giovedì 15 ottobre 2020

"Filosofi lungo l'Oglio" VI

frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia 
PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI GREEK QUI


Argomento

La lezione degli antichi viene dalla letteratura, dalla storia, dalla filosofia e dalle arti figurative

 

Per quanto riguarda la letteratura abbiamo già visto diversi autori.

Per le arti figurative segnalo il frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia e l’altare di Pergamo dove si vede la lotta tra il caos e il cosmo con la vittoria dell’ordine sul guazzabuglio, della bellezza sull’orrore, della cultura sulla barbarie, dell’umanità sulla ferinità.

I Titani e i giganti, i centauri di Olimpia che infliggono violenza alle donne dei Lapiti sono gli eterni nemici della cultura

Per quanto concerne la storia, credo che non conoscerla infici la nostra crescita in termini culturali e pure umani

 L’ignoranza del passato è una limitazione mentale che impedisce di progettare il futuro.

Lo afferma Cicerone nell'Orator [1]: "Nescire autem quid ante quam natus sis acciderit, id est semper esse puerum. Quid enim est aetas hominis, nisi ea memoria rerum veterum cum superiorum aetate contexitur? " (120), del resto non sapere che cosa sia accaduto prima che tu sia nato equivale ad essere sempre un ragazzo. Che cosa è infatti la vita di un uomo, se non la si allaccia con la vita di quelli venuti prima, attraverso la memoria storica?

 

 

La storia universale e l'idea dell'unità, in Polibio Posidonio, Cicerone, Hermann Hesse.

 

 Polibio (II sec. a. C.) afferma l'universalità della sua storia polemizzando con le scelte più o meno monografiche degli altri storiografi: per esempio condanna Teopompo (378 - 306) per le Storie Filippiche. 

Queste del resto scoprono la "centralità di Filippo, in tutto analoga alla 'scoperta' polibiana della centralità dell'espansionismo romano".

Così Canfora che poi aggiunge:" E' dunque quella polibiana, una disputa alquanto nominalistica nei confronti dei predecessori. Oltre tutto, nonostante le insistenti proclamazioni, il racconto polibiano finisce ben presto col suddividersi in teatri di operazioni; ed in particolare le vicende della lega achea danno corpo ad un racconto minuzioso e settoriale (veri e propri jAcaikav) quanto mai stridente con l'organicismo di grande respiro del programma generale.

Il fatto è che Polibio ripercorre la strada tucididea.

Polibio replica la 'scoperta' tucididea (manifestata nel proemio) del convergere - come Tucidide si esprime - di "quasi tutti gli uomini" nell'ingranaggio di un unico evento "grandissimo". Per Tucidide tale evento è la guerra peloponnesiaca (...) per Polibio tale evento è l'espansione romana tra la seconda punica e Pidna (con una "introduzione" costituita dalla prima punica). Dunque Polibio non 'inventa' la ricetta per risolvere le aporie in cui si dibatte chi tenti la strada della storia universale, sì piuttosto constata che in certi momenti della storia politico - militare delle nazioni si determina un annodamento (sumplevkesqai[2]) degli eventi"[3].

 

E' una constatazione, aggiungo, dalla quale partono o cui arrivano anche diversi autori di drammi, di romanzi e di film che nelle loro opere mostrano intrecci o “annodamenti” degli eventi causati dal destino cieco o provvidenziale, a seconda delle fedi o delle ideologie.

Quello dell'intreccio insomma è un criterio dal quale non può prescindere chi scrive.

La concatenazione e l'intreccio in ogni caso rimandano all'idea dell'unità che è una meta inseguita, anche come scopo personale, da altri autori: Hermann Hesse per esempio scrive:" In nulla al mondo, infatti, io credo così profondamente, nessun'altra idea mi è più sacra di quella dell'unità, l'idea che l'intero cosmo è una divina unità e che tutto il dolore, tutto il male consistono solo nel fatto che noi, singoli, non ci sentiamo più come parti inscindibili del Tutto, che l'io dà troppa importanza a se stesso. Molto dolore avevo sofferto in vita mia"[4].

 

 A questo punto diamo di nuovo la parola a Canfora che individua in un "geniale continuatore" di Polibio, Posidonio di Apamea, filosofo stoico e storico" maestro di Cicerone "la soluzione ad un livello ben più alto, dell'aporia della 'storia universale'.

Le Storie dopo Polibio di Posidonio[5] non sono conservate, ma ve ne è traccia notevole nella benemerita Biblioteca di Diodoro: e soprattutto nel proemio diodoreo sono sviluppati pensieri che sembrano risalire appunto al proemio posidoniano. Innanzi tutto l'idea stoica della storia universale come proiezione della fratellanza universale che collega in un nesso solidale - come membra di un unico corpo, secondo l'espressione senecana - tutti gli esseri umani. La storia universale "riconduce ad un'unica compagine gli uomini, divisi tra loro nello spazio e nel tempo, ma partecipi di un'unica reciproca parentela" (Diodoro, I, 1, 3).

Oltre che "strumento della provvidenza divina (uJpourgoi; th'" qeiva" pronoiva") ", perciò gli storici sono anche benefattori del genere umano: e la storiografia - prosegue Diodoro - oltre ad essere profh'ti" th'" ajlhqeiva" è anche "madrepatria della filosofia (mhtrovpoli" th'" filosofiva")" (I, 2, 2).

 Allora se le leggende mitiche relative all'Ade contribuiscono al sentimento religioso, bisogna supporre che la storia possa preparare i caratteri umani alla kalokajgaqiva (I, 2, 2).

 

Vediamo alcune altre parole di Diodoro[6]:"e[peita pavnta" ajnqrwvpou", metevconta" me;n th'" pro;" ajllhvlou" suggeneiva", tovpoi" de; kai; crovnoi" diesthkovta", ejfilotimhvqesan uJpo; mivan kai; th'" aujth;n suvntaxin ajgagei'n, w{sper tine;" uJpourgoi; th'" qeiva" pronoiva" genhqevnte" " (1, 1, 3), poi essi[7] aspirarono a ricondurre tutti gli uomini che partecipano ad una comunanza di stirpe tra loro, ma sono separati da luoghi e da tempi, a una solo e medesimo sistema , come se fossero in un certo senso aiutanti della divina provvidenza. 

 

L'idea della fratellanza tra tutti gli uomini si trova anche in Cicerone, allievo latino di Posidonio, e, indirettamente, di Panezio che fu maestro di Scipione Emiliano, e dal 129 a. C. primo maestro della Stoà. Cfr . De Officiis III, 25 citato sopra



[1] Del 46 a. C.

[2]I, 3, 4.

[3]L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 527.

[4]H. Hesse, La Cura , p. 77.

[5] di Apamea, 135 - 50 a. C. ca.

[6] Primo secolo a. C. (80 - 20 circa)

[7] Gli autori di storie universali cui tutti gli uomini devono gratitudine (1, 1, 1).

 

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLVII. Il teatro di legno, la puszta e la csárda

.   Nella O di legno [1] del teatro   dunque l’anno seguente a questo che sto raccontando la mia giovane amante avrebbe pregato. Ch...