sabato 10 ottobre 2020

Conferenza su Kafka (Cento, 7 novembre 2020). 2. Ancora su "Il processo"


Argomenti

Kafka e Apuleio

Prepotenza e irrazionalità dei magistrati e dei loro sgherri

Deformazione spettrale e orrida della realtà in Kafka e in Apuleio

  

 

La colazione sottratta a  Josef K. durante la mattina dell'arresto  fa venire in mente l’edile dell’Asino d’oro di Apuleio, Pizia, un ex compagno di studi del protagonista.  Lucio lo incontra a Ipata e quello gli schiaccia con i piedi i pesci comprati poco prima.

Trova cari i pesci comprati da Lucio, e grida “Sed non impune! Iam enim faxo scias quem ad modum sub meo magisterio mali debeant coherceri. Et, profusa in medium sportula, iubet officialem suum insuper pisces inscendere ac pedibus suis totos obterere (I, 25 ).

Quindi consiglia a Lucio di andarsene, gli basta l’offesa fatta al vecchio venditore : “Sufficit mihi, o Luci- inquit- seniculi tanta haec contumelia”.

Lucio se ne andò al bagno consternatus ac prorsus obstupidus, costernato e quasi intontito, “prudentis condiscipuli valido consilio et nummis simul privatus et cena”.

 

“E, se io ben intendo, Pizia consiglia a Lucio di lasciare il mercato, perché, dopo questo fatto, a lui i mercanti non venderebbero più e si vendicherebbero”[1].

 

Nel Satyricon il liberto Ganimede dice degli edili trium cauniarum, che valgono tre fichi secchi:  istae maiores maxillae semper Saturnalia agunt…sed si nos coleos haberemus non tantum sibi placeret. Nunc populus est domi leones, foras vulpes (44). 

Auerbach cerca di chiarire il suo pensiero sulla “tendenza alla deformazione spettrale e orrida della realtà”[2] già presente in Seneca e Tacito citando i capitoli I 24-25 del romanzo di Apuleio.

Le Metamorfosi di Apuleio presentano una simile tendenza alla deformazione spettrale e orrida della realtà.

 

Il  più alto dei due custodi disse a K. che  le autorità, di cui essi conoscono solo i gradi più bassi, sono attirati dalla colpa.

Cfr. Nietzsche come i preti dal peccato. I medici dalle malattie.

 

Si chiamano Franz e Willem. Da una finestra di fronte lo osservava una vecchia che poi strinse a sé un vecchio.

 Willem  disse a K che doveva restare in camera sua.

Gli chiesero anche dei soldi per portargli la colazione ma l’imputato tornò in camera e si mangiò una mela.

Poi bevve un bicchierino di acquavite.

Manca la series causarum della Prónoia

 

K deve presentarsi da un ispettore vestito con una giacca

Costui un uomo alto che si torceva tra le dita un pizzo rossiccio.

K. chiese se poteva sedersi e l’altro rispose “Non usa”.

Gli dice che non deve pensare a loro ma a se stesso. E’ assurdo disse K.

L’ispettore aggiunge che lui è imputato ed  è in arresto ma questo non deve impedirgli di andare in ufficio.

“ Iosef K.,  l’arrestato, viene lasciato libero, come Raskol’ nikov viene lasciato libero da Porfirij Petrovič: il Tribunale che insinua le sue sedi dappertutto, non ha bisogno di chiudere Josef K. In carcere. Egli resta libero e prigioniero, senza catene e recluso,-come tutti noi, che viviamo in tutti i modi in una prigione senza sbarre” (Citati, Kafka,  p. 142).

Insomma K è prigioniero di se stesso, delle sue angosce, dei suoi sensi di colpa. Questo carcere interno non gli impedisce di lavorare. Gli toglie però la fiducia in se stesso e l’amore.

giovanni ghiselli



[1] Mimesis, p. 72.

[2] Mimesis, p. 70.

 

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