Pinturicchio, Il Ritorno di Ulisse |
Ultima parte del percorso su le donne nell’Odissea
Martedì prossimo 13 ottobre alle 18 inizierò il mio corso nell’Università
Primo Levi sulle donne nell’epica greca e in quella latina. Ieri ho avuto
notizia di 13 iscritti. I presenti possono arrivare a 18. Per quelli che
seguiranno on line non c’è limite
Un’ultima sezione riguarda il comportamento di Penelope al ritorno di
Odisseo. I due coniugi hanno in comune l’intelligenza, l’accortezza (p.
e. perivfrwn Penhlovpeia, Odissea, I, 329 - Penelope accorta).
Odisseo
travestito da mendicante e non riconosciuto ravvisa in Penelope le buone
qualità del re che fa prosperare la sua terra (XIX, 107 - 111).
Lo
stesso Antinoo, pur polemizzando con Telemaco, riconosce che Penelope è una
donna non comune: “fivlh mhvthr , h{ toi peri; kevrdea oi\den”, (II, 88), la tua cara madre che
sa troppe astuzie.
Atena le ha
donato atti bellissimi a sapersi, pensieri di valore (II , 117) e kevrdea, astuzie quali nemmeno le antiche
eroine Tiro, Alcmena e Micene sapevano fare e dire. E’ certamente una lode
ambigua, è un elogio pieno di sospetto, non privo di paura.
Infatti
Penelope ispirata da Atena pose per i pretendenti l’arco e il ferro ejn
megavroi" j Odush`o" ajevqlia kai; fovnou ajrchvn (XXI, 1 - 4) nel megaron di
Odisseo gara e principio della strage.
La diffidenza di Odisseo e quella di Penelope
Un altro aspetto che associa Penelope a Odisseo è la diffidenza.
“Essendo la diffidenza un tratto tipico della saggezza omerica, Penelope
non crede né a Euriclea, né a Telemaco” [1].
In
precedenza Odisseo aveva messo in dubbio le intenzioni di Calipso, non certo
cattive .
Non si
fidava della ninfa che voleva fargli passare mevga lai`tma
qalavssh~ (V.
174) , un abisso immenso di mare schdivh/, su una zattera. Uguale cautela
usa Odisseo con Leucotea che gli offre il velo - talismano (krhvdemnon, V, 346) con il quale dovrebbe
gettarsi dalla zattera.
Odisseo mermhvrixe (v. 354), ci pensò su, e non
si tuffò, ma fu gettato in acqua da un’onda.
Quando
Odisseo arriva a Itaca, gli si fa incontro Atena simile a un giovinetto pastore
di greggi, e il reduce, sebbene non richiesto della identità, non le dice il
vero (oujd j o{ g j ajlhqeva ei\pe (XIII, 254), ma si inventa di essere scappato da
Creta dove avrebbe ucciso un figlio di Idomeneo.
Un’identità
da Cretese è scelta bene: lo afferma proprio il cretese Epimenide, vate delle
Erinni: L’apostolo Paolo ricorda che il profeta,
caratteristico (proprius) dei Cretesi, disse: “Krh`te~ ajei;
yeu`stai, kaka; qhriva, gastevre~ ajrgaiv ( Lettera
a Tito, I, 12) Cretenses semper mendaces, malae bestiae, ventres
pigri.
Allora rise
Atena (meivdhsen, 287), e, rivelandosi,
accarezzò il suo protetto, poi gli disse: “ sarebbe scaltro (kerdalevo~[2], 291), e astuto ingannatore chi ti superasse in tutti gli inganni,
anche se è un dio che ti incontra”.
La dea
quindi gli riconobbe una somiglianza con se stessa: “ anche io sono come
te: eijdovte~ a[mfw - kevrde j , conosciamo entrambi il modo di trarre profitto: tu sei
di gran lunga il migliore di tutti i mortali per consiglio e parola ("boulh'/ kai;
muvqoisin",
XIII, 298), io fra tutti gli dèi sono famosa per senno e accortezza ("mhvti te
klevomai kai; kevrdesin",
299).
Sono
entrambi capaci di individuare i nessi. Intelligenza in greco è suvnesi~, da sunivhmi, “metto insieme”.
Odisseo se
la cava sempre anche in quanto è sintonizzato con la realtà e suo complice.
Ebbene
Penelope è simile a suo marito . In fondo l’Odissea è un campo di
battaglia dove gli intelligenti (Odisseo, Telemaco[3], Penelope) prevalgono sui cretini (i
proci, i marinai di Ulisse, il Ciclope etc.).
Gli stupidi
sono pure immorali, smodati, eccessivi nel mangiare e nel bere, violenti.
Penelope ha
in comune con il consorte anche il
prendere tempo.
Odisseo con il Ciclope adotta la strategia dell’attesa, come Penelope con i proci.
Nella
diffidenza poi la moglie supera il marito: Penelope è restia a credere alla
vera identità di Odisseo anche dopo la mnesterofonia: a Euriclea che le
annuncia il massacro dei proci, la regina replica
che i
pretendenti sono stati ammazzati da qualche nume ed essi di j
ajtasqaliva~ (XXIII,
67), per la loro stupida presunzione sono andati in malora.
Poi Penelope
scende dal piano alto.
Successivamente
i due sposi siedono uno davanti all’altro ma nessuno dei due parla. Odisseo
seduto nel chiarore del fuoco (ejn puro;~ aujgh`/, v. 89) vicino a un’alta colonna ( v. 90, pro;~ kiovna
makrhvn) aspetta
che sua moglie gli dica qualcosa. “Si
produce dunque una scena surreale, dove il silenzio esprime la reciproca attesa
di due intelligenze che si guardano allo specchio, e viene rotto
dall’unico terzo possibile, Telemaco”[4].
Telemaco
rimprovera la madre perché non butta le braccia al collo del marito e Penelope
gli risponde che il suo qumov~ è attonito (tevqhpen XXIII, 105 - qhpevw) nel petto.
Comunque,
aggiunge la donna, se l’ospite è davvero Odisseo, loro due si riconosceranno
poiché hanno dei segni (shvmaq j) che solo loro conoscono in quanto sono kekrummevna (110), coperti dal segreto.
La gioia di
Penelope è trattenuta in quanto “vaccinata dalla minaccia della delusione”[5].
Odisseo a un
certo punto si irrita davanti alla diffidenza eccessiva di Penelope e la
chiama daimonivh (v. 166) disgraziata, cui gli dei fecero un
cuore ajtevramnon (167) duro, quindi ordina a Euriclea di
preparargli il letto dove può dormire anche da solo.
La moglie lo mette alla prova e ordina alla nutrice di stendere per
l’ospite il letto robusto di Odisseo fuori dalla solida stanza: “ jall j a[ge oiJ J stovreson pukino;n levco~ , Eujruvkleia - ejkto;~ eu>staqevo~
qalavmou” (XXIII, 176 - 177).
Odisseo a
questo punto si arrabbia e perde il solito autocontrollo: il suo letto infatti
non è spostabile siccome l’ha fatto lui, con le sue mani su un tronco d’olivo
grosso come una colonna. Intorno a quello egli costruì la stanza (v. 192).
Così Penelope ha shvmat j e[mpeda (206)
segni sicuri (saldamente fissati al suolo - pevdon).
Quindi c’è il ricongiungimento sessuale:
giunsero al diritto del letto antico: “ levktroio palaiou`
qesmo;n i[konto” (v.
296). E’ il lieto fine canonico
della letteratura occidentale sottolineato dagli alessandrini Aristofane
di Bisanzio e Aristarco, ma il valore erotico dell’incontro è accentuato pochi
versi più avanti: i due sposi, quando ebbero goduto dell’amore gradevole (Tw; d’ ejpei;
ou\n filovthto~ ejtarphvthn ejrateinh`~, v300), godettero
nel parlarsi. terpevsqhn muvqoisi (v. 301).
Penelope
raccontò i suoi martìri o{s j ajnevsceto (v. 302) quanto sopportò dai proci sfacciati e
Odisseo narra le pene (khvdej 306) subite e inflitte. Più
intenso per due personaggi siffatti è il valore erotico della parola che il
contatto tra i corpi.
Odisseo
menziona tutte le tappe del suo pellegrinare: i Cìconi, i mangiatori di Loto,
il Ciclope, Eolo, i Lestrigoni, Circe, l’incontro con le yucaiv de morti[6] con Tiresia[7] e con la madre, le Sirene, Scilla
e Cariddi, le vacche del Sole, Calipso la quale desiderava che fosse suo
sposo lilaiomevnh povsin ei\nai (XXIII, 334) nelle profonde
caverne, ma non poteva convincerlo, sebbene gli promettesse che lo avrebbe reso
immortale e immune da vecchiezza per sempre (qhvsein
ajqavnaton kai; ajghvrwn h[mata paventa, 336).
Ulisse però
non dice alla moglie che “la notte dormiva sempre ( V, 154)” con Calipso. E’
pur vero che ci dormiva ajnavgkh/, per forza , almeno negli ultimi tempi.
L’ultima
tappa prima del lieto fine nel letto con Penelope è l’isola dei Feaci che lo
hanno onorato come un dio (XXIII, 339) e l’hanno riportato a casa.
Ma di Nausicaa nemmeno una parola. Certamente la simpatia reciproca tra Odisseo e la
fanciulla in fiore non sarebbe riuscita gradita a Penelope, un fiore di
vent’anni prima. Visto, come si è detto, che i due erano tanto simili, non è
impossibile che anche Penelope abbia nascosto qualcosa a Odisseo, al figlio, a
Laerte, ingannandoli come aveva ingannato i suoi pretendenti con la storia del
sudario di Laerte.
Concludo questa lunga chiacchierata sulle
donne dell’Odissea con il massacro delle ancelle che non avevano
disdegnato i proci come aveva fatto la loro regina
Siamo nella parte finale de XXII canto, subito dopo la strage dei proci.
Odisseo ha appena terminato la mnesterofonia, quando Euriclea gli dice che
delle cinquanta ancelle, dodici giunsero all’impudenza ( ajnaideivh~
ejpevbhsan, 424), ossia non rispettarono i padroni. Quindi la
nutrice emerita vorrebbe portare la buona notizia a Penelope, ma Odisseo le
ordina di non svegliarla ancora ( mhv pw thvnd j ejpevgeire, v. 431): prima Euriclea deve convocare le dodici ancelle sfrontate che
erano andate a letto e condiviso la crapula dei proci.
Quindi comanda a Telemaco, al porcaro Eumeo e al bovaro Filezio di far
pulire la sala alle ancelle infedeli e di ucciderle.
Le donne entrarono tutte insieme “terribilmente gemendo, versando gran pianto”
(v. 447). Portarono fuori i cadaveri degli amanti, e pulirono i seggi e le
mense con acqua e con spugne dai molti buchi ( u{dati kai;
spovggoisi polutrhvtoisi, XII, v. 453). Poi gettarono fuori lo sporco
raschiato dal suolo. Quindi vennero ristrette in breve spazio dal quale non
potevano scappare e Telemaco disse che non avrebbero ucciso con una morte
pulita kaqarw`/ qanavtw/ (v. 462) le donne che avevano versato insulti
sul capo di Telemaco e di Penelope e giacevano nel letto con i pretendenti (para; te
mnhsth`rsin i[auon, v. 464).
Quindi le impiccarono: allora un orrido letto le prese (stugero;~ d j
uJpedevxato koi`to~, 470) perché morissero nel modo più miserevole come
tordi dalle larghe ali o colombe prese in una rete.
Chiudo la sezione con questo verso
h[spairrn de; povdessi mivnunqav per, ou[ ti mavla dhvn (XXII,475)
si dibattevano con i piedi, ma per poco, certo non molto a lungo.
Bologna 8 ottobre 2020, ore 11 e 5
giovanni ghiselli
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[1] Guido Paduano La nascita
dell’eroe.Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale,
p. 26
[2] capace di trarre kevrdo~ profitto
[3] pepnumevno" “assennato”, Odissea I,
367
[4] Guido Padano Op. cit,
p. 162
[5] Paduano, Op. cit., p. 163.
[6] Ma dice che giunse nella dimora
putrescente di Ade, v. 322. Che si sia inventato tutto?
[7] Senza rivelarne la profezia.
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