NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 25 ottobre 2020

Parte della conferenza che terrò il 7 dicembre a Cento su Antonio e Cleopatra

R. Burton ed E. Taylor in Antonio e Cleopatra
Antonio uomo passionale: erculeo e dionisiaco

 

Nella prima scena del I atto della tragedia di Shakespeare, Antonio afferma la propria identità di uomo passionale e celebra l'amore che lo lega a Cleopatra dicendo:"kingdoms are clay" ( …) the nobleness of life is to do thus (I, 1, 35 - 37) i regni sono fango, la nobiltà di vita è fare così. E abbraccia la regina egiziana dicendo che il loro mutuo amore gli fa imporre al mondo, rischiando una punizione, di riconoscere che costituiscono una coppia incomparabile. E' il prevalere della passione sulla rispettabilità, sulle convenienze, sulla ragionevolezza.

Non c'è un minuto delle nostre vite che si debba protrarre senza qualche piacere. What sport to - night? (I, 1, 46 - 47) quale divertimento questa notte?

 

Sentiamo Kierkegaard “Lasciamo che gli altri si lamentino che i tempi sono cattivi; io mi lamento che il nostro tempo è miserabile, poiché è senza passioni. I pensieri degli uomini sono sottili e fragili come merletti, essi stessi miseri come le ragazze che fanno i merletti. I pensieri delle loro menti sono troppo meschini per essere peccaminosi. In un verme si potrebbe forse considerare come peccato l'avere tali pensieri, non in un uomo, creato a immagine di Dio. I loro desideri sono compassati e torpidi, le loro passioni sonnolente...Puah! Ed è per questo che la mia anima torna sempre all'Antico Testamento e a Shakespeare. Là si sente che quei che parlano sono uomini; là si odia, là si ama, si ammazza il nemico, si maledice la sua stirpe per tutte le generazioni, là si pecca"[1]. Un'idea simile si trova in Nietzsche:"Leggi Shakespeare: egli è pieno di questi uomini forti, rozzi, duri, potenti, uomini di granito. Di tali individui l'epoca nostra è poverissima, e quindi anche di uomini che abbiano animo capace di accogliere i miei pensieri"[2].

 

Nella prefazione a Demetrio - Antonio, Plutarco che è meno benevolo di Shakespeare nei confronti del romano, afferma che forse non è male inserire tra gli esempi le vite di uomini che hanno fatto uso del loro ingegno in modo troppo sconsiderato, e sono divenuti celebri nel potere e nelle grandi imprese per i loro vizi ("eij" kakivan").

Antonio era amato dai suoi soldati poiché amava gozzovigliare con loro. Fondamentale per lui era la figura di Ercole. Il suo comportamento, cameratesco, generoso, passionale, era visto come Erculeo. 

Nella tragedia di Shakespeare si sente una musica in aria, o sotto terra, davanti al palazzo di Cleopatra e un soldato chiede: “It signs well, does it not?” E un altro “No”. Allora “What should this mean?

E il pessimista: “’Tis the god Hercules, whom Antony loved, Now leaves him” ( 4, 3, 14 - 16).

 

Sentiamone un riuso fatto da T. S. Eliot: “the God Hercules/Had left him, that had loved him well” (Burbank with a Baedeker, Bleistein with a cigar (1920).

 

Plutarco scrive che l’aspetto stesso di Antonio ricordava quello di Eracle quale appare nei dipinti e nelle statue. Aveva una bella barba, un’ampia fronte e un naso aquilino. Secondo una tradizione antica gli Antoni erano Eraclidi discendenti da Antone, figlio di Eracle e il triumviro si adoperava per confermare questa leggenda con l’atteggiamento e l’abbigliamento: portava al fianco una grande spada mavcaira megavlh e indossava un mantello ruvido savgo" perievkeito tw'n sterew'n (4, 1 - 4).

I Romani non approvavano il suo amore per Cleopatra e il fatto che riconobbe i gemelli avuti da lei. Ma Antonio era abile nell’abbellire le brutture ajll j ajgaqo;" w]n ejgkallwpivsasqai toi'" aijscroi'" (Vita, 36, 6) diceva che la nobiltà di stirpe si propaga con molti figli. Così Eracle e il suo progenitore figlio di Eracle avevano dato libero corso alla natura mettendo al mondo tanti figli.

Cfr. fama bella constant di Curzio Rufo.

Alessandro Magno ricorda ai suoi oppositori macedoni che ricevere il nome di figlio di Giove aiuta a vincere le guerre: “Famā[3] enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit[4] le guerre sono fatte di quello che si fa sapere (attraverso la propaganda), e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha fatto le veci della verità. Cfr. 3, 8, 7 dove pure Dario III dice “fama bella stare”.

 

Ma ecco il brutto segno in Plutarco: poco prima della guerra con Ottaviano, “Pesaro città colonizzata da Antonio, situata sull’Adriatico Peivsaura jAntwnivou povli" klhrouciva wj/kismevnh para; to;n jAdrivan, fu ingoiata da una voragine che si spalancò nella terra .

 Poi una statua di Antonio presso Alba stillò sudore, e mentre Antonio soggiornava a Patrasso, il tempio di Eracle fu colpito dai fulmini, quindi ad Atene il Dioniso della Gigantomachia situato sul muro meridionale dell’acropoli cadde nel teatro strappato dal vento.

Antonio diceva di essere parente di Eracle per la stirpe, e di Dioniso poiché ne imitava lo stile di vita, Si faceva chiamare Diovnuso" nevo" (Vita di Antonio, 60, 2 - 5).

Poi ci furono altri presagi con tristo annunzio di futuro danno.

 

Plutarco cita due versi (4 - 5) dell’Edipo re ("la città è piena tanto del fumo dei sacrifici,/quanto di preghiere, quanto di gemiti” il quarto verso è leggermente modificato e il quinto senza ritocchi) per significare la dissolutezza pestifera di Antonio: quando il triumviro si recò in Oriente, l’Asia intera, come quella famosa città di Sofocle (Tebe) era piena di fumi di incenso, e insieme di peani e di gemiti (Vita di Antonio, 24, 3).

Subito dopo il biografo racconta che Antonio entrò in Efeso preceduto da donne vestite come le Baccanti e da uomini e fanciulli abbigliati da Satiri e da Pan; la città era piena di edera, tirsi, zampogne e flauti e la gente acclamava Antonio come Dioniso che dà gioia e amabile (Caridovthn kai; Meilivcion). Per alcuni sarà stato tale, ma per i più era j Wmhsth;~ kai; jAgriwvnio~ (24, 4 - 5), Dioniso Crudivoro e Selvaggio.

Teatralità dei due amanti

Quando Cleopatra si recò da lui risalendo il fiume Cidno, con teatralità ancora più vistosa, si diffuse dappertutto la voce che Afrodite con il suo corteo andava da Dioniso per il bene dell’Asia (wJ~ hJ jAfrodivth kwmavzoi pro;~ to;n Diovnuson ejp j ajgaqw`/ th`~ jAsiva~, 26, 5). Quindi Plutarco racconta alcune buffonate che i due amanti compivano divertendo gli Alessandrini i quali dicevano che Antonio con i Romani usava la maschera tragica e con loro quella comica ( levgonte~ wJ~ tw`/ tragikw`/ pro;~ tou;~ JRomaivou~ crh`tai proswvpw/, tw`/ de; kwmikw/` pro;~ aujtouv~, 29, 4).

 

Plutarco fa notare un’altra analogia tra Eracle e Antonio: come Eracle fu schiavizzato da Onfale, la regina di Lidia che gli tolse la clava e la pelle leonina - to; rJovpalon kai; th;n leonth'n (Vita, 90, 3), così Cleopatra ammaliò, disarmò Antonio e lo persuase a rimanere ozioso divertendosi con lei sulle spiagge di Canòpo. Alla fine come Paride380 sgg.) (Iliade, III fuggito dalla battaglia ejk th`" mavch" ajpodrav" (ajpodidravskw) affondava nei seni di lei eij" tou" ejkeivnh" kateduveto kovlpou" (90, 5)

 

Nella tragedia di Shakespeare, Antonio ha consapevolezza che l’amore con Cleopatra lo rovinerà e nel ricevere cattive notizie da Roma dice già nel primo atto: These strong Egyptians fetters I must break, or lose myself in dotage (I, 2) devo rompere questi forti ceppi egiziani o perdermi nella infatuazione

Avuta notizia che sua moglie Fulvia è morta la rimpiange e dice di volersi sottrarre a Cleopatra I must from this enchanting queen break off, devo sottarmi a questa regina incantatrice (I, 2, 126) ma la propria apatia idleness l’otium con lei cova altre sventure.


giovanni ghiselli

 

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[1]Aut - Aut in Kierkegaard Opere , p. 12.

[2]Epistolario , novembre 1883, p. 204.

[3] Cfr. fhmiv.

[4] Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni, 8, 8, 15

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