ArgomentiHylas rapito dalle ninfe
Basilica Giunio Basso, Roma
L’insensatezza della guerra. Gli amici si uccidono tra loro senza
riconoscersi. Eracle e Ila.
All’alba gli
Argonauti salirono sul Dindimo, monte dell’Arctonneso (I, 984)
(Cfr.
Catullo, 63, 11, simul ite Dindymēnae dominae
vaga pecora[1], venite con me gregge errante della signora
del Dindimo)
per vedere
la rotta dall’alto. I tellurici però attaccano chiudendo con delle pietre il
porto dove ci sono le navi.
Eracle
rimasto sulla costa li stendeva con l’arco
Poi
tornarono gli altri e fecero strage dei giganti che giacevano lungo il porto
come alberi abbattuti. Ed erano tutti preda di pesci e di uccelli. Quindi gli
Argonauti partono ma il vento li porta indietro dai Dolioni. Sbarcarono di
notte e non si accorsero che il luogo era lo stesso da dove erano partiti, né i
Dolioni compresero: credettero di essere assaliti dai nemici. Giasone uccise
l’ospitale Cizico senza averlo riconosciuto.
Assurdità
della guerra come nell’Elena e nell’Elettra di
Euripide. Si ammazza il nemico che non si conosce
Questa è
l’unica battaglia ed è assurda.
Cizico
dunque compì il proprio destino, moi`ran ajnevplhsen. Quello che non possiamo evitare
perché è un mevga e{rko~ un grande sbarramento steso intorno agli uomini
(1035).
Del
resto ogni persona secondo Nietzsche coincide con il proprio
destino: "Il fatalismo turco contiene l'errore fondamentale di
contrapporre fra loro l'uomo e il fato come due cose separate (…) In verità
ogni uomo è egli stesso una parte di fato (…) Tu stesso, povero uomo pauroso,
sei la Moira incoercibile che troneggia anche sugli dèi"[2]. Cfr. h\qo~
ajnqrwvpw/ daivmwn[3] di Eraclito.
Molti
Dolioni caddero, finché all’alba entrambi riconobbero l’ errore (eijsenovhsan
ajmplakivhn, 1054) e ne
ebbero un’angoscia tremenda. Piansero insieme per tre giorni interi gli eroi e
i Dolioni. Fecero i giochi funebri e Clite, la sposa di Cizico si impiccò.
Segue l’aition della sorgente Clite nata dalle lacrime versate
dalle ninfe.
Arrivò un
segno attraverso l’alcione che si posò su l’aplustre (ornamento della poppa).
Allora Mopso svegliò Giasone e gli disse che doveva salire sul Dindimo nel
santuario di Cibele e pregare la dea mhtevra sumpavntwn makavrwn (1094) madre di tutti i beati.
Solo così cesseranno le tempeste come ha significato l’uccello marino che aveva
volato sul capo di Giasone dormiente. Cibele è una deinh; qeav da cui dipendono i venti, il
mare, la terra, i monti.
Quando
sale in cielo, perfino Zeus le cede il posto.
Cfr. la
Magna mater mediterranea.
Da lassù
Giasone e altri vedono un ampio panorama: dalla Tracia al Bosforo alla Misia.
Il gusto della geografia,
Fecero un
rito per propiziarsi Cibele costruendo un simulacro ligneo di lei. I giovani
danzarono in armi diretti da Orfeo. Percuotevano le spade con gli scudi.
Aition: da
allora i Frigi onorano Cibele con tamburelli e cembali (piatti metallici)
Cfr. Lucrezio De rerum natura, II, 618 - 619.
Tympana
tenta tonant palmis et cymbala circum
Concava,
raucisonoque minantur cornua cantu
I tamburelli
tessi tuonano sotto i palmi e i cembali concavi intorno, con il rauco suono
minacciano i corni.
La dea diede
segni: la terra produceva fiori e frutti e le belve scodinzolavano. Cfr. l’età
dell’oro
Sgorgò anche
una fonte, poi chiamata di Giasone
Riprende la
navigazione
Arrivarono
nella Misia dove vennero accolti in amicizia
Eracle aveva
rotto un remo e andò nella selva a costruirsene un altro. Incarna l’eroismo
arcaico. Il suo amico Ila intanto andava a cercare una fonte con una brocca di
bronzo per preparare la cena a Eracle che l’aveva educato a questi usi quando
l’aveva rapito bambino nella casa del padre Teodamante che l’eroe aveva ucciso
tra i Driopi che non si davano pensiero della giustizia.
Ma questo mi
porterebbe lontano dal mio cantare.
Ila dunque
giunse alla fontana dove le ninfe celebravano Artemide con canti notturni.
Una ninfa
dell’acqua vide Ila fiammeggiante di bellezza e di grazia : la luna piena lo
illuminava e Afrodite sconvolse il cuore di lei. Th`~ frevna~ ejptoivhse
Kuvpri~ (v.
1232 cfr. Saffo)
Come l’acqua
entrò nella brocca mormorando, lei gli cinse il collo con il braccio sinistro,
desiderando baciarlo nella bocca, e con la destra lo tirò per il gomito dentro
il vortice, Ila gridò e lo sentì soltanto Polifemo che gridò a sua volta e andò
a cercarlo.
Incontrò
Eracle e gli diede la triste notizia.
Eracle
divenne come il toro che, punto, si butta in avanti colpito dall’assillo
spietato kakw``/ bebolhmevno~ oi[strw/ (bolevw come bavllw 1269). Correva, si fermava,
urlava
Intanto
viene l’alba con il vento favorevole e Tifi ordina la partenza
Gli
Argonauti si accorsero della mancanza di Eracle quando lampeggia l’aurora uJpolavmpetai
hjwv~ (1280),salendo
sull’orizzonte, e i sentieri si illuminano e brillano i prati rugiadosi alla
limpida luce (1281 - 1282).
Cfr. h\mo" hjrigevneia
favnh rJododavktilo" hjwv" (Odissea, 2, 1), come mattutina apparve
l’aurora dalle dita di rosa.
Variazione
sistematica del modello omerico che viene anche allungato da Apollonio.
Giasone
oppresso da pena profonda si rode dentro.
Telamone
invece lo accusa di avere complottato per non venire oscurato da Eracle.
Giasone
viene accusato di volere abbandonare Eracle facendo tornare indietro la nave,
ma i due figli di Borea, Zete e Calais, fermarono Telamone con dure parole
perché gli Argonauti potessero ripartire
Al
ritorno i due fratelli vennero uccisi da Eracle nell’isola di Teno poiché avevano
impedito la ricerca e sopra i cadaveri l’eroe pose due colonne che vibrano ai
soffi di Borea.
Quindi agli
Argonauti apparve Glauco ministro di Nereo
Il Nereide levato
il capo dall’acqua disse che il destino di Eracle era un altro: portare a
termine le 12 fatiche, poi essere assunto in cielo, perciò non deve esserci
rimpianto (poqhv, 1320). Del resto di Ila si è innamorata una ninfa e lo ha fatto suo
sposo.
Telamone e
Giasone fanno la pace: il primo si scusa del proprio accecamento (ajasavmhn, 1333). Disperdiamo ai venti la
colpa. Giasone accetta le scuse
Eracle
minacciò i Misi che promisero di cercare Ila e gli diedero i primi giovani in
ostaggio. Eracle li situò a Trachis che ancora oggi sta a cuore ai Ciani di
Misia
Fine primo libro
[1] Carmen doctum di 93
galliambi.
[2]Nietzsche, Umano
troppo umano ,. II, pp. 155 - 156. Uscito nel 1878. “Fu concepito come
una quinta “considerazione inattuale”, intitolata Il vomere, ma poi
fu trasformato nel libro di aforismo che conosciamo” (S. Giametta, Introduzione
a Nietzsche, p. 236).
[3] Fr. 91 Diano, il carattere è il
destino dell’uomo).
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