giovedì 15 ottobre 2020

"Filosofi lungo l'Oglio" IV

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Argomento

Le donne non sono nemiche degli uomini ma questi le rendono tali. L’amore per l’umanità parte dall’amore per l’altro sesso. Se questo amore non c’è, nemmeno la genesi c'è

 

Menandro con l’Arbitrato ci fa capire che in natura niente è tanto congeniale come l'uomo e la donna. Come poeta d'amore[1] il massimo autore della commedia nuova non può trascurare o tanto meno biasimare tale inclinazione reciproca. Torneremo su questo autore della commedia nuova

L'inimicizia delle donne nei confronti degli uomini ha avuto, almeno in passato, la genesi che Seneca attribuisce a quella degli schiavi per i padroni:"non habemus illos hostes, sed facimus (Epist. ad Luc. , 47, 5), non li abbiamo nemici, ma li rendiamo tali.

 

Nell’Ifigenia in Aulide Clitennestra cerca di farlo capire al marito Agamennone che intende uccidere la loro figliola

Clitennestra lo accusa : hai ucciso il mio primo marito, Tantalo[2] e hai strappato dal mio seno e sfracellato al suolo il bambino avuto da lui

I miei fratelli Dioscuri volevano punirti, ma mio padre Tindaro ti salvò e così mi sposasti. Quindi sono stata una moglie irreprensibile (a[mempto~ gunhv). Una fortuna per te: una moglie siffatta è spavnion qhvreum j (1162) rara preda , mentre non c’è spavni~, penuria di spose cattive.

Ti ho dato un maschio, Oreste, e tre figlie: Ifigenia, Elettra, Crisotemi.

Come credi che reagirò se me ne toglierai una; quali sentimenti pensi che avrò, vedendo vuoti i seggi di Ifigenia ? Lascerai odio (mi`so~, 1179) partendo, e al ritorno basterà un lieve pretesto per farti avere l’accoglienza che meriti. Allora, continua Clitennestra, non costringermi per gli dèi a diventare cattiva nei tuoi confronti, e non diventarlo tu ( mh; dh'ta pro;" qew'n mhvt j ajnagkavsh/" ejme; - kakh;n genevsqai peri; se, mhvt aujto;" gevnh/, Ifigenia in Aulide, 1183 - 1184).

 

Nell’Elettra di Euripide del 413, Clitennestra si giustifica dell'assassinio di Agamennone davanti ai figli in procinto di ucciderla, ricordando loro i torti subiti dal marito, giustiziato dunque, per le sue numerose malefatte. Intanto uccise la primogenita in maniera spietata: "leukh;n dihvmhsj [3] jIfigovnh" parhΐda " (v. 1023), lacerò la bianca guancia di Ifigenia. E non lo fece per difendere la sua città o per salvare altri figli, ma per recuperare Elena che schiumava di lussuria (mavrgo~ h\n, era dissoluta, v. 1027) e Menelao era incapace di punire una moglie infedele. Inoltre quel “buon” marito tornò a casa portandosi dietro una menade invasata[4] e la infilò nel letto ("mainavd j e[nqeon kovrhn - levktroi" t j ejpeisevfrhke[5]", vv. 1032 - 1033).

 

Le femministe intelligenti di oggi esecrano giustamente gli uomini violenti ed esecrano ogni violenza.

Le femministe stupide, piene di risentimento per i loro plurimi insuccessi, condannano solo la violenza subita dalle donne e la attribuiscono non a quei maschi imbestiati che la infliggono ma, almeno nelle intenzioni, a tutti gli uomini.

Infatti secondo loro il pene conta più del cuore e del cervello.

 

 Bologna 15 ottobre 2020 giovanni ghiselli

 



[1] "Fabula iucundi nulla est sine amore Menandri", nessuna commedia del piacevole Menandro è senza amore, ricorda Ovidio (Tristia , II, 369).

[2] Un figlio di Tieste

[3] Aoristo di diamavw. Un sostituto simbolico della deflorazione.

[4] Cassandra ovviamente.

[5] Aoristo di ejpeisfrevw. Si noti ancora la presenza del letto.

1 commento:

  1. Da un suggerimento di Menandro…

    Maleficio

    A te, impietosa luna,
    che in ciel vagheggi alterna,
    senza vergogna alcuna
    come la mia lucerna

    che illumina impudica
    la gemebonda amante:
    Frine, bellezza antica,
    nuda, disfatta, ansante.

    In ore più sfrenate,
    distesa sopra il letto,
    sue grazie ha regalate
    a tutti, senza affetto.

    Prigion, nell’orgia avvolto,
    ho perso il viver mio.
    Innamorato e stolto
    ormai non son più io.

    E questo amore amaro
    arde di gelosia,
    eppure è a me più caro
    che della vita mia.

    I prieghi ella non ode
    né al mio implorar si piega;
    il cuore mi corrode
    come una bella strega.

    Ma dolce è il suo veleno
    perch’io fuggir via possa.
    Lo berrò tutto, pieno,
    fino dentro la fossa.

    E se soltanto un fiore
    lei mi vorrà portare,
    men crudo il mio dolore,
    più dolce il riposare.

    Lido Pacciardi

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