martedì 27 ottobre 2020

"Argonautiche" di Apollonio Rodio. 9. III (vv. 1-470)

ricostruzione dell'Atena crisoelefantina
Argomenti

Era e Atena chiedono ad Afrodite di mandare Eros a colpire Medea perché si innamori di Giasone. Cipride accetta e dà l’incarico al figlio promettendogli un dono meraviglioso.

Il figlio di Esone si presenta nel palazzo di Eeta che gli prescrive di superare dell prove difficilissime se vuole avere il vello d’oro.

Giasone è scoraggiato ma intanto Medea è già rimasta colpita da Eros e da lui, e lo pensa continuamente.

Analogie con l’innamoramento dell’infelice Didone per Enea.

 

Oggi terrò la seconda lezione alla Primo Levi: dalle 18 alle 20

 

 

Apollonio invoca Erato la musa della poesia amorosa e le chiede di raccontare come Giasone superò le prove Mhdeivhς ujp j e[rwti (3) grazie all’amore di Medea. 

Era e Atena si consultano. Era suggerisce di andare da Afrodite perché mandi Eros ad ammaliare Medea facendola innamorare di Giasone che può farcela con le astuzie di lei.

Vanno alla mevga dw'ma di Afrodite costruita da Efesto.

Cipride si pettinava lasciando cadere da ambo le parti i capelli e facendone delle trecce –plokavmouς - 47.

 La dea accolse le altre due raccogliendo le chiome non curate dal pettine. Chiede la ragione della visita insolita da parte delle due dèe più grandi.

Era le raccomanda Giasone che la prese sulle spalle in veste di povera vecchia e le fece passare il fiume Anauro. Inoltre non vuole che rida di lei Pelia che le ha tolto l’onore dei sacrifici

(Cfr. l’orrore della derisione nella Medea di Euripide e nell’ Aiace di Sofocle).

Era chiede quindi l’intervento di Eros per ammaliare Medea che può aiutare Giasone in quanto la ragazza è dolovessa 89 (cfr. Odisseo). Afrodite dice che il figlio non si cura molto di lei, ma ci proverà.

Andò a cercarlo e lo trovò nel giardino fiorito di Zeus che si trastullava con Ganimede. Giocavano con gli astragali ossicini usati come dadi.

Cfr. i bambini nella letteratura ellenistica Zopirino delle Siracusane di Teocrito, p. e.

 Eros insaziabile (mavrgoς 120) ingannava Ganimede e vinceva. La madre promette a Eros una sfai'ra veloce, quella che fece per Zeus la nutrice Adrastea nell’antro dell’Ida. E’ una sfera fatta di cerchi dorati e, lanciata per aria, lascia un solco splendente ajsth;r w{ς, come una cometa. Eros la vorrebbe subito, ma la madre pretende prima il favore. Allora Eros contò gli astragali e li depose nello splendido seno della madre ka;d j de; faeinw'/ bavle kovlpw/ mhtrovς 155. Nella letteratura ellenistica cresce anche la componente erotica seguita poi dai poetae bovi e dagli elegiaci romani.

 

Intanto Giasone parla ai compagni e dice che andrà da Eeta con i figli di Frisso. Cercherà di convincerlo con la parola. Spesso il discorso ottiene più dell’azione.

Eeta ha accolto Frisso poiché anche il più cane degli uomini kuvntatoς ajndrw'n 192 rispetta la legge di Zeus protettore degli ospiti qevmin Zeno;ς xeinivou. Cfr. Nausicaa ed Eumeo.

 

Giasone si mosse con i Frissidi, poi Telamone e Augia figlio del Sole, quindi fratello di Eeta.

Videro su un colle dei cadaveri di uomini appesi a degli alberi. Era un cimitero. Le donne invece vengono inumate.

 Era li nascose con una nebbia come fece Atena con Odisseo giunto tra i Feaci (Od. VII, 14 - 17).

Il palazzo di Eeta ricorda quello di Alcinoo (Odissea, VII 81 - 83).

Eeta aveva come figli Assirto partorito da Asterodea una ninfa del Caucaso; poi da Idea, figlia di Oceano e Teti, aveva avuto Calciope e Medea che era sacerdotessa di Ecate.

Medea vide gli Argonauti e gridò. Uscirono le ancelle e Calciope che vide i suoi figli. Poi escono Eeta e la sua sposa Idea

 

Ma giunse anche Eros, violento come l’assillo oi\stroς 276 che si scaglia sulle giovani vacche e i mandriani chiamano muvwpa tafano. Eros prese una freccia foriera di pene poluvstonon ijovn (279 stovno" gemito.). Scagliò il dardo contro Medea. Una incapacità di parlare prese l’anima di lei th;n ajmfasivh lavbe qumovn (284). La freccia ardeva bevloς ejnedaiveto sotto il cuore della fanciulla flogi; ei[kelon, come una fiamma.

Guardava Giasone e consumava l’animo in un dolce affanno glukerh'/ ajnivh/ (290). Il terribile Eros la faceva bruciare.

 

Parla Eeta e nota la lunghezza del viaggio che sua sorella Circe fece in senso contrario agli Argonauti, quando il loro padre il Sole la portò sul Tirreno.

Risponde Argo che era il più anziano dei nipoti di Eeta.

Argo chiede il vello d’oro e suo nonno si infuria. Teme che vogliano togliergli il potere. Giasone gli promette aiuto contro i Sauromati

Allora Eeta gli prospetta delle prove: l’ospite deve aggiogare due tori dai piedi di bronzo e dalle bocche che spirano fuoco, poi deve seminare i denti del drago tebano che diventeranno uomini armati i quali dovranno essere falciati. Eeta sa fare questo e non vuole dare il vello a uno da meno di lui.

 

Giasone rimane ajmhcanevwn kakovthti (424) privo di mezzi davanti alla sua disgrazia.

Cfr. il polumhvcanoς Odisseo. Ora, attraverso Euripide, siamo arrivati al graeculus.

 Tuttavia Giasone risponde che lo farà costretto dalla necessità spietata kakh; ajnavgkh (430). Poi esce, splendido per la bellezza e la grazia. Medea fissava su di lui o[mmata loxav (445) gli occhi obliqui scostando il velo, e la mente volava dietro lui che partiva. Poi ripensava a come Giasone parlava, sedeva, si muoveva e pensò che non c’era nessun altro uomo siffatto (457) e le tornavano in mente le parole di lui. Ma era combattuta.

 

Cfr. l’innamoramento di Didone, anche lei colpita dalla freccia di Eros in favore di Enea.

"Multa viri virtus animo multusque recursat/gentis honos haerent infixi pectore voltus/verbaque nec placidam membris dat cura quietem" (Eneide, IV, vv. 3 - 5), il gran valore dell'eroe e la grande gloria della stirpe le ricorrono al pensiero, le sembianze e le parole le stanno ficcate nel cuore e l'affanno non concede alle membra un riposo tranquillo. 

Questi primi versi, prefigurando la catastrofe finale, presentano l'amore come tormento: le sembianze e le parole di Enea, invece di procurare gioia alla regina, sono infissi nel petto come dardi dolorosi e Didone, al contrario di Enea, non trova riposo. Diverso, sproporzionato è dunque l'investimento, e questa è la prima causa che crea dolore negli amanti, tragicamente in uno dei due. Gli strumenti seduttivi di Enea, oltre la virtus raccontata e connessa pure etimologicamente al vir che ne è dotato[1], sono l'aspetto bello (voltus, non per niente Enea è figlio e protetto di Venere[2] che lo ha pure imbellito[3]) e le parole (verba).

 Sono gli eterni mezzi del seduttore; gli stessi che usa Odisseo, anche lui infatti reso più bello dalla sua dea che è Atena[4].

Fuoco ferita e follia tutti insieme tormentano Didone durante la successiva cerimonia religiosa con cui la regina cerca la pace:"Heu vatum ignarae mentes! quid vota furentem,/ quid delubra iuvant? Est mollis flamma medullas/interea et tacitum vivit sub pectore volnus./ Uritur infelix Dido totāque vagatur/urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta" (IV, vv. 65 - 69), Ahi menti ignare dei vati! a che giovano i sacrifici, a che i templi a chi è fuori di sé? divora i teneri midolli la fiamma intanto e si ravviva in silenzio la ferita sotto il petto. Brucia l' infelice Didone e vaga fuori di sé per tutta la città, quale cerva dopo che è stata scagliata la freccia.

 

Nel primo monologo (Argonautiche, III, 464 - 470) Medea pensando sempre a Gisone dice ejrrevtw vada in malora e nello stesso verso (466) “possa sfuggire alla morte”. La novità è mostrare il tentativo di repressione di Eros. La ragazza Aveva la mente sconvolta

 

Bologna 27 ottobre 2020 ore 11, 12.

giovanni ghiselli

 

p. s

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[1] Appellata est enim ex viro virtus: viri autem propria maxime est fortitudo, cuius munera duo sunt maxima: mortis dolorisque contemptio " (Cicerone Tusc., 2, 43), la virtù infatti deriva da vir ed è soprattutto propria dell'uomo la fortezza i cui principali compiti sono due: il disprezzo della morte e del dolore. Enea disprezzerà sì la morte e il dolore, non i i propri, bensì quelli dell'amante Didone.

[2] R. Graves nel pamphlet antivirgiliano citato sopra sostiene che "Virgilio è avverso al principio femminile sino al punto di non voler vedere in Venere altro che la Vergine e la madre apparse successivamente, nel primo libro (v. 327 e vv. 405 - 406), a Enea" (M. Barchiesi, I moderni alla ricerca di Enea, p. 15).

[3] Eneide I, 588 - 593.

[4] Odissea, VI, 232 - 235)

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