Credevo che tra le cose più tristi del mondo ci fosse il gioco delle carte. Oggi da studente e povero, quale mi ritrovo tuttora a essere pur dopo i tanti decenni trascorsi tra libri amori e bicicletta, sono tornato a desinare nella mensa dell’ARCI di San Lazzaro. Dopo quasi due ore di bicicletta mi sono seduto con la mia insalata mista in un tavolo al sole. Leggevo il giornale e osservavo.
Ebbene, ho notato delle cose ancora più tristi del giocare le carte: guardare quelli che le giocano stando attenti, immobili muti e in piedi, dietro le spalle dei giocatori che fumano e gridano freneticamente. Ma giocatori e spettatori almeno sono vecchi, magari non quanto me, però senza dubbio anziani.
Ebbene ancora più tristi e desolati sono i giovani continuamente fissi sui telefonini.
Noi vecchierelli quando eravamo ancora sani e snelli, ossia nell’età più bella, guardavamo le ragazze per le vie dei borghi e miravamo e, se eravamo mirati, in cor ci si allegrava.
E se di sera andavamo a ballare, lo facevamo per cingere la vita di una ragazza carina e guardarla negli occhi e cercare di piacerle parlando, dicendo parole intelligenti e seduttive. Nel resto del tempo leggevamo per trovare i verba e il verbum risolutivo sperando che il logos potesse incarnarsi in corpo di donna, poi prendevamo il sole e facevamo sport per migliorare il nostro aspetto e renderci più attraenti. Sapevamo che german di giovinezza è amore, sicché impiegavamo il nostro tempo migliore per non rimanere esclusi da tale fratellanza o sorellanza.
Ad alcuni di noi, quorum ego lo dico senza vergogna, queste abitudini belle e buone assai sono rimaste ancora sebbene la beata gioventù sia già tanto lontana.
Baci
gianni
p.s
I am an old man
A dull head amomg windy spaces (T. S. Eliot. Gerontion)
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