Carracci, Storie di Giasone e Medea, Palazzo Fava, Bologna
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Argomenti
Medea fugge dal palazzo di Eeta. Il
bacio di addio al letto: un topos gestuale presente in diversi altri testi.
L’amore come dio del dolore (daivmwn
ajlginoveiς, v. 64)
una calunnia molto diffusa nella letteratura e non solo lì. Alcuni esempi
Apollonio chiede aiuto alla Musa: la
mente ondeggia dentro di me (novoς e[ndon ejlivssetai, v. 3) : non so se Medea lasciò la terra
dei Colchi per la pena di un amore infelice nato dall’acciecamento o per
terrore fatale. Tutto è problematico: presenta ostacoli poblhvmata alla comprensione e va analizzato.
Eeta era furioso e tramava la
vendetta. Aveva intuito che le figlie avevano aiutato Giasone. Medea
terrorizzata fuggì con i figli di Frisso. Prima baciò il letto (kuvsse d j
eJovn levcoς, 26, topos
gestuale cfr. Alcesti di Euripde) e accarezzò le pareti, poi
si tagliò un ricciolo e lo lasciò per la madre quale ricordo della sua vita di
vergine.
Un topos gestuale, tra l’erotico e
il disperato, è il bacio della donna al letto, anzi al letto della propria
morte per amore. Alcesti poco prima di morire vi si getta sopra, lo bacia e lo
bagna tutto con il torrente di lacrime che le sgorga dagli occhi (kunei' de;
prospivtnousa, pa'n de;
devmnion - ofqalmotevgktw/ deuvetai plhmmurivdi, Alcesti, vv. 183 - 184.). Un gesto
ripetuto da Didone la quale muore imprimendo la bocca sul letto (os impressa
toro, Eneide , IV, 659,).
La donna che si getta sul letto
coniugale, che invoca le dulces exuviae e bacia il letto, è la
donna innamorata che non può liberarsi dal
ricordo delle dolcezze del suo amore
(sono note le ascendenze sofoclee, cioè i vividi riflessi di Deianira).
Nelle Trachinie di
Sofocle le ultime parole di Deianira sono rivolte al letto: “w\ levch te
kai; numfei' j ejmav, - to; loipo;n h[dh caivreq j wJ~ e[m j ou[pote devxesq j
e[t j ejn koivtaisi tai'sd j eujnhvtrian” (vv. 920 - 922), o letto mio e stanza nuziale, addio
per sempre oramai, poiché non mi accoglierete più come sposa nel vostro
giaciglio.
La Medea di Apollonio Rodio
invece bacia il letto della sua camera di ragazza nell’abbandonarla: “Kuvsse d j
eJovn te levco~” (Argonautiche,
4, 26), quindi baciò anche i battenti, accarezzò le pareti, e dopo essersi
strappata un ricciolo lo lasciò nella stanza della madre, ricordo della sua
vita di vergine.
E pure maledice Giasone: se il mare
ti avesse sbranato, prima che tu giungessi nella terra dei Colchi!
Cfr. Euripide, Medea, 1 –
15
Nutrice
Oh se lo scafo di Argo non fosse
passato a volo attraverso
le cupe Simplegadi fino alla terra
dei Colchi,
e nelle valli boscose del Pelio non
fosse caduto mai
il pino reciso, e non avesse
attrezzato di remi le mani
degli eroi eccellenti che andarono a
cercare il vello
tutto d'oro per Pelia. Infatti la
signora mia,
Medea, non avrebbe navigato verso le
torri della terra di Iolco
sconvolta nel cuore dal desiderio di
Giasone;
né, dopo avere convinto le figlie di
Pelia ad ammazzare
il padre, sarebbe venuta ad abitare
questa terra corinzia
con il marito e i figli, cercando di
riuscire gradita
ai cittadini dei quali giunse alla
terra in esilio
e, pur rimanendo se stessa, di
convenire in tutto a Giasone; 13
e questa appunto è la più grande
salvezza:
quando la donna non sia in
disaccordo con l'uomo. 15
Medea corse fuori dalla reggia
come farebbe una schiava di guerra.
Correva a piedi nudi per le vie
strette che tante volte aveva percorso cercando cadaveri ed erbe malefiche. Ma
il cuore era agitato pavlleto qumovς Argonautiche, IV, 53 per la paura
tremante.
Cfr. cardiopalma - pavllw agito; palmov" - oJ agitazione.
Eros è il dio più calunniato
L’amore invero non è dolore, tanto
meno è violenza.
L’amore è gioia ed è comprensione, è
intelligenza.
Le Argonautiche e
altri testi tendono a infamare Eros suscitando sospetto o addirittura odio tra
i maschi e le femmine come ora fanno i razzisti di entrambi i sessi
Da tanti resoconti di giornali
appare e pare che l’unico amore benedetto, e ora pure santificato dal
matrimonio, sia quello tra omosessuali. L’eterno richiamo tra sessi diversi
sembra sia pericoloso e dopo tutto deleterio.
Poi c’è la contraddizione del
lamento sulle culle vuote.
Ma sentiamo i poeti nemici di Eros.
Solo pochissimi esempi ma potri farne a bizzeffe
La Luna, come vide Medea correre
verso Giasone, gioì con malizia e disse tra sé: non solo io brucio per il
bell’Endimione, io che ho dovuto obbedire ai tuoi riti: ora il daivmwn
ajlginoveiς (Argonautiche,
IV, 64), il dio del dolore ti ha dato il penoso Giasone per la tua angoscia.
Vai a sopportare dolori infiniti.
Esecrazione dell’amore come nel
finale dell’Ippolito di Euripide dove Teseo maledice Afrodite
dicendo: wJς polla;, Kuvpri, sw'n kakw'n memnhvsomai (1461), quante volte Cipride mi ricorderò dei
tuoi delitti.
Cfr. anche “nequiquam quoniam
medio de fonte leporum/ surgit amari aliquid quod in ipsis floribus angat” (De rerum natura, IV, vv. 1131 - 1134).
Virgilio, mosso a compassione della
regina cartaginese abbandonata da Enea e non volendo del resto incolpare il suo
eroe, ritorce e fa ricadere sull'amore la maledizione indirizzata a Enea
dall'amante :"Improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis!"[1] (v. 412), malvagio Amore, a cosa non
costringi i petti mortali!
E' un'apostrofe contro l'amore che
viene messo allo stesso livello dell'auri sacra fames , la
maledetta fame dell'oro la quale ha spinto il re di Tracia a sgozzare l'ospite
Polidoro:"Quid non mortalia pectora cogis,/ auri sacra fames! "
(Eneide , III, 56 - 57).
Il cristianesimo, non quello di
Cristo e degli evangesisti, bensì quello dei dis - angesisti come Nietzsche
deginisce l’apostolo Paolo ha contribuito alla diffamazione dell’amore
“Il cristianesimo diede a Eros del veleno da
bere: egli non ne morì, ma degenerò in vizio”[2].
“La predica della castità è un pubblico incitamento alla contronatura”[3].
“Il Cristianesimo aveva cioè detto
che ogni uomo è concepito e generato[4] nel peccato, e nell’insopportabile
Cristianesimo superlativo di Calderòn questo pensiero fu accolto e incorporato
ancora una volta, sicché egli osò il più strambo paradosso nei noti versi
La più gran colpa dell’uomo
È di essere nato[5]
“Stringere la procreazione degli
uomini in fraterna unione con la cattiva coscienza! Infine questa diabolizzazione
di Eros ha avuto un epilogo da commedia: il “diavolo” Eros è divenuto a
poco a poco più interessante per gli uomini di tutti gli angeli e i Santi,
grazie al sommesso parlottare e all’aria di mistero della Chiesa su tutti i
fatti erotici”[6].
A dirla tutta anche tra i
Greci le divinità dell’amore erano molto importanti e non poco
inquietanti .
Afrodite è la divinità del pantheon greco più diffusa. “La
sua universalità in Grecia è adeguatamente descritta da lei stessa nei versi
iniziali del prologo dell’Ippolito di Euripide (vv. 1 - 8). Zeus
può avere santuari più pretenziosi - vengono in mente Olimpia o Dodona, al pari
dei templi e dei santuari di Apollo - ma per la totale partecipazione popolare,
attraverso rappresentazioni scultoree e pittoriche in templi che offrivano la
performance rituale dell’atto sessuale… nessuna divinità era sua pari in
Ellade”[7].
Ecco come si presenta Cipride entrando in scena all’inizio dell’Ippolito: “ Pollh;
me;n ejn brotoi'" koujk ajnwvnumo" - qea; kevklhmai Kuvpri~,
oujranou' t j e[sw ( vv. 1
- 2), grande e non oscura dea, sono chiamata Cipride, tra i mortali e nel
cielo. Nel primo episodio la nutrice di Fedra le attribuisce una
forza d'urto ineluttabile:" Kuvpri" ga;r ouj forhto;n h]n
pollh; rJuh'/" (v. 443), Cipride infatti non è sostenibile
quando si avventa con tutta la forza. E' la Venere tota ruens dell'Ode I
19 per Glicera di Orazio.
La potenza di Cipride viene
celebrata anche all'inizio della Parodo delle Trachinie di
Sofocle:"mevga ti sqevno" aJ Kuvpri" ejkfevretai - nivka" ajeiv" (vv. 497 - 498), Cipride
porta con sé una grande potenza, sempre vittorie.
Vediamo la strofe del terzo stasimo
dell’Antigone di Sofocle.
Terzo Stasimo, 781 - 800.
E' un inno a Eros, invincibile in
guerra, capace di abbattersi sulle ricchezze e di riposare sulle morbide guance
delle ragazze. Egli è in movimento sul mare e nelle dimore agresti; è
inevitabile da parte dei mortali e degli immortali che vengono resi folli da
lui. Amore può traviare le menti dei giusti e renderle ingiuste, può spingere i
consanguinei alla contesa, quando il desiderio degli occhi di una fanciulla
detta legge, poiché in quella luce c'è qualche cosa di divino.
vv. 781 - 790. Strofe.
Eros invincibile in battaglia,/Eros
che sulle ricchezze ti abbatti,/che nelle morbide guance/della fanciulla
trascorri la notte,/vai e vieni tanto sul mare quanto/nelle agresti dimore:/e
degli immortali nessuno ti sfugge/né degli uomini effimeri;/ma chi ti possiede
è impazzito". - ajnivkate: forma dorica per ajnivkhte. "In realtà contro Eros non
esiste rimedio (" [Erwto" ga;r oujde;n favrmakon") né pozione né pasticca né
incantesimo se non il bacio, l'abbraccio e stendersi insieme con i corpi
nudi"[8].
Eros si associa a Eris, al fuoco e
alla follia.
Bologna 29 ottobre 2020, ore 10 e 5
minuti. giovanni ghiselli
p. s.
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[1] "Il primo emistichio ripete un
motivo dell' VIII Bucolica, v. 47: Saevus amor, e
49/50 Improbus ille puer: la conclusione del verso ripete III,
56". R. Calzecchi Onesti, op. cit., p. 295.
[2] Di là dal bene e dal male, Aforismi e
interludi, 168.
[3] L’anticristo, p. 204
[4] Cfr. C. Pavese " Se il chiavare non fosse la cosa più importante della vita, la
Genesi non comincerebbe di lì" (C. Pavese, Il mestiere di vivere , 25 dicembre, 1937). Ndr.
[5] La vita è sogno, attio I, scena II.
[6] Aurora, p. 57
[7] Havelock, Eric A. Havelock, Alle
origini della filosofia greca Una Revisione storica, trad it. Laterza, Roma - Bari,
1996. Titolo originale The Preplatonic Thinkers of Greece. A
revisionist history, p. 137
[8]Longo Sofista, Romanzo pastorale di
Dafni e Cloe , II, 7.
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