrossati nei volti per le fiamme del camino, ci saremmo colpiti senza risparmio.

Il giorno seguente Ifigenia avrebbe detto: “ieri  ci siamo sbudellati davanti al fuoco”. Un’espressione efficace questa.

 

Quella sera di giugno invece nessuno dei due aveva voglia di parlare: la bella ragazza, in agguato e in attesa del successo, ce l’aveva con me perché io non l’avevo agguantato e non potevo farla beata di ozi, vivande e bevande in un ristorante di lusso:  uno di quei posti “esclusivi”, come orrendamente si dice, che a me fanno schifo e non ci entrerei nemmeno se invece di estorcermi denaro me ne offrissero tanto. A me piacciono i posti inclusivi a partire dagli ostelli della gioventù. Mi sento onorato se non mi cacciano per la vecchiezza.

Del resto, se lo facessero, solleverei la mia bicicletta gridando: “questa è  eterna giovinezza!”

Dopo la cena tornammo in camera dove scoppiò una scenata.

Quella ce l’aveva con me perché non l’avevo portata in un posto di lusso, io la disprezzavo proprio per tale sua debolezza da infima borghese.

L’avevo capito nelle gite scolastiche: quelli che si lamentano del cibo e delle camere sono proprio i ragazzi delle famiglie meno abbienti.

La Pasqua successiva, quando saremmo andati nella Baviera in pellegrinaggio al lago dov’era affogato il lunatico re Ludwig II e ai suoi castelli teatrali, non trovai un alloggio dal prezzo contenuto, e dato il freddo, mi rassegnai a un albergo parecchio costoso. Ifigenia avrà la sfacciataggine di fare questa battuta triviale: “Finalmente mi hai portata in un posto decoroso!”.

Mancavano solo due mesi alla  sua fuga dal poverello di Pesaro.

 

Dopo la cena si andò in camera dove scoppiò una cagnara da amanti sciagurati quali eravamo. Speravo di trovare un modo di stare insieme dignitoso se non amoroso. L’intermittenza dei nostri umori buoni e cattivi andava regolata in qualche modo, se c’era verso.

Dissi: “domani, se c’è il sole, facciamo una bella camminata nel bosco”. Solo queste poche parole.

Tuttavia bastarono a ferirla colpendo una delle sue debolezze.

Mi guardò con avversione e  fece:

“Io non sono allenata per fare scarpinate massacranti con te”.

Colsi la presenza del componente “scarp” nella risposta piena di odio e sospettai quanto sto per raccontare.

Cercai però di rabbonirla: “Non preoccuparti: faremo un giro adatto alle tue forze e consono alla tua volontà”.

A questo punto costei si mise a fare una scena: frugava nella valigia con rabbia ostentata e rauchi mugugni, finché con aria feroce ringhiò: “ “Io non ho portate le scarpe adatte per passeggiare sull’erba”.

“Puoi sempre venire a piedi nudi”, provai a dirle con un sorriso.

Lei allora aggiunse: “Le ho preparate, le ho messe accanto alla valigia ma poi non le ho prese. Si vede che non avevo voglia di camminare dove a te, chissà come mai, piace tanto”.

Mi stavo spogliando per entrare nel letto dove si era stesa ma cambiai idea. Mi ero accorto di quanto fosse inopportuno e innaturale fare sesso in quella disposizione mentale.

Sicché smisi di denudarmi e andai a sedermi vicino alla porta.

Poi dissi: “No, tu non sei la donna congeniale a me. Anzi la tua natura è contraria alla mia. Se restiamo insieme andremo entrambi in malora”.

Ifigenia si prese paura di essere piantata lì in mezzo ai monti e, mutando tono e parole della sua recita rispose: “Ecco, vedi: tu non mi concedi mai un briciolo di comprensione. E’ la prima volta che vengo in montagna: come faccio a sapere che cosa devo portare?”

“Te l’avevo detto. Al momento della partenza non te l’ho ripetuto: mi sembrava scortese ribadirlo, come un ammonimento a una minus habens, davanti a tua sorella.  Tu dirai che sono troppo sensibile per essere un uomo”

“No, sei delicato piuttosto e hai fatto bene a non ingiungermi niente in presenza di Donatella”.

“Su questo siamo d’accordo ma resta il fatto che io non posso fidarmi di te”

A questo punto colei si tolse la maschera della ragazza incompresa ma comprensiva, e assunse la parte della donna offesa dicendo: “Tu ora vuoi emozionarti litigando dato che hai bisogno di insultarmi per desiderarmi”.

Cercai di non adirarmi e replicai: “ Sei tu  che dimentichi, sbagli o cerchi di ingelosirmi poiché vuoi sentirti rimproverare, altrimenti non capisci e non impari: il colloquio razionale, basato sui fatti con te non è possibile. Tu nutri dentro di te un groviglio di sensazioni che io dovrei districare. “Nihil interest quomodo solvantur” come disse Alessandro del nodo di Gordio. Anche io probabilmente dovrò darci un taglio”.

“Non puoi fare a meno di citare, a quanto vedo”

“Infatti: per me gli autori sono sempre stati di conforto e di aiuto contro la scarsa intelligenza e la malevolenza di certe persone.

Tu cerchi il contrasto con me per vendicarti di torti subiti.

Forse te ne ho fatti diversi anche io, ma sappi che se non puoi perdonarmi, non ti trattengo”.

A queste parole si prese paura: cambiò tono un’altra volta la mima e  prese di nuovo quello della povera vittima del sacrificio umano. Anche il suo nome si prestava a questo ruolo: disse quasi piangendo che io non capivo tante cose di lei che mi amava con tutta l’anima.

La fraintendevo perché la guardavo sempre attraverso i libri e la identificavo con personaggi diversi, per lo più negativi, senza vedere mai la sua persona.

“Questo può essere vero”, ammisi provando anche dell’ammirazione per le sue ultime parole. E pure del desiderio.

Ifigenia  se ne avvide, mi sorrise e mi chiese se mi andava di uscire e fare due passi sotto il cielo sereno.

 

Pesaro  5 ottobre 2024 ore 10, 56 giovanni ghiselli

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