mercoledì 28 ottobre 2020

"Argonautiche" di Apollonio Rodio. 10. III (vv.500-760)


Girolamo Macchietti, Giasone e Medea
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Argomenti

Gli Argonauti scoraggiati dalle difficoltà e dalla loro impotenza cercano aiuto. Medea innamorata di Giasone desidera e teme la possibile storia d’amore. I suoi pensieri manifestano le contraddizioni di un animo lacerato. Anche i suoi passi sono contraddittorî.

Le appare una soluzione del dilemma angoscioso quando la sorella Calciope la prega di aiutare Giasone. Tuttavia l'angoscia permane.

 

Per strada, fuori dalla città, Argo ricorda a Giasone che c’è una fanciulla la quale pratica incanti sotto la guida di Ecate. Il figlio di Frisso vuole parlare con sua madre Calciope.

Giasone risponde che la speranza è vana se il loro ritorno rimane affidato alle donne.

Arrivano alla nave e Giasone racconta le prove che ai compagni sembrarono impossibili ajnhvnutoς a[eqloς (502) - ajnuvw e ajnuvtw compio. Erano abbattuti dalla sventura e dall’impotenza

 - a[th/ ajmhcanivh/ te kathfeve" (504) -

Peleo allora disse che, se non se la sentiva Giasone, ci provava lui: la morte sarà il dolore più cane possibile qavnatoς to; kuvntaton e[ssetai a[lgoς (514). Non può capitare di peggio.

 Argo interviene e menziona l’aiuto che può venire dalla madre Calciope e descrive le capacità della zia Medea istruita da Ecate (III, 529).

 

Medea sa fermare i fiumi e incatenare gli astri.

 Un buon segno: una colomba inseguita da uno sparviero si rifugia nel grembo di Giasone. Mopso dice parole profetiche: l’uccello di Afrodite è scampato alla morte e, come aveva detto Fineo, in Afrodite risiede la speranza del ritorno.

Dunque seguiamo il consiglio di Argo.

Ma Ida si alzò infuriato poiché si badava più agli sparvieri e alle colombe che alla forza di Ares (v. 561) Dunque e[rrete voi che non pensate più alla guerra ma a sedurre fragili vergini.

Argo tornò da Eeta e gli Argonauti sbarcarono.

Eeta convocò l’assemblea dei Colchi che tramavano inganni e mali contro gli eroi. I tori avrebbero fatto a pezzi Giasone e loro avrebbero incendiato la nave. Eeta dice che non avrebbe accolto nemmeno Frisso nella sua casa, il nipote di Eolo (padre di Atamante padre di Frisso), se non glielo avesse chiesto Zeus attraverso Ermes. Tanto meno sarebbero stati accolti e lasciati impuniti quei pirati appena arrivati. Li avrebbe puniti con i figli di Frisso che si erano uniti a quei malfattori per togliergli il trono. Il Sole lo aveva avvisato di guardarsi dalla sventura versatile (a[thn poluvtropon, 600) callidissima iunctura, accortissimo accostamento di parole.

 Eeta non temeva i figli suoi Medea e Apsirto e Calciope ma i figli di questa, i nipoti. Argo raccomandò Giasone a sua madre, però Calciope e Medea temevano il padre Eeta

Medea fa un sogno ingannevole: che Giasone è andato là non per il vello d’oro ma per portare lei a casa sua kouridivhn paravkoitin ( 623) come legittima sposa. Vedeva se stessa che lottava con i tori e li vinceva. Nel sogno lei lasciava i genitori e seguiva lo straniero. I familiari gridavano e lei si svegliò.

Sogno dai desideri non camuffati come accade quasi sempre.

Segue il secondo monologo. Dice che le pesanti notturne angosciose barei`" o[neiroi le hanno messo addosso paura: teme una grossa sciagura deivdia mevga kakovn (636 - 637). Palpita per lo straniero il mio cuore. Lui torni pure in patria e sposi una donna greca, a me sta a cuore la mia vita di vergine e la casa dei miei genitori, a[mmi de; parqenivh te mevloi kai; dw`ma tokhvwn (640)

Tuttavia è incerta e spera che la sorella Calciope le chieda aiuto.

 

Quindi uscì a piedi nudi e con la sola tunica addosso, voleva vedere Calciope. Però il pudore la trattenne nel vestibolo poi tornò nella sua stanza. Uscì e rientrò di nuovo: thu?sioi povde" fevron e[nqa kai; e[nqa (651) piedi senza meta né metodo la portavano di qua e di là.

Aijdwvς la tratteneva mentre qrasu;ς i{meroς il desiderio audace la spingeva (654). Tentò e si fermò tre volte, alla quarta cadde prona nel letto. Piange come una vedova cui il destino moi`ra ha ucciso il marito prima che godessero del reciproco amore.

 

Un’ancella la vede e riferisce a Calciope la quale va a domandarle il motivo, ma l’aijdw;ς parqenivh, il pudore di vergine (681) la trattenne dal parlare. La storia spuntava talora sulla punta della lingua Mu`qo" d j a[llote me;n oiJ ejp j ajkrotavth" ajnevtelle - glwvssh" (682 - 683) - , poi piombavano nel petto o correvano sulla bocca ma non diventavano suono.

 

Finalmente Medea parla ma dovlw/ (687), con inganno. Dice di temere per i nipoti mentre spera che Calciope le chieda aiuto. Cosa che accade.

Poi intonarono insieme un lamento (govon, 708). Medea promette che li aiuterà o{sson sqevnoς ejsti;n ejmei'o ( 716), per quanta forza ho.

Calciope allora le dice che Argo ha chiesto aiuto per Giasone

A Medea balzò lo qumovς dalla gioia (ajnevptato cavrmati qumovς) e il suo bell’incarnato divenne di porpora (foinivcqh - foinivssw)

Medea dice che ama i nipoti che le sono pure fratelli poiché hanno giocato insieme da bambini e Calciope ha allattato anche lei. Chiede di tenere il segreto con il padre loro e dice che porterà qelkthvria favrmaka (739) il filtro incantatore allo straniero.

Calciope va dai suoi figli contenta mentre Medea ha paura. Di notte dormiva perfino la madre che ha perduto i suoi figli, ma non Medea: il cuore si agitava fitto dentro il petto pukna; de; oiJ kradivh sthqevwn e[ntosqen e[quien (755).

Il cuore vibrava (ejlelivzeto, 760 ejlelivzw senza aumento) nel petto della fanciulla come un raggio di sole nell’acqua appena versata in un vaso. L’amore la faceva soffrire.

 

giovanni ghiselli

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