martedì 6 ottobre 2020

Un assaggio della conferenza su Kafka: la Lettera al padre

Argomento

Kafka commentato con Kafka stesso secondo il metodo già suggerito da Aristarco di Samotracia. Ho utilizzato la Lettera al padre e pure testi di altri autori.

Lector, intende: laetaberis.

 

Josef K. sente caldo e vorrebbe aprire una finestra ma il pittore rispose che era una lastra fissa e non si poteva “Il senso che l’aria gli era preclusa gli dava il capogiro. Ed era pronto a respirare a bocca aperta persino la nebbia” (Il processo, capitolo VII, L’avvocato, l’industriale. Il pittore p. 175) .

Cfr. il soffocamento che proviene dalla difficoltà o impossibilità di vivere secondo la propria identità. Quando riusciamo a evadere da questa prigione, costituita secondo i casi e i caratteri, da una famiglia non senza un tiranno, o dai professori di una scuola cattiva, o da preti autoritari come ce n’erano tanti una volta, pur di trasgredire quegli ordini, facciamo e ci facciamo pure del male.

Cfr. Esiodo.

 

La stirpe d'argento “gevno" ajrguvreon" (Opere e giorni, 127) era diversa nel corpo e nella mente dalla prima, e molto peggiore.. Rimanevano per cento anni presso la madre solerte, infantilmente insensati[1], poi divenivano uomini e vivevano poco tempo, con angosce, a causa della loro stoltezza che non li teneva lontani dalla violenza e dall'empietà. Zeus li nascose sotto terra e divennero demoni di ordine inferiore.

 

Nella Lettera al padre di Kafka (scritta nel 1919) leggiamo: “Bastava la tua corposità a opprimermi (…) Alla tua corposità fisica faceva riscontro quella spirituale. Tu ti eri innalzato con le Tue sole forze, di conseguenza avevi una fiducia illimitata in te stesso (…) La tua sicurezza era così grande che potevi anche essere incoerente e tuttavia non cessavi di avere ragione (…) Acquistati ai miei occhi un alone misterioso, come tutti i tiranni, il cui diritto si fonda sulla loro persona, non sul pensiero”.

 

Il tiranno è spesso un criminale sanguinario. Cfr. il tiranno in Erodoto (III) libro in Tito Livio (I libro) nelle tragedie greche (Antigone di Sofocle p. e.), nel Gorgia e nella Repubblica di Platone

 

Kafka ricorda di avere ricevuto dal padre ammonimenti di questo genere: "Bastava esser felici per qualche cosa, averne l'animo pieno, venire a casa ed esprimerlo, e la risposta era un sospiro ironico, un crollare del capo, un tamburellare delle dita sul tavolo: "s'è già visto qualcosa di meglio" [2].

Non ti attenevi ai precetti che mi imponevi. Perciò il mondo era diviso per me in tre parti: nell’una vivevo schiavo, sottoposto a leggi inventate solo per me e alle quali io, non so per quali ragioni, non sapevo pienamente assoggettarmi; nella seconda, infinitamente lontana dalla mia, vivevi Tu, partecipe al governo, occupato a dare ordini e irritarti quando non erano obbediti, e infine c’era un terzo mondo dove la gente viveva felice e libera da comandi e obbedienze. Io vivevo sempre nella vergogna” (p. 70)

“L’impossibilità di tranquilli scambi di idee ebbe un’altra conseguenza, in fondo assai naturale: io disimparai a parlare” (p. 75).

Cfr. l’Ottavia di Tacito: la giovinetta figlia di Claudio e Messalina, moglie e vittima di Nerone, ragazzo manovrato dalla madre e dai pedagoghi[3] in un ambiente dove c'erano pugnali perfino nei sorrisi[4]: "Octavia quoque, quamvis rudibus annis, dolorem caritatem omnes adfectus abscondere didicerat" ( Annales, XIII, 16), anche Ottavia, sebbene non scaltrita dall'età[5], aveva imparato a nascondere la pena, l'amore e tutti i sentimenti

 

Torniamo alla lettera di Kafka al padre: “Sin dal principio mi vietasti la parola: la Tua minaccia: “non una sillaba di protesta!” e la mano alzata mi accompagnano da anni e anni”

“Rafforzavi le ingiurie con minacce. Era terribile, per esempio, sentirsi dire: “Ti sbrano come un pesce” (p. 77).

 

Uno dei motivi della discrepanza è che Kafka aveva preso dalla madre Jiulie Löwy, come spesso succede ai figli maschi: “Confrontiamoci l’un l’altro: io, in breve sono un Löwy con un certo fondo kafkiano, che però non è mosso dalla volontà di vita, di attività, di conquista dei Kafka, bensì da un aculeo löwyano che agisce più segreto e più pavido in varie direzioni e sovente s’arresta”.

 

“Davanti a Te avevo perduto la fiducia in me stesso, scambiandola con uno sconfinato senso di colpa (…) La diffidenza che cercavi di ispirarmi in negozio e in famiglia contro la maggior parte della gente, la diffidenza alla quale bambino non trovavo conferma, poiché vedevo dappertutto solo persone infallibilmente integre, divenne in me sfiducia verso me stesso e perpetua paura di tutto” (96). 

 

Si può reagire anche in maniera opposta: io alla diffidenza inculcatami da alcuni della famiglia reagii fidandomi di tutti e mi presi grosse fregature. Così imparai a diffidare degli stupidi malvagi che ci sono e non sono pochi purtroppo.

 

 “Più esattamente colpisti con la Tua avversione la mia attività letteraria (…) Qui io avevo fatto veramente un tratto di cammino indipendente da Te. Anche se facevo un po’ pensare al verme che, schiacciato da un piede nella parte posteriore, si libera con la parte anteriore e si trascina da un lato (101).

 

“Da quando ho l’uso della ragione, tanto mi tormenta il problema della sopravvivenza spirituale, che tutto il resto mi è indifferente”

“Ma poiché non ero mai sicuro di nulla (…) anche la cosa a me più vicina, il mio corpo, mi sembrava incerto” (103)

A trentasei anni si parlò “del mio ultimo progetto di matrimonio. Tu mi dicesti pressappoco: “Quella avrà indossato una bella camicetta che la faceva carina, le ebree di Praga se ne intendono, dopo di che tu hai deciso di sposarla. E il più presto possibile, fra una settimana, domani, oggi. Non ti capisco, ormai sei un uomo, vivi in città, e non sai fare di meglio che sposare la prima venuta. Non ci sono altre combinazioni?” (111 - 112)

 

Nell’Antigone di Sofocle, Emone chiede a Creonte, suo padre: "Ma ammazzerai la fidanzata del tuo stesso figlio?" (568).

E Creonte risponde :"Sì: ci sono campi da arare[6] anche di altre" (569)

Più avanti Emone avverte il padre dell'errore che fa volendo imporre a tutti i costi il suo potere dispotico: "Dunque non portare in te stesso un solo modo di pensare: cioé che è retto (ojrqw'" e[cein) questo come lo dici tu, e nient'altro (Antigone, vv. 705 - 706).

Emone si ucciderà vedendo Antigone che si è impiccata nella caverna dove Creonte l’ha fatta rinchiudere, Franz Kafka invece morirà di consunzione ante diem.

 

Sentiamo ancora il nostro Franz: “Mai mi umiliasti di più con parole né mi dimostrasti più chiaro il tuo disprezzo (…) Che io avessi prescelto una determinata ragazza per te non significava niente”

“Perché dunque non mi sono sposato? Vi furono ostacoli, come sempre accade, ma la vita consiste appunto nell’accettare ostacolo” (114)

In greco ostacolo fa provblhma: un ostacolo che chissà chi (probavllei) nel percorso. Ma se l’ostacolo è dentro di te?

“L’impedimento essenziale , purtroppo indipendente da ogni singolo caso, era che io, non v’è dubbio, sono spiritualmente incapace di sposarmi” (114).

Lo stesso è accaduto a me: non ho mai sopportato una convivenza per più settimane né la convivente ha sopportato me. Vero è che non eravamo congeniali l’uno all’altro. Si impara non solo dai successi ma anche dagli insuccessi veri o presunti. Io credo che gli insuccessi veri non esistano: ci insegnano infatti a procedere metodicamente, ossia per un’altra strada (ojdov")

 

Torniamo al Nostro: “Intendi: ho già accennato che con lo scrivere e tutto ciò che vi si ricollega ho fatto alcuni mediocri tentativi di indipendenza e di evasione, ottenendo scarsissimi risultati” (116).

 

Io invece sono contento dei miei: soprattutto da quando ho aperto questo blog dove da quasi otto anni mi leggono mediamente 370 persone al giorno e non pochi mi scrivono.

Non prendo denaro per questo come quando scrivevo nei giornali o per gli editori scolastici, ma ho più lettori, molti di più ed è per essere letto che scrivo. Questo è il risultato. Non credo che i pezzenti i quali vanno a mendicare nelle televisioni pubblicità per i loro libri abbiano tanti lettori quanti ne ho io: il poverello di Pesaro dove pure “monachello mi fecero far quando ero giannetto”.

 

Dunque Kafka ha ricordato i suoi risultati “scarsissimi” con gli scritti. Poi continua così: “Ciò nonostante è mio dovere, o piuttosto è la mia vita stessa vegliare su essi, impedire per quanto sia in me che un pericolo, anzi la sola possibilità di un pericolo li sfiori. Il matrimonio è la possibilità di tale pericolo, pur essendo anche la possibilità di un enorme progresso, ma a me basta che sia la possibilità di un pericolo” (117)

“E’ vero che noi lottiamo l’uno contro l’altro, ma ci sono due modi di lottare. C’è il combattimento cavalleresco, in cui si misurano le forze di due avversari autonomi, ciascuno rimane per sé, perde per sé, vince per sé” (119).

 

Ci sono duelli bellici e pure amorosi fatti così. Eris infatti si associa non solo a Polemos ma pure a Eros.

Il tema catulliano dell’odi et amo - misei'n - filei'n - prosegue in Ovidio il quale negli Amores scrive: "Odi, nec possum cupiens non esse quod odi " (II, 4, 5) odio e non posso non desiderare quello che odio.

Nei successivi Remedia amoris il poeta di Sulmona però rifiuta l’amore che diventa odio o si mescola con esso, atteggiamento tipico di anime poco fini:"sed modo dilectam scelus est odisse puellam;/exitus ingeniis convenit iste feris./ Non curare sat est odio qui finit amorem,/aut amat aut aegre desinet esse miser " (vv. 655 - 658), ma è un delitto odiare una ragazza amata fino a poco tempo prima;/una conclusione del genere si addice ad animi rozzi./Basta non curarsene; chi vuole finire l'amore con l'odio/o ama o con fatica smetterà di essere disgraziato.

 

Torniamo a Kafka: “E c’è la lotta dell’insetto che non soltanto punge, ma che, per conservare la vita, succhia anche il sangue. Costui è il vero soldato di professione, e questi sei tu”

 

Rileggete quanto ho riferito da Lucano e da Machiavelli su un blog recente sulle truppe mercenarie.

 

“Non hai fatto che dimostrare che tutti i miei rimproveri erano giusti, e che anzi vi mancava il rimprovero più esatto di tutti, e cioè quello che si riferiva alla tua insincerità, alla tua piaggeria, al tuo parassitismo” (120).

Kafka si fa una obiezione che potrebbe fargli il padre ma se la fa da solo. Poi però rilancia l’accusa al genitore che lo ha condizionato troppo: “Neppure la Tua diffidenza verso gli altri è tanta quanto quella che provo verso me stesso, e ad essa tu mi hai condotto”

Nella conclusione Kafka riconosce che la vita è più variegata e complicata della sua lettera.

 

Ora possiamo tornare a Il processo

 Ho seguito una norma che ho trovato ottima: commentare i poeti con i poeti: il testo di un autore innanzitutto con altri testi dello stesso autore, secondo il criterio del filologo Aristarco di Samotracia[7] per il quale bisogna spiegare Omero con Omero: “ {Omhron ejx JJOmhvrou safhnivzein"[8]. Inizierò questa conferenza riferendo alcuni critici del Novecento ma credo che la Lettera al padre sia un commento più chiaro e profondo ai romanzi di Kafka.

 

Bologna 6 ottobre 2020 ore 17, 25

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Cfr. Leopardi, Dialogo di Tristano e di un amico (1832):"Amico mio, questo secolo è un secolo di ragazzi, e i pochissimi uomini che rimangono, si debbono andare a nascondere per vergogna, come quello che camminava diritto in un paese di zoppi". 

[2]F. Kafka, Lettera al padre , p. 70.

[3] Soprattutto da Seneca di cui del resto mi sono servito in questo lavoro in quanto me ne sono avvalso personalmente quale educatore, mio e dei miei studenti.

[4] Cfr, Shakespeare, Macbeth:"There' s daggers in men's smile" II, 4. Alla SSIS di Bologna ho fatto una lezione comparativa partendo da questa tragedia.

[5] Tacito ha appena raccontato l’avvelenamento di Britannico da parte di Nerone. Siamo nel 55 d. C. e Ottavia ha solo quindici anni. 

[6] ajrwvsimoi: dalla radice ajro - su cui si forma ajrovw=aro

[7] 217 ca - 145 a. C.

[8] Schol. B a Z 201.

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