NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 30 ottobre 2020

"Argonautiche" di Apollonio Rodio. 14. IV (vv.65-752)

Medea addormenta il drago, mentre Giasone ruba il vello dell’ariete
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Argomenti

Medea addormenta il drago insonne e Giasone si impossessa del vello d’oro simile a una nuvola arrossata dai raggi del sole nascente. Giasone massacra il fanciullo Assirto con la complicità di Medea, sorella della vittima.

Un’altra apostrofe contro Eros: atroce grande sventura, grande abominio per gli uomini. I Colchi viaggiano attraverso luoghi reali e altri inventati.

Arrivano sul Tirreno, Circe, figlia del sole e zia di Medea.

La loro origine solare traluceva dagli occhi che mandavano lampi. Circe li purifica dall’assassinio di assirto ma non li ospita. Medea piange e Giasone la prende per mano. Così se ne vanno.

 

 Medea va sul fiume di fronte all’accampamento dei Greci e chiama Frontis, il più giovane tra i figli di Frisso. Giasone Frontis e Argo andarono a prenderla con la nave. Medea promette il vello d’oro e chiede in cambio a Giasone di non lasciarla andare via disprezzata e derisa.

 Cfr. l’orrore della derisione della Medea di Euipide e dell’Aiace di Sofocle.

 

Giasone chiama a testimone Zeuvς jOluvmpioς o{rkioς, custode dei giuramenti (95) che la porterà a casa sua come legittima sposa.

Navigarono verso il bosco sacro ma lei tendeva indietro le mani disperata. A notte fonda sbarcarono in un luogo erboso chiamato il letto del montone che era giunto là.

Cercavano la quercia dov’era il vello simile a una nuvola arrossata dai raggi del sole nascente (vv. 125 - 126).

Ma il dragone insonne li aveva visti e tendeva il collo lunghissimo, poi soffiava. Si sentiva lontano e svegliava le madri che abbracciavano i figli.

Medea invoca il Sonno, il dio supremo, poi Ecate.

Giasone era atterrito. Il drago cominciava a stendersi allungando la testa. Allora Medea intinse un ramo di ginepro in un filtro e lo passò sugli occhi del mostro che si addormentò. Giasone staccò dalla quercia il vello d’oro e lo alzò: era pesante e coperto di bioccoli. Rifletteva la sua luce per terra. Mandava lampi simile a un lampo di Zeus lampovmenon steroph'/ i[kelon Diovς (185).

Tutti volevano toccarlo, ma Giasone vi gettò sopra un mantello. Poi esortò i compagni a tornare e a proteggere Medea che avrebbe sposato poiché aveva aiutato lui e tutta la Grecia.

 Eeta si prepara alla guerra. Disse ai Colchi che li avrebbe puniti se non gli avessero consegnato Medea. Inizia l’inseguimento e i Colchi vengono paragonati a uccelli che volano a stormo sul mare con strepito grande (239 - 240).

 Cfr. Iliade II, 459 - 465 con la similitudine delle gru oche o cigni. Detto degli Achei che escono da navi e tende.

 

 Giunti in Paflagonia presso il fiume Halys, Medea fece sacrifici a Ecate. C’è ancora il santuario. Poi ripartirono seguendo le indicazioni di Argo e cambiando percorso. Arrivarono all’Istro. Poi giunsero alle isole Brigie, nell’Adriatico, inseguiti da Assirto. Le due armate trattavano non senza mettere in conto che Medea poteva essere restituita. Medea va a parlare con Giasone e gli ricorda i giuramenti. Hai avuto il vello d’oro grazie alla mia follia che ha versato vergogna su tutte le donne.

Ti seguirò in Grecia come figlia, sposa sorella 368 - 369

 Cfr. Ettore e Andromaca Iliade VI 429 - 432. Cfr. anche Coefore 235 - 245 dove Elettra attribuisce a Oreste le funzioni di padre e madre oltre che di fratello.

 

 Difendimi e salva divkh kai; qevmiς, giustizia e diritto (372 - 373). Oppure uccidimi poché non posso tornare da mio padre. Se mi tradirai in questo modo, presto le mie Erinni ti scacceranno. Non resterete tranquilli per lungo tempo a schernirmi ( moi ejpillivzonteς 389). Allora Giasone ebbe paura. Risponde che stanno solo prendendo tempo.

Cfr. la strategia dell’attesa di Odisseo e Penelope,

 

 Bisogna eliminare Assirto aggiunge Giasone.

Medea acconsente dicendo parole tremende: è necessario fare altre cose sconce dopo quelle compiute, dal momento che sono stata acciecata (ajavsqhn, 412)

Tu pensa a combattere: io lo ammansirò (meilivxw - meilivssw, 416) perché cada nelle tue mani. Tu mandagli doni, io gli dirò che devo parlargli da sola. Tu allora potrai ucciderlo. Così architettarono mevgan dovlon (421) un grande inganno. Gli promisero, tra l’altro, la tunica sacra (pevplon iJerovn 423) di Issipile. Questa tunica emanava un profumo immortale da quando ci aveva dormito Dioniso tenendo stretto il bel corpo di Arianna rapita a Cnosso da Teseo e lasciata nell’isola Dia.

I due dunque prepararono il crimine.

 

Altra apostrofe di Apollonio contro Eros: atroce amore - scevtlie [Erwς, grande sventura mevga ph'ma, grande abominio per gli uomini, mevga stuvgoς ajnqrwvpoisin (Argonautiche IV, 445), da te nascono travagli e dolori.

Vieni armato sui figli dei miei nemici a gettare rovina come hai fatto con Medea.

 

 Assirto dunque andò nell’isola illirica dove lo aspettava la sorella e cominciò a saggiarla con le parole (peirhvsato muvqoiς 459) come fa un bambino delicato (ajtalo;ς paviς 460) con un torrente che nemmeno gli uomini adulti osano attraversare. Si accordarono su tutto, finché Giasone balzò fuori dall’agguato con la spada nuda e lo colpì come fa il macellaio con il toro dalle ampie corna. Medea distolse gli occhi mentre il fratello cadeva colpito a morte. Non volle vedere.

 

 Però vide l’orrenda azione loxw/' o[mmati con occhio obliquo l’Erinni spietata che tutto doma nhleihvς, pandamavtwr (475, 476).

 

Giasone per giunta tagliò le estremità del morto (mascalivzomai, vengo mutilato, mascalismovς), leccò tre volte il sangue e tre volte sputò la macchia del sacrilegio, come vuole il rito per espiare. Medea diede un segnale con il fuoco, e i Greci andarono a uccidere altri Colchi, come gli sparvieri uccidono le colombe o i leoni le pecore.

Poi i Greci seduti a consiglio ejzovmenoi boulhvn (493) cercavano di prendere la decisione migliore.

 Peleo suggerì di partire subito e così fecero.

Navigarono fino all’isola di Elettride nel golfo di Fiume.

Quando i Colchi si misero all’inseguimento venivano ritardati dai fulmini di Era

Allora alcuni di loro si fermarono sul mare illirico presso Pola dov’è la tomba di Cadmo e Armonia trasformati in serpenti, altri sulle montagne tra l’Illiria e l’Epiro.

 I Greci navigarono fino al paese degli Illei, presso Zara.

 

Il re Illo figlio di Eracle e Melite (non è il figlio di Deianira) era morto.

Il re Nausitoo (padre di Alcinoo) lo aveva mandato a combattere i Mentori ladri di mandrie.

 

Siamo dunque nell’Adriatico, ma poi i Greci passarono nel Tirreno.

Il poeta chiede alla Musa perché Zeus decretò che gli assassini di Assirto dovevano essere purificati per mano di Circe.

Ma prima arrivarono a Corcira dove la figlia del fiume Asòpo, Corcira, venne collocata da Poseidone che l’aveva rapita. Poi costeggiarono Melite e Ninfea dove viveva Calipso (Ogigia in Omero). Era suscitò una tempesta che li riportò all’isola di Elettride e qui la nave parlò con il legno che Atena aveva ricavato da una quercia vocale e profetica di Dodona (583).

Disse che dovevano andare da Circe a purificarsi dell’assassinio di Assirto. Allora entrarono nel fiume Eridano, il Po di solito . Erodoto dubita che esista (III, 115) e nega che esista Oceano.

E’ il fiume dove cadde Fetonte. Il luogo è una palude che emana un vapore tremendo, infuocato che uccide gli uccelli. Intorno le Eliadi, figlie del sole piangono versando al suolo gocce di ambra. I Celti dicono invece che sono le lacrime di Apollo versate quando giunse al popolo degli iperborei, esiliato per avere ucciso i Ciclopi i cui fulmini avevano ammazzato Asclepio, figlio del dio pitico e di Coronide.

Poi gli Argonauti entrarono nel Rodano, un affluente dell’Eridano. Quindi navigarono nei laghi celtici. Rischiarono di finire nell’Oceano dove sarebbero morti, ma Era gridò dalla rupe Ercinia (Selva nera?) e tornarono indietro, e giunsero alle isole Stecadi, nei pressi di Marsiglia, poi l’isola Etalia, l’Elba, dove il porto (Portoferraio) ha preso il nome di Argo. Quindi navigarono il mare Tirreno e giunsero al porto di Eea dove trovarono Circe che purificava con l’acqua marina il capo sconvolto da sogni notturni. Aveva sognato che i muri grondassero sangue e le fiamme bruciassero i suoi filtri, fuoco che lei spengeva con quel sangue

Con lei c’erano dei mostri misti di membra summigeve" melevwn (674).

La figura ibrida è contrassegno di un mondo primitivo.

 In passato la terra aveva fatto fiorire dal fango simili orrori di foma indicibile. Non erano distribuiti tra le specie.

Cfr. Empedocle e il prato della sventura

Un frammento del Poema fisico (7) ricorda una condizione di caos abissale[1] dominata dall’astio: allora vagavano teste senza collo (v. kovrsai ajnauvceneς, 1), nude braccia prive di spalle (gumnoi; dj ejplavzonto bracivoneς eu[nideς w[mwn, v. 2), e occhi indigenti delle fronti ( o[mmata penhteuvonta metwvpwn v. 3), membra solitarie, e ibridi mostruosi: bougenh' ajndrovprwra...ajndrofuh' bouvkrana , bovine razze dai volti umani, umane stirpi dai crani bovini ( vv.9 e 10).

 

Giasone e Medea la seguirono nella dimora e sedettero sul focolare, il posto dei supplici. Circe tenne conto di Zeus protettore dei supplici e li purificò sacrificando un porcellino. Pregava che le Erinni deponessero la collera.

Medea e Circe erano stirpe del sole e si vedeva dai lampi che mandavano gli occhi.

 

La Fedra di D’Annunzio dice di Pasife

“Mia madre nacque dal Sole e dall’Oceanina

E perciò sono anch’io piena di raggi

E di flutti, sono piena di chiarori e di gorghi”.

 

Medea raccontò dissimulando l’uccisione di Assirto

Circe però lo sapeva e non volle ospitarli.

“Io non approvo le tue decisioni e la tua sconcia fuga” (749)

Medea uscì piangendo tenuta per mano da Giasone.

In questo modo lasciarono la dimora di Circe (v. 752)

 

 

Bologna 30 ottobre ore 11, 50

giovanni ghiselli



[1] “E’ noto che nel linguaggio dei greci il chaos non significa affatto disordine, indeterminata mescolanza, confusione, quanto soprattutto incolmabile distanza, propriamente abisso” (Natoli, op. cit., p. 16). Natoli procende chiarendo che cavo~ è imparentato con cavskw, “ mi spalanco” e con il latino hio e hiatus, apertura. Tuttavia nel baratro non manca il guazzabuglio.

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