venerdì 23 ottobre 2020

Conferenza su Kafka (Cento, 7 novembre 2020). 6. L’educazione nei Diari di Kafka

dai diari di Kafka
Argomento

L'educazione. Il problema dell'identità ostacolata

Kafka Diari
Domenica 19 giugno 1910

“la mia educazione ha voluto fare di me un uomo diverso da quello che sono diventato. Rinfaccio dunque ai miei educatori il danno che, secondo loro, avrebbero potuto arrecarmi. Faccio dei miei rimproveri e delle mie risate un rullo di tamburo che li raggiunga fin nell’al di là.

La mia educazione ha fatto più guasti di quanti io riesca a comprendere

Tuttavia ho dentro di me fin dalla nascita il centro di gravità che neanche la più pazza educazione è riuscita a spostare. Ho ancora il centro di gravità, ma non ho più il corpo di una volta quando anche se piuttosto piccolo e un po’ grasso piacevo alle ragazze.

 

Altrove invece dice di essere alto e magro. Insicurezza anche dell’identità corporea. Ma forse attribuisce tutto questo a un alter ego. Spesso Kafka non è perspicuo. Forse lo fa apposta, di proposito ndr.)

 

E un centro di gravità che non lavori diventa piombo ed è fitto nel corpo come una pallottola di schioppo.

 

Il centro di gravità che non funziona è l’identità che va in crisi.

Cfr. il tuo studio e il tuo sport sospesi negli anni 1964-1965 con desiderio di annullamento. La salvezza è stata ritrovare e questo centro di gravità e farlo funzionare bene, meglio di prima: tw` pavqei mavqo". Sempre che il dolore non ti uccida. Ma qualcuno mi aiutò: Dio mi aiutò. E Fulvio. Poi le zie, quindi la nonna mi aiutarono. Via via che ridiventavo me stesso mi aiutavano sempre più persone. Anche quando non era necessario. Con la mia identità che funzionava bene esercitavo avevo ritrovato la mia capacità attrattiva. Lo scrivo per i giovani e meno giovani: non perdete mai la vostra vera identità! Si rischia di perdere la vita!   

 

Non mi pento, anche se il pentimento sarebbe un bene per me poiché si squaglia in lacrime

Cfr. la dolcezza delle lacrime in Euripide.

 Il pianto può sciogliere il dolore e avviarlo a comprendere la sofferenza propria e quella degli altri.

 

Le lacrime manifestano commozione e la creano. Alcuni autori hanno simpatia per le lacrime: Euripide è stimolato a comporre dal carattere patetico del soggetto: al drammaturgo ateniese, come a Virgilio[1], interessano le situazioni che grondano pianto. Piangere può essere consolatorio: "come sono dolci le lacrime  per quelli che stanno male (wJ" hJdu; davkrua toi'" kakw'" pepragovsi )/e i lamenti dei pianti e una musa che narri il dolore " afferma il coro delle Troiane (vv. 608-609).

 

La razionalità viene sopraffatta dal patetico e dal pianto che può essere pure piacevole: "avanti, ridesta lo stesso lamento/solleva il piacere che viene dalle molte lacrime (a[nage poluvdakrun aJdonavn)", si esorta Elettra  nella tragedia euripidea di cui è eponima (Elettra, vv. 125-126).

 

 Nell'Elena di Euripide,  Menelao che ha ritrovato Elena dichiara il suo amore e la sua felicità con il pianto: "le mie lacrime  sono motivo di gioia: hanno più/dolcezza che dolore"(654-655).

 

Torniamo a Diari, Domenica 19 giugno 1910

Come dicevo, la mia imperfezione non è innata, non è meritata, ma ciò nonostante la sopporto. Ma al di là di ciò sono ancora io stesso, colui che ha deposto ora la penna per aprire la finestra, il migliore aiuto, forse dai miei assalitori.

 

Non è perspicuo: l’aiuto migliore è penna o la finestra? ndr.

 

Io infatti mi sottovaluto e ciò è già un sopravvalutare gli altri , ma io li sopravvaluto anche altrimenti e, prescindendo da ciò, mi danneggio addittura. E se mi hanno nociuto per affetto, ciò rende ancor maggiore la loro colpa, poiché chi sa quanto avrebbero potuto giovarmi per affetto.

 

Bologna, 23 ottobre ore 10, 50 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Cfr. :" sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt" (Eneide, I, 462), ci sono lacrime per le sventure e le vicende mortali toccano il cuore.

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