mercoledì 14 ottobre 2020

Le figure femminili nei poemi epici greci e latini. XVI. "Argonautiche" di Apollonio Rodio. V. Ultima parte dell'introduzione

Pasolini sul set di Medea
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Argo nipote di Medea (figlio di Frisso e Calciope, sorella di Medea) propone di ricorrere all'aiuto della ragazza e la proposta riceve anche l'avallo di un segno divino interpretato dal profeta Mopso cui si oppone solo il blasfemo Ida (III, 558 sgg.).

Fallisce il modello epico rappresentato da Peleo e Telamone, e anche quello oratorio diplomatico rappresentato da Giasone: l'impresa riuscirà solo grazie a eros e all'inganno.

Il termine ajmhcaniva condensa in pieno la passività del protagonista. Questo d'altra parte è il termine chiave delle Argonautiche : molte scene sono dominate da atti mancati, come quella di Linceo che avvista Eracle sì e no.

Cfr. il Giasone di Valerio Flacco[1]: “sed non sponte feror” (Argonautica, I, 200)

C'è la tendenza a storicizzare il mito, ad attualizzarlo proiettandolo nel presente: tutto converge verso il presente e sulla figura dell'autore dotto all'opposto che in Omero dove tutto si annulla nel passato.

 Il mondo come biblioteca (Borges).

Gli Argonauti assistono alla tortura di Prometeo (II, 1246 - 1259). che nutriva col proprio fegato l'aquila ingorda.

L’aquila sconvolse le vele con un battito d’ali che muoveva simili ai remi.

Apollonio non ha drammatizzato l'epica come sostengono in parecchi, poiché limitato è l'uso del discorso diretto.

C'è una consonanza di Apollonio con il linguaggio pittorico e una tendenza al cromatismo, un'efficace raffigurazione del quotidiano.

Cromatismo: il vello d’oro era simile a una nuvola arrossata dai raggi del sole nascente (IV libro)

Le descrizioni di oggetti hanno una precisione referenziale e un sovrasenso retorico. Esempio del manto donato da Issipile a Giasone (IV, 421 - 434) e usato per attirare Apsirto nella trappola mortale. Un dono di amore che diventa dono di morte

La tunica è un grande inganno (mevga" dovlo") ordito contro Apsirto. Era purpurea, profumata perché ci aveva dormito Dioniso dopo che era stata tessuta dalle Grazie. Dioniso l’aveva regalata a suo figlio Toante e Toante alla figlia Issipile e lei a Giasone. Dioniso ci aveva dormito stretto ad Arianna dopo che Teseo l’aveva lasciata nell’isola di Dia.

C’è 2 volte il tema della donna abbandonata (Arianna e Issipile) 

 L'oggetto ha un valore simbolico connesso al tema della donna.

 abbandonata.

Vi sono anche similitudini estese.

La lingua di Apollonio si basa su un tessuto fittissimo di reminiscenze e variazioni da Omero ma vi si trova anche un ri - uso della lingua lirica e tragica.

Le Argonautiche presuppongono la complicità erudita di un destinatario colto, pronto a cogliere il dialogo con la tradizione e con il mito. Non sappiamo come fu accolto il poema nell'ambiente iperletterario di Alessandria. Venne tradotto in Argonautae dal neoterico Varrone Atacino (nato ad Atax nella Gallia Narbonese nell'82 a. C., morto verso il 35. Restano frammenti) , venne seguito da Virgilio, soprattutto nell'episodio di Didone, e fu tradotto da Valerio Flacco (morto nel 92 d. C.) nell'età dei Flavi: Argonautica in otto libri di esametri che accentuano l'elemento patetico. Arrivano fino al momento in cui Absirto chiede ai Greci la restituzione della sorella.

 Valerio Flacco inizia con l’invocazione a Vespasiano.

Il Giasone di Valerio Flacco dice, pregando Poseidone: “ so che cerco strade vietate e merito una tempesta, sed non sponte feror, non è la mia volontà che mi porta (I, 196 - 198).

Nettuno maledice la navigazione: le navi crederanno di poter viaggiare, mentre sono causa di morte nuova (mortis causa novae, I, 648). Il dio dice ad Argo: “ miseris tu gentibus, Argo, fata paras (I, 648, 649), tu Argo prepari il destino per genti infelici.

Cfr. la Medea di Seneca con i cori che denunciano il male della navigazione.

C’è Giove che approva l’impresa: come in Virgilio biasima gli ozi dei tempi saturni: patrii neque enim probat otia regni (I, 500)

Cfr. il veternus

 

Virgilio nella Georgica I I dà questa spiegazione della genesi dell'età moderna: Giove procurò agli uomini fatiche e angosce (curae ) in quanto non lasciò che il suo regno restasse paralizzato in un pesante letargo"nec torpere gravi passus sua regna veterno " (v. 124). Infine il lavoro ostinato vinse tutte le difficoltà: “Labor omnia vicit - improbus” (vv. 145 - 146). Il compito di Virgilio nelle Georgiche in effetti è quello di celebrare il lavoro del bonus agricola.[2]

" Centrale è il concetto di veternus , una specie di pigra indolenza, un torpore che affliggeva l'umanità nell'età dell'oro, e che avrebbe indotto Giove a introdurre il lavoro nel mondo, per stimolare l'ingegno umano e rendere gli uomini attivi, vigile e intraprendenti"[3] .

 

Pasolini non sfruttò Apollonio per la sua Medea ma per il romanzo incompiuto Petrolio .

 

Era amava Giasone, come si legge già nel XII libro dell’Odissea dove Circe dice a Ulisse di evitare le Plagktaiv poiché esse non risparmiano nemmeno le colombe. Passò solo una nave: quella Argo che tutti cantano ( jArgw; pasimevlousa) tornando dal regno di Eeta (XII, 70): Era la spinse oltre il flutto, poiché le era caro Giasone (72).

 

Nelle Argonautiche, all'andata Giasone supera le Simplegadi con l'aiuto di Atena (I libro), al ritorno le Plancte con l'aiuto di Tetide e delle Nereidi le quali sollevano Argo sopra le onde, come le ragazze si passano una palla (IV, 949).

Sono gli scogli della vita , gli ostacoli – problhvmata.

 

Giasone e Medea vanno da Circe, sorella di Eeta, poi a Corcira, l'isola dei Feaci, e finiscono in Libia dove devono trasportare per 12 giorni la nave sulla terra.

 

Era ed Atena fanno visita ad Afrodite perché Eros colpisca Medea e sono come due grandi dame di Alessandria in visita ad una persona di posizione sociale inferiore cui però devono chiedere un favore.

 Eros è un bambino cui la madre promette un giocattolo: una palla formata da cerchi d'oro: "se tu la lanci/lascia per l'aria un solco splendente come una stella"(III, 140 - 141). In questa epoca gli autori amano rappresentare i bambini.

 giovanni ghiselli



[1] Morto nel 92 d. C. Il poema in sette libri interi e parte dell’ottavo arriva all’inizio del viaggio di ritorno.

[2] “Il protagonista delle Georgiche - il paziente, tenace agricola capace di coronare la sua fatica con il successo - è anche un carattere non privo di ombre, e richiede, anche lui, della vittime” . Tradotto dall’inglese di Gian Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., n. 30, p. 205. Tale è Aristeo, e non farà meno vittime il “pio”Enea.

[3]M. Bettini, La letteratura latina, 2, p. 453.

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