Mi scuso ancora del mio errore ma senza cercare giustificazioni. Anzi: ne rivendico un aspetto positivo
Ringrazio la collega che mi ha fatto notare l’errore grossolano da me commesso quando per evitare la cacofonia della ripetizione ho scritto invece di Ovidio “il poeta di Venosa”.
Anche uno studente ginnasiale sa che di Venosa è Orazio, mentre Ovidio è di Sulmona. Ringrazio anche quanti hanno perdonato questo mio lapsus e dico loro di non temere che me ne senta sminuito.
Infatti concordo con l’Anonimo il quale nel trattato Sul sublime [1] attribuisce l'ajmevleia a Omero e ad altri grandi della letteratura come Sofocle, Pindaro, Demostene e Platone. L'autore annovera Omero tra i grandissimi nei quali egli stesso ha rilevato non pochi difetti ("oujk ojlivga (...) aJmarthvmata" i quali però non sono errori volontari ma piuttosto sviste dovute a casuale noncuranza ("paroravmata di' ajmevleian eijkh'/") e prodotte distrattamente dalla stessa grandezza dell’autore. Le nature eccellenti non sono senza difetti. Apollonio e Teocrito sono senza mende. Ma non preferiresti-domanda retoricamente l’Anonimo-essere Omero piuttosto che Apollonio? Anche Sofocle ha qualche caduta di tono poetico, ma nessuno con un poco di senno scambierebbe il solo Edipo re con tutti i drammi di Ione di Chio (33).
Saluti e baci dal vostro
Gianni studente povero ma pur sempre studente
[1] Trattato, anonimo appunto, generalmente attribuito a un retore della prima metà del I secolo d. C. Dovrebbe essere un seguace di Teodoro di Gadara che ebbe tra gli allievi anche l'imperatore Tiberio. La sua scuola sosteneva l'anomalia e l'elemento patetico che conferisce efficacia persuasiva al discorso
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