mercoledì 28 ottobre 2020

Debrecen 1979. 53. L’interpretazione del sogno. Il passaggio dalla latenza alla Alétheia

Prospero e Calibano (La tempesta)
Appena mi resi conto di avere sognato, cercai di interpretare le immagini oniriche pervenute dall’inconscio avvalendomi della lettura dei libri di Freud. Sapevo che la censura maschera il significato vero di quanto vediamo e questo cerca di rimanere latente. Cercai dunque di risalire alla verità che in greco oltretutto si dice ajlhvqeia, ossia “non latenza”. Molto probabilmente la terribile notizia paventata al punto da farmi singhiozzare, io sotto sotto me l’aspettavo e addirittura la desideravo: Ifigenia me ne aveva fatte troppe perché potessi ancora desiderare una vita con lei. Non funzionavamo insieme: dovevo cercarmene un’altra. Oramai la lunga, vana e penosa attesa dell’epistola promessa  aveva causato in me un disgusto profondo per la giovane collega e amante, per quel mio pedagogico aborto, quel fallimento educativo nonostante tutte le fatiche umanamente spese per rendere buona quella donna che oramai mi appariva quale un diavolo incarnato. Prospero e Calibano.

In lei vedevo già disordine mentale, ingratitudine, mancanza di chiarezza mentale e di quella finezza d’animo di cui ho sempre sentito il bisogno nel prossimo mio.

 Mi sovvenni di quando l’aspettavo trepido sulla spiaggia di Pesaro, e lei, appena arrivata, disse con un sorriso sfacciato che in treno aveva vissuto tre quarti d’ora allegri e piacevoli, con un ferroviere fantastico.

“Di certo un cuccettista scaltro, abile nell’approfittare di quante sono disponibili”, pensai.

Mi ricordai pure della sera quando, arrivato a Pesaro intorno alle 10 dopo un viaggio lungo e noioso sull’autostrada, ricevetti una telefonata da Ifigenia che mi chiedeva con insistenza di tornare indietro fino a Rimini.

Ero reduce dallo scrutinio dell’esame di maturità al Beccaria di Milano ed ero  assai affaticato, eppure ne fui contento. Ma  quando l’ebbi raggiunta, mi raccontò che nel pomeriggio era stata sul moscone con un uomo interessante , un professore più o meno della mia età, molto esperto di donne che le aveva proposto, solo ioci causa certo, di entrare nel suo harem. Aggiunse che nel serraglio non sarebbe entrata, ma se io non ero troppo geloso sarebbe uscita con lui qualche volta la sera mentre ero a Debrecen. Risposi che doveva deciderlo lei.

Da tale comportamento ho imparato a non essere geloso: dopo Ifigenia quando una si è messa a ingelosirmi per scherzo o sul serio, ho cambiato subito aria. Ho cacciato dal mio cervello il mostro dagli occhi verdi che ha annientato Otello rendendolo pazzo e Desdemona, la disgraziata.

Poi l’ultima goccia nel vaso già quasi colmo di veleno: la promessa non mantenuta dell’espresso postale.

Conclusi che il sogno mi aveva indicato la via della ritirata da quella donna. Non mi aveva ancora lasciato ma io vivevo già senza di lei.

Sul mezzogiorno andai a correre i 5000 metri: 20 minuti e 15 secondi. Un poco meglio dell’ultima volta. Dopo la prova Isabella che era venuta a cronometrarmi, disse: “se la tua compagna non ti scrive perché amoreggia con un altro ma vuole restare ancora del tempo con te, stai certo che non ti farà sapere niente della sua estate. Quelli che mi hai raccontato erano stupidi tentativi di ingelosirti e ora invece tace siccome c’è qualche cosa di serio. Vuole vedere come andrà a finire con il ganzo dell’estate”

Pensai che la ragazza napoletana era lucida. Più di me.


Bologna 28 ottobre ore 19, 50

giovanni ghiselli

 

p.s

Ora vado a correre. Ho lavorato abbastanza  

Statistiche del blog.

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Oggi dovrebbe superare i 300 lettori di ieri. Gli esami non finiscono mai, per fortuna. Una vita senza esame, senza prove, senza agoni non è degna di essere vissuta

 

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