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mercoledì 3 febbraio 2021

Euripide in Plutarco

Nicia
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La tragedia è associabile alla morte ma anche alla vita

 
Conoscere a memoria i versi di Euripide salva la vita, eppure i suo versi vengono impiegati anche in una beffa funebre.
 E' interessante la presenza della letteratura, e in particolare della tragedia, nel parlare, o addirittura nell'agire delle persone, e non solo nella vita dei principi, ma pure negli atti della gente comune. Non della feccia maturalmente.
 
nella Vita di Nicia Plutarco racconta che alcuni Ateniesi finiti nelle Latomie di Siracusa "kai; di j Eujripivdhn ejswvqhsan"(29, 2), si salvarono anche grazie ad Euripide. Infatti i Greci di Sicilia e particolarmente i Siracusani amavano il tragediografo e lo citavano.
Alcuni dei superstiti dalla catastrofe della spedizione in Sicilia dunque, tornati ad Atene, andarono ad abbracciare affettuosamente Euripide e raccontarono che erano stati affrancati dalla loro schiavitù "ejkdidavxante" o{sa tw'n ejkeivnou poihmavtwn ejmevmnhnto[1]" (Vita di Nicia, 29, 4) poiché avevano insegnato quanto ricordavano dei suoi drammi.
 
In fondo anche il sottoscritto si è  tenuto in vita, finanziariamente e pure socialmente e persino affettivamente, citando gli autori greci e latini, e in misura non piccola Euripide.
 Ecco un esempio di come la cultura letteraria possa essere impiegata per potenziare la natura, o perfino per salvarsi la vita!
"La cultura comincia proprio dal punto in cui sa trattare ciò che è vivo come qualcosa di vivo"[2], tanto che favorisce la sopravvivenza di uomini vinti e fatti prigionieri in una guerra atroce.
 
 Euripide del resto venne anche utilizzato per celebrare il macabro trionfo su Crasso alla corte di Orode re dei Parti : l'attore Giasone di Tralle tra gli applausi feroci del pubblico , prese in mano la testa del triumviro sconfitto a Carre (54 a. C.), e mimando il furore bacchico recitò  questi versi delle Baccanti: "fevromen ejx o[reo" - e{lika neovtomon ejpi; mevlaqra, - makavrion qhvrama" (vv.1169-1171), portiamo dai monti a casa un ciuffo di edera tagliato di fresco, caccia felice.

Ne erano tutti contenti, e quando Agàve disse " ejmo;n to; gevra"" ( Baccanti, v. 1179), mio è l'onore, Exatre che aveva ucciso Crasso, prese a sua volta la testa di Crasso (ajntelambavneto th'" kefalh'", Vita di Crasso , 33, 6) pensando che spettasse a lui più che all’attore Giasone pronunciare queste parole.
Il re dei Parti li premiò entrambi. In ognuno di questi casi si vede come tragedia e vita siano mescolate: Plutarco anzi conclude l'episodio dicendo che la spedizione di Crasso finì come una tragedia.
Anche Orode finì male:  strangolato dal figlio Fraate (Vita di Crasso , 33, 9).
 
Elias Canetti e la conoscenza della lingua greca che salvò  la vita del suo bisnonno materno
 
Elias Canetti racconta che il nonno di sua madre una volta, "mentre era a dormire in coperta", in un battello sul Danubio "aveva udito due uomini che, parlottando tra loro in greco, stavano progettando un omicidio". Ebbene, grazie alla conoscenza di questa nostra amatissima lingua, l'uomo poté denunciare la trama assassina "e quando i due delinquenti arrivarono per compiere la loro impresa, subito furono agguantati". Sicché l'autore comprese subito quanto fosse importante padroneggiare le lingue: "con la conoscenza delle lingue si poteva salvare la propria esistenza e anche quella altrui"[3].
Non il greco e il latino dunque sono lingue morte , bensì la ciancia dei più che imitano il linguaggio ingannevole della pubblicità.
 
 
Bologna 3 febbraio 2021 ore 19, 26 giovanni ghiselli
 
 
 
 


[1]Piuccheperfetto di mimnhvskomai , con senso di imperfetto.
[2]F. Nietzsche, Sull'avvenire delle nostre scuole , Seconda conferenza p. 43. 
[3] E. Canetti, La lingua salvata  (del 1977), p. 46.

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