ArgomentoFrançois Joseph Bosio, Aristée, dieu des jardins
La pietas spietata
di Aristeo nella IV e ultima Georgica di Virgilio. Prefigura
quella di Enea con Didone nel IV libro dell’Eneide. La pietas di
Enea affermata da Virgilio e messa in dubbio da Ovidio
“Orfeo fallisce perché viene meno
alle rigorose prescrizioni del re dell’Inferno il crudele Plutone (492 - 493 immitis
rupta tyranni/ foedera ). Egli non può rispettare gli ordini ricevuti
siccome manca di tenacia e fermezza: è un amante e ha in sé la 'leggerezza'
dell'amore che lo possiede. Volta gli occhi, e contra legem - contro
la condizione imposta dagli dèi della morte - guarda l'oggetto del suo amore.
L'amore lo tradisce e lo 'gioca'. Il suo è l'ingannevole
trionfo d'amore (quasi l'essersi illuso che davvero potesse valere la sentenza
dell'omnia vincit amor [1], che amare avesse più forza anche della morte).
Una
comparazione sistematica tra i due eroi ottiene, dunque, un primo risultato. Il
parallelismo fra Orfeo e Aristeo, realizzato tramite l'espediente della
cornice, ha la funzione di manifestare un'opposizione permanente fra due
atteggiamenti e due modi di vita: da un lato il georgòs scrupoloso
e pio, dall'altro l'amante che - seppure armato della forza trascinante e
sconvolgente di Eros - è però tradito da quello stesso furor che lo
anima"[2].
La pietas di Aristeo consiste
solo nell’obbedire, per il resto è spietata come quella di Enea che abbandona
Didone alla disperazione e alla morte obbedendo anche lui - sine mora - all’ordine
di Zeus che gli ha portato Mercurio (Eneide IV)
In un altro scritto, in inglese,
Conte mette in luce anche l'indicazione linguistica dell'atteggiamento di
Aristeo, ossia "the presence in the text of an archaic and almost
sacral style: haud mora, continuo matris praecepta facessit" (IV.
548 ) la presenza nel testo di uno stile arcaico e quasi liturgico: senza
indugio: immediatmente esegue i precetti della madre. "Here the
formulaic structure reproduces - at the level of verbal expression - Aristaeus'
prompt and respectful response to the ordinances which have been imparted to
him and the rigorous precision of the liturgical procedure "[3],Qui la struttura
formulare riproduce - a livello di espressione verbale - la sollecita e rispettosa
risposta di Aristeo agli ordini che gli sono stati impartiti e la rigorosa
precisione della procedura liturgica.
Abbiamo
visto che G. B. Conte interpreta la figura del contadino Aristeo
"scrupoloso e pio" come positiva, e quella dell'amante Orfeo che
disobbedisce agli dèi come negativa:" Non si può far nulla contro la
volontà degli dèi; il trionfo su di loro è ingannevole. Bisogna invece seguirne
scrupolosamente i voleri, riconoscerne la divinità e il potere. E ciò non è
senza evidente accordo con l'ideologia delle Georgiche "[4].
Pietas spietata dicevo con un
ossimoro: Euidice muore la prima volta perché fatta morire dal “pio” Aristeo
che la inseguiva per farle violenza. La giovane durante la fuga fu morsa e
uccisa da un serpente.
“Illa quidem, dum te fugeret
per flumina praeceps
immanem ante pedes hydrum
moritura puella
servantem ripas alta non vidit in
herba” (Georgica IV,
456 - 458),
quella mentre fuggiva da te lungo
i fiumi precipitosa
fanciulla già vicino alla morte,
non vide nell’erba alta un orrendo serpente che sorvegliava le rive.
E’ Glauco, il “vecchio
marino verace”[5] che svela ad Aristeo quale sia la colpa che ha
causato lo sterminio delle sue api. Quindi Aristeo dovrà obbedire alla madre
Cirene che gli ordina di sacrificare buoi alle ninfe le quali danzavano con
Euridice nel cuore dei boschi, una pecora nera a Orfeo cui dovrà dedicare anche
dei papaveri letei, e una vitella a Euridice. Tutto qui.
Aristeo obbedisce subito:
“Haud mora; continuo matris
praecepta facessit” (548)
Siccome l’obbedienza è stata
premiata e la disobbedienza punita, Virgilio termina la quarta e ultima
Georgica (nel 30 a. C.) con un panegirico di Ottaviano che ha sconfitto Antonio
e Cleopatra ed è diventato il padrone dello Stato
“…bello victorque volentis - per
populos dat iuura viamque adfectat Olympo” 561 - 561 e vincitore nella
guerra (battaglia di Azio del 31 a.C) dà leggi ai popoli consenzienti e si
incammina sulla via dell’Olimpo.
La pietas di Enea affermata da
Virgilio e messa in dubbio da Ovidio.
Nel
proemio dell'Eneide[6] in effetti
Virgilio domanda con meraviglia:"Musa, mihi causas memora, quo numine
laeso,/quidve dolens regina deum tot volvere casus/insignem pietate virum, tot
adire labores/impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?" (vv,
8 - 11), o Musa, dimmi le ragioni, per quale offesa volontà divina, o di che
cosa dolendosi la regina degli dèi abbia spinto un uomo insigne per la
devozione a girare per tante sventure, ad affrontare tante fatiche. Così grandi
sono le ire nell'animo dei celesti?
Ebbene
Ovidio trova la ragione delle grandi ire divine: dopo avere affermato che gli
uomini ingannano spesso, più delle tenere fanciulle (saepe viri fallunt,
tenerae non saepe puellae, Ars, III, 31) il poeta peligno
inserisce Enea tra i seduttori ingannevoli quali il fallax Iason (Ars,
III, 33) e Teseo, tanto perfido che, se fosse dipeso da lui, Arianna avrebbe
nutrito gli uccelli marini:"et famam pietatis habet, tamen hospes et
ensem[7]/praebuit et causam
mortis, Elissa, tuae" (Ars, III, 39 - 40), ha la nomèa di uomo pio,
tuttavia da ospite ti offrì la spada e il motivo della morte tua, Elissa.
Ovidio dunque smaschera Enea e il poeta che lo celebra come antenato di
Augusto.
Bologna 26 ottobre 2020 ore 18,
24.
giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Bucolica X ,
69.
[2]G. B. Conte, Virgilio
il genere e i suoi confini, Garzanti, Milano, 1984, p. 47.
[3]Gian Biagio Conte, Aristaeus,
Orpheus, and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read
Vergil, Yale University Press,
[4]G. B. Conte, Virgilio ,
p. 48
[5] Cfr. Odissea,
IV, 349 gevrwn a{lio"
nhmerthv"".
[6] Scritta fra il 29
e il 19 a. C.
[7] Spada lasciata da
Enea ( Eneide, IV, 507) e impiegata quale dono funesto (non hos
quaesitum munus in usum., Eneide, IV, 647, dono richiesto non
per questo uso.
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