Argomenti
Kafka e Apuleio
Prepotenza e irrazionalità dei
magistrati e dei loro sgherri
Deformazione spettrale e orrida della realtà in Kafka e in Apuleio
La colazione sottratta
a Josef K. durante la mattina dell'arresto fa venire in mente
l’edile dell’Asino d’oro di Apuleio, Pizia, un ex compagno di studi
del protagonista. Lucio lo incontra a Ipata e quello gli schiaccia
con i piedi i pesci comprati poco prima.
Trova cari i pesci comprati da
Lucio, e grida “Sed non impune! Iam enim faxo scias quem ad modum sub meo
magisterio mali debeant coherceri. Et, profusa in medium sportula, iubet
officialem suum insuper pisces inscendere ac pedibus suis totos obterere (I,
25 ).
Quindi consiglia a Lucio di
andarsene, gli basta l’offesa fatta al vecchio venditore : “Sufficit mihi, o
Luci- inquit- seniculi tanta haec contumelia”.
Lucio se ne andò al bagno consternatus
ac prorsus obstupidus, costernato e quasi intontito, “prudentis
condiscipuli valido consilio et nummis simul privatus et cena”.
“E, se io ben intendo, Pizia
consiglia a Lucio di lasciare il mercato, perché, dopo questo fatto, a lui i
mercanti non venderebbero più e si vendicherebbero”[1].
Nel Satyricon il
liberto Ganimede dice degli edili trium cauniarum, che valgono tre
fichi secchi: istae maiores maxillae semper Saturnalia agunt…sed
si nos coleos haberemus non tantum sibi placeret. Nunc populus est domi leones,
foras vulpes (44).
Auerbach cerca di chiarire il suo
pensiero sulla “tendenza alla deformazione spettrale e orrida della realtà”[2] già
presente in Seneca e Tacito citando i capitoli I 24-25 del romanzo di Apuleio.
Le Metamorfosi di Apuleio presentano una simile tendenza
alla deformazione spettrale e orrida della realtà.
Il più alto dei due
custodi disse a K. che le autorità, di cui essi conoscono solo i
gradi più bassi, sono attirati dalla colpa.
Cfr. Nietzsche come i preti dal
peccato. I medici dalle malattie.
Si chiamano Franz e Willem. Da una
finestra di fronte lo osservava una vecchia che poi strinse a sé un vecchio.
Willem disse a K
che doveva restare in camera sua.
Gli chiesero anche dei soldi per
portargli la colazione ma l’imputato tornò in camera e si mangiò una mela.
Poi bevve un bicchierino di
acquavite.
Manca la series causarum della Prónoia
K deve presentarsi da un ispettore
vestito con una giacca
Costui un uomo alto che si torceva
tra le dita un pizzo rossiccio.
K. chiese se poteva sedersi e
l’altro rispose “Non usa”.
Gli dice che non deve pensare a loro
ma a se stesso. E’ assurdo disse K.
L’ispettore aggiunge che lui è
imputato ed è in arresto ma questo non deve impedirgli di andare in
ufficio.
“ Iosef K., l’arrestato,
viene lasciato libero, come Raskol’ nikov viene lasciato libero da Porfirij
Petrovič: il Tribunale che insinua le sue sedi dappertutto, non ha bisogno di
chiudere Josef K. In carcere. Egli resta libero e prigioniero, senza catene e
recluso,-come tutti noi, che viviamo in tutti i modi in una prigione senza
sbarre” (Citati, Kafka, p. 142).
Insomma K è prigioniero di se
stesso, delle sue angosce, dei suoi sensi di colpa. Questo carcere interno non
gli impedisce di lavorare. Gli toglie però la fiducia in se stesso e l’amore.
giovanni ghiselli
[1] Mimesis, p. 72.
[2] Mimesis, p. 70.
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