venerdì 23 ottobre 2020

"Argonautiche" di Apollonio Rodio. 8. II (vv. 1-668)

Incisione raffigurante Jason et les Argonauts
da 'tableaux du temple des Muses"
da Abbé de Marolles
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Argomenti

La gara di pugilato tra Polluce e Amico signore dei Bebrici. Fineo e le Arpie. Il passaggio della colomba poi della nave Argo tra le Simplegadi

 

Nel secondo libro c’è la gara di Pugilato tra Polluce e Amico il feroce signore dei Bebrici. Si trovano nella Propontide, a ovest del Bosforo. Chi arrivava là doveva fare a pugni con Amico che uccideva lo sconfitto.

Il re pugile si accostò alle navi e, senza nemmeno chiedere chi fossero gli stranieri, sfida il campione che dovevano scegliere

Polluce raccolse la sfida.

Amico lo fissò roteando gli occhi, come il leone colpito dall’asta

Lo scontro è tra tecnica e violenza.

Amico sembrava un parto mostruoso del tremendo Tifeo o della Terra medesima;

 Polluce era simile all’astro che ha i raggi più belli quando si leva al crepuscolo. Tuttavia aveva la forza (ajlkhv) e il vigore (mevno~) di una belva. E’ lo scontro tra forze uranie e forze ctonie.

Amico si rivolse con ira e violenza a Polluce che rispose con un sorriso e prese i cesti (iJmavnta~, 52, specie di guanti). Amico attaccava, mentre Polluce schivava gli assalti come una nave che evita le onde. Quando ebbe capito l’impostazione di Amico, Polluce contrattaccò. Si colpivano e digrignavano i denti. Facevano qualche pausa, poi si lanciavano di nuovo come due tori che si battono per la giovenca.

Amico si alzò sulle punte dei piedi e tese il corpo come fa il macellaio per uccidere il bove, ma Polluce piegò il capo e ricevette il colpo solo sulla spalla, poi contrattaccò e colpì Amico sopra l’orecchio: gli spezzò l’osso e lo uccise

Segue una zuffa generale dove gli Argonauti spargevano il terrore tra i Bebrici come i lupi grigi che entrano in un ovile all’insaputa dei cani sagaci e dei pastori (II, 129)

Quindi gli eroi cantavano un inno in onore di Polluce al suono della lira di Orfeo e al loro canto si rallegrava la riva senza vento ijaivneto nhvnemoς ajkthv (162). Ma quando il sole splendette sui monti bagnati dalla rugiada e diede la sveglia ai pastori (165), gli eroi si diressero al Bosforo. Tifi evitò un’onda simile a una montagna scoscesa e alta come una nuvola, quindi giunsero sulla terra Tinia nal Bosforo europeo. Qui abitava Fineo, punito poiché aveva rivelato agli uomini il pensiero di Zeus. Le brutte Arpie gli strappavano il cibo dalla bocca e insozzavano quello che gli lasciavano

 

 Cfr. Eneide III, e Dante

Tristius haud illis monstrum nec saevior

ulla pestis et ira deum stygiis sese extulit undis.

Virginei volucrum vultus, foedissima ventris

proluvies, uncaeque manus et pallida semper

ora fame (Eneide III, 214 - 218).

 

Dante: la selva dei suicidi

“Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno

che cacciar de le Strofade i Troiani

con triste annunzio di futuro danno.

Ali hanno late, e colli e visi umani,

piè con artigli e pennuto il gran ventre;

fanno lamenti in su li alberi strani” (Inferno XIII, 10 - 15. Cerchio VII, secondo girone)

 

Fineo sapeva che i sopraggiunti lo avrebbero salvato. Si azò dal letto come un sogno senza vita, appoggiato al bastone, tastando i muri, il corpo era secco e duro di sudiciume, la pelle teneva insieme soltanto le ossa. Uscito di casa lo colse una scura vertigine e gli parve che la terra gli girasse intorno.

Quando vide gli Argonauti, disse che la sua mente conosceva tutte le cose per scienza divina, grazie ad Apollo.

Chiede aiuto ai Greci: l’Erinni ha preso a calci i miei occhi, e le Arpie mi rapiscono il cibo di bocca. Se ne lasciano un poco, questo manda un odore schifoso ouj tlhtovn, insopportabile. Il banchetto schifoso.

Eppure la necessità amara lo costringe a mettere quel cibo nel suo ventre maledetto. L’arte profetica gli ha detto che saranno Calais e Zete i figli di Orizia e Borea a salvarlo. Fineo quando era signore dei Traci aveva sposato la loro sorella Cleopatra dalla quale aveva avuto i figli Ornito e Crambi, poi acciecati da Idea figlia di Cadmo e seconda moglie di Fineo.

Zete gli chiede l’assicurazione che loro due non verranno in odio agli dèi se cacceranno le Arpie. Fineo giura. Poi preparano un pasto sul quale si gettano le Arpie, smaniose, con immenso stridore (269). Quindi volarono via lasciando un odore insopportabile. I figli di Borea le inseguirono. Le avrebbero fatte a pezzi ma li fermò Iride, “la sciarpa del cielo” dicendo che non potevano uccidere le cagne del grande Zeus. Iride giurò che le Arpie non sarebbero tornate da Fineo, figlio di Agenore e Cassiopea.

I Boreadi si volsero per tornare indietro veloci e le isole Erranti dove erano arrivati si chiamarono Strofadi (cfr. strevfw, volgo). Segue una cena decente con Fineo che fa profezie ma solo di quanto poteva dire senza offendere Zeus. Il dio vuole che i profeti diano agli uomini oracoli monchi perché essi abbiano sempre bisogno del soccorso divino (315).

Per varcare le Simplegadi dovranno fare una prova con una colomba per vedere se passa le rupi, se no, dovranno tornare indietro. Non dovete andare oltre i miei vaticini

Dopo navigheranno nel mar Nero costeggiando la terra delle Amazzoni dove sfocia il Termodonte e la terra dei Calibi che estraggono il ferro dal suolo. Procedete fino alla foce del Fasi che bagna le terre dei Colchi. Là c’è il bosco di Ares dove c’è una quercia sulla cui cima è disteso il vello d’oro custodito da un drago insonne.

Mostri e tiranni non dormono.

Cfr. Medea di Euripide, 481 a[upnoς detto da Medea del drago di cui rivendica l’uccisione. Cfr. anche Macbeth.

 

 Giasone rimase angosciato - ajmhcanevwn (410) dal vaticinio terribile. Quindi chiede a Fineo come faranno a tornare.

Il vecchio risponde che ce la faranno ma solo cercando l’aiuto di Cipride ingannevole dolovessa: in lei sta la gloria delle fatiche (422 - 423). E ora non chiedetemi altro. Quindi tornarono i due Boreadi.

Fineo si augura la morte. Poi c’è un sacrificio.

 

 Segue un ai[tion con l’origine dei venti etesii.

 Cirene dunque fu amata da Apollo e gli partorì Aristeo che poi fu allevato dal centauro Chirone. Ci fu una catastrofe: la stella Sirio bruciava le Cicladi e gli abitanti chiamarono Aristeo per difenderli. Sicché Aristeo abbandonò la Ftiotide e andò a Ceo nelle Cicladi dove costruì un altare a Zeus, dio delle piogge e il dio mandò i venti Etesi a rinfrescare per 40 giorni la terra. Ebbene ancora oggi i sacerdoti di Ceo compiono sacrifici prima che sorga la costellazione del cane.

 

Gli Argonauti dunque sentirono soffiare i venti Etesii. Allora si imbarcarono con una colomba trepida per il terrore (535)

Atena si mosse per aiutare i rematori che arrivarono allo stretto chiuso dalle rupi scoscese. Eufemo lanciò la colomba. Le rocce le tagliarono la coda ma l’uccello passò. Atena stessa spinse la nave cui le rocce tagliarono solo la punta dell’aplustre - l’ornamento di poppa. Allora le rocce sconfitte misero le radici. Gli eroi si sentirono scampati al regno dei morti. Tifi disse a Giasone che non doveva più avere paura: tutto sarebbe andato bene.

Ma Giasone risponde di avere sbagliato nell’accettare il comando datogli da Pelia. Dovevo morire piuttosto (622ss.). Dice che dappertutto ci sono uomini ostili (630) e aggiunge che non dorme in quanto teme non tanto per sé quanto per i compagni. Il poeta commenta che voleva mettere alla prova gli eroi. Una prova del genere la fa Agamennone che nel II canto dell’Iliade, dice che metterà alla prova l’esercito (peirhvsomai, II, 73) ordinando la fuga.

I compagni di Giasone rumoreggiarono con parole ardite e lui prese coraggio. 

Invece nell’Iliade la truppa con grida di gioia balzò verso le navi.

 I marinai remavano e sembravano buoi che sotto il giogo sudano e volgono gli occhi obliqui puntando i piedi sulla terra.

“simili a loro gli eroi spingevano i remi sul mare “toi`" i[keloi h{rwe" uJpe;x ajlo;" ei\lkon ejretmav” (II, 668).

 

Osservazione precisa della realtà.

 

giovanni ghiselli

1 commento:

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