domenica 4 ottobre 2020

Le figure femminili nei poemi epici greci e latini. VII. Esiodo e l'antifemminismo

"Pseudo-Seneca", poi identificato come busto di Esiodo

PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT 
HELLENIKA QUI GREEK QUI


Parte III della prima conferenza che terrò alla Primo Levi il 13 ottobre dalle 18 alle 20 con probabili successivi ampliamenti

 

Argomenti

Esiodo padre dell’antifemminismo. Pandora, Epimeteo e Prometeo. Luoghi di antifemminismo diventati comuni. Eva Cantarella invece sostiene che la genesi dell’antifemminismo si trova già nell’Odissea.

 

Esiodo (fine dell’VIII secolo a. C.) è il padre dell’antifemminismo letterario europeo.

Si pensi alla storia di Pandora, il “bel malanno”.

Questa prima donna esiodea, chiamata Pandora poiché tutti gli dèi le avevano fatto un dono, questo inganno scosceso e senza rimedio ("dovlon aijpu;n ajmhvcanonOpere e giorni , v. 83), venne accolto incautamente da Epimeteo.

 

Oggi i politici incapaci e gli scrittori insignificanti hanno un atteggiamento epimeteico riguardo agli eventi dei quali parlano o scrivono.

Epimeteo è quello che pensa dopo e troppo tardii (ejpimhqevomai).

Il critico accorto invece è prometeico, preveggente (promhqhv").

Conosce il passato, capisce il presente ed è capace di prevedere il futuro come il Temistocle delle Storie di Tucidide. Egli "oijkeiva/ xunevsei" con la propria facoltà di capire, era "tw'n te paracrh'ma di j ejlacivsth" boulh'" kravtisto" gnwvmwn", ottimo giudice della situazione presente attraverso un rapidissimo esame" e "tw'n mellovntwn ejpi; plei'ston tou' genhsomevnou a[risto" eijkasthv"" (I, 138, 3), e ottimo a congetturare il futuro per ampio raggio in quello che sarebbe accaduto. Prevedeva benissimo i danni o i vantaggi quando erano ancora avvolti nell’oscurità: “tov te a[meinon h] cei'ron ejn tw/' ajfanei' e[ti proewvra malista”.

 

 Epimeteo dunque, invano messo in guardia da Prometeo, accolse Pandora la quale diffuse mali e malattie sulla terra e sul mare togliendo il coperchio all'orcio dove le sciagure erano rinchiuse, sicché ora: "pleivh me;n ga;r gai'a kakw'n, pleivh de; qavlassa", v. 101, piena è la terra di mali e pieno il mare. Nel vaso, sul quale infine la prima donna, questa Eva dei Greci, ripose il coperchio per volere di Zeus, rimase solo la Speranza (Mouvnh d j aujtovqi jElpiv", v. 96).

La speranza dunque è forse un male.

 

La donna secondo Esiodo è il più delle volte una cosa bella e cattiva:"kalo;n kakovn" (Teogonia , 585). E' piena di grazia, ma ha una mente da cane e un carattere scaltro (ejpivklopon h\qo" - Opere e giorni, 67). Le donne partecipano solo alle opere malvagie (Teogonia , 601 sgg.), e chi sposa una donna cattiva ha un'angoscia costante.

 Dal mito di Pandora (Opere e giorniTeogonia) traspare un apprezzamento crudo e malevolo della donna. Zeus si era sdegnato poiché Prometeo l'aveva ingannato "ejxapavthse" (Opere e giorni, 48). Una volta gli uomini potevano vivere senza lavorare, ma Zeus li punì per colpa di Prometeo che rubò il fuoco per darlo ai mortali. Allora Zeus decise che agli uomini in cambio del fuoco avrebbe dato un malanno: "Toi'" d jejgw; ajnti; puro;" dwvsw kakovn", 57. Efesto allora fece la donna mescolando terra con acqua: con questi elementi formò un incantevole corpo di vergine.

Atena le insegnò l'arte di tessere, le diede il cinto e gli ornamenti (66); Afrodite le versò sul capo il fascino e la passione struggente"cavrin (...) kai; povqon ajrgalevon (66) e gli affanni che fiaccano le membra. Le Grazie Cavrite" e Persuasione possente - kai; povtnia Peiqwv (73) le posero collane d'oro intorno al collo;

le Ore dalle belle chiome - |Wrai kalliivkomoi - 75 la incoronarono con i fiori di primavera.

Infine Ermes infuse in lei un animo sfacciato e un costume da ladro (Opere, 67), menzogne, discorsi seducenti e un carattere scaltro, inoltre le diede la parola e la chiamò Pandora poiché tutti le avevano dato un dono (81).

 

Vedremo poi altri scrittori frustrati dalle donne e malevolentissimi verso di loro

 

Ma torniamo per un momento a Jaeger e all’Odissea per mettergli a confronto una critica contrastiva di tipo “femministico”.

“Questa sua (scilicet della moglie del re) dignità spirituale influisce anche sul comportamento amoroso dell'uomo. Nel primo canto dell'Odissea, che rappresenta in tutto idee morali più raffinate che le parti più antiche dell'epopea, troviamo un tratto notevole quanto alla relazione tra i due sessi. Quando Euriclea, la fida e onorata servente, scorta con la fiaccola Telemaco sino alla stanza da letto, il poeta, al modo epico, ne narra brevemente la vita. Il vecchio Laerte la comperò un giorno, quand'era una bella fanciulla, a carissimo prezzo. Per tutta la vita la tenne nella sua casa in onore pari a quello in cui era la nobile consorte, ma, per riguardo a questa, senza mai divider con essa il letto" [1].

 

Eva Cantarella non condivide questa visione e riporta dei versi che contraddicono quelli citati sopra. La figlia di Raffaele Cantarella, accademico dei Lincei sicuramente dunque “non sprotetta”, scrive:

“La donna omerica non è solo subalterna, ma è anche vittima di un’ideologia inesorabilmente misogina. Sotto il paravento di un affetto paternalistico, peraltro assai fragile, l’eroe omerico diffida della donna, foss’anche la più devota e sottomessa. Ulisse, tornato a Itaca, aspetta di aver ucciso i Proci, prima di rivelarsi alla moglie. Egli si rivela a Telemaco, a Euriclea, a Eumeo: a Penelope, invece, solo dopo che la vendetta è stata compiuta. E non a caso

 

…con la donna non essere mai dolce,

non confidare ogni parola che sai,

ma di’ una cosa, e lascia un’altra nascosta

 

gli aveva consigliato l’ombra di Agamennone nell’Ade[2].

Agamennone (ucciso dalla moglie Clitennestra), aveva, questo è vero, i suoi buoni motivi per pensarla così. Ma dalla sua esperienza personale aveva tratto una generalizzazione:

 

Altro ti voglio dire e tu mettilo in cuore:

nascosta, non palese, alla terra dei padri

fa approdare la nave: è un essere infido la donna[3].

Neanche Penelope, dunque (che, pure, Agamennone loda per la sua fedeltà), è al riparo dal sospetto”[4].

 

Vediamo meglio questa storia della misoginia di Agamennone.

Nella Nevkuia, il canto dei morti dell’Odissea (XI), appare a Ulisse la yuchv di Agamennone che è stato scannato come un bue dalla moglie e dall’amante di lei, Egisto.

 L’ex capo degli Achei combattenti a Troia dunque dice a Odisseo: “oujk aijnovteron kai; kuvnteron a[llo gunaikov~”  (Odissea, XI, 427), non c’è altro elemento più atroce e cane di una donna che tali orrori si getti nell’animo. Quel perfido mostro, Clitennestra, ha meditato un misfatto sconcio (ejmhvsato e[rgon ajeikev~, v. 429) e ha coperto di infamia tutte le donne future.

A dirla tutta, Agamennone tornò da Troia con Cassandra, la bellissima e folle figlia di Priamo.

Euripide, nell’Ifigenia in Aulide, userà questo e altri argomenti per giustificare e rivalutare Clitennestra. Lo vedremo se verrà richiesto.

Ma qualche giustificazione dell’odio di Clitennestra possiamo indicarla già ora: Agamennone nell' Iliade , afferma di preferire Criseide alla moglie in quanto la schiava - amante non era inferiore a Clitennestra " né per il corpo né per la figura né per la mente né per le opere" (I, 115).

Leggendo l'Agamennone di Eschilo anzi. pare che sia stato questo amore ancillare troppo elogiato a mettere in moto il risentimento di Clitennestra che dopo l'assassinio dello sposo grida: "kei'tai gunaiko;" th'sde lumanthvrio" - Crushivdwn meivligma tw'n uJp j jIlivw/" (vv. 1438 - 1439), giace a terra il distruttore di questa donna,/la delizia delle Criseidi sotto Ilio.

Ma torniamo al canto dei morti dell’Odissea e concludiamo l’argomento “Tu, continua Agamennone, non essere mite con la donna, e non confidarti: fai approdare la nave di nascosto: “ejpei; oujkevti pista; gunaixivn ” (v. 456), con le donne non ci sono patti fidati.

Quanto alla diffidenza di Odisseo nei confronti di Penelope denunciato dalla Cantarella, ancora più grande e ostinata è nel poema omerico quella di Penelope verso il marito pure dopo che avrà ucciso i proci. Ma questo vedremo più avanti.

 

Bologna 4 ottobre 2020, ore 18, 20 giovanni ghiselli



[1] Jaeger, Paideia 1, pp. 63 - 64.

[2] Od., 11, vv. 441 - 443.

[3] Od., 11, vv. 454 - 456.

[4] Eva Cantarella, L’ambiguo malanno, p. 46.

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLVII. Il teatro di legno, la puszta e la csárda

.   Nella O di legno [1] del teatro   dunque l’anno seguente a questo che sto raccontando la mia giovane amante avrebbe pregato. Ch...