martedì 2 agosto 2022

Sofocle Edipo re. Conclusione: sesta parte.


 

Versi 1471-1502.

Edipo sente avvicinarsi le figlie piangenti ed è grato a Creonte di avergliele portate. Il cognato accetta il ringraziamento e riceve anche una benedizione. Quindi il cieco si rivolge alle fanciulle riesumando tutte le  disgrazie  familiari e commiserando le due creature incolpevoli che tuttavia avranno la vita segnata da parenti così sciagurati. Chi le accoglierà? A quali feste potranno recarsi? Chi vorrà sposarle? Infatti nella loro famiglia nessun male, nessuna vergogna manca, e la conseguenza sarà che Antigone e Ismene rimarranno senza nozze e senza figli.

 

Edipo

vv. 1471-1475. :"Che cosa dico?

 Non odo forse ora per gli dei le mie due care

che versano lacrime, e Creonte che ha avuto compassione di me,

mi ha mandato le creature più care, le mie figlie?

Dico il vero?"

 Edipo manifesta una predilezione spudorata per le figlie rispetto ai figli maschi i quali in questo dramma  vengono ignorati e, nell'Edipo a Colono (vv.1370 e sgg.), maledetti.

A questo proposito , E. Fromm  sottolinea i vv.1382-1396 dell'ultima tragedia e aggiunge che"se interpretiamo Edipo re alla luce dell'intera trilogia, è plausibile ritenere che anche in Edipo, il vero problema sia il conflitto tra padre e figlio e non quello dell'incesto” (Il linguaggio dimenticato, p.194)

 

Creonte

vv. 1476-1477:"Lo dici: sono stato io infatti che ho disposto questo immaginando la gioia presente che ti preoccupava da un pezzo".

oJ porsuvna": participio aoristo di porsuvnw. Significa colui che ha ordinato e disposto. Creonte si autoinveste della autorevolezza di un capo molto umano  che cerca di operare per la gioia dei sudditi; ma è per lo meno stonata la parola tevryin riferita a un uomo distrutto il quale nella disfatta potrà avere tutt'al più qualche consolazione parziale. In realtà chi  prova gioia  è il nuovo tiranno per la vittoria conseguita su quello vecchio.

 

Edipo

vv. 1478-1479.:"Che tu possa avere buona fortuna allora, e per questa via/

ti capiti un demone migliore di quello che ha custodito me".

.-eutucoivh": ottativo di eujtucevw che significa "ho buona fortuna, ho successo",eujtuciva, ma la felicità è eujdaimoniva, un rapporto buono con il proprio daivmwn o carattere, quello che fa la guardia (frourhvsa") dentro di noi, il custode interno.

 A questo proposito cfr. la Medea  di Euripide (vv.1227-1230):"qnhtw'n ga;r oudei;" ejstin eujdaivmwn ajnhvr: -o[lbou d j ejpirruevnto" eujtucevstero"-a[llou gevnoit a]n a[llo", eujdaivmwn d j a]n ou[", nessuno dei mortali infatti è felice; quando fluisce il benessere, uno può riuscire più fortunato di un altro, ma felice no.

Erodoto nella favola di Creso e Solone (I,32) fa dire al saggio ateniese:" pri;n d j a[n teleuthvsh/, ejpiscei'n mhde; kalevein kw o[lbion, ajll j eujtuceva", prima che uno sia morto, bisogna aspettare e non chiamare uno felice ma fortunato. Edipo augura a Creonte di avere con la fortuna l'occasione di trovare la felicità, un demone buono, che consiste nell' approvazione di se stesso.

-th'sde th'" oJdou': Edipo intende la via percorsa da Creonte per aiutarlo.-a[meinon: un demone capiti a custodire te meglio che me.

 Il v.1479 trova forse un'eco lontana negli  jEpitrevponte" di Menandro dove Onesimo, il servo di Carisio, dice (vv.734-735):"eJkavstw/ to;n trovpon sunw/vkisan frouvrarcon", hanno messo a convivere con ciascuno un custode, il carattere(soggetto è oiJ qeoiv del v.733).

 

vv.1480-1481:"O figlie, dove siete mai? Venite qui, venite/

verso queste mie mani fraterne..."-w\ tevkna: cfr. v.1. L'ambito della paternità di Edipo si è ristretto di molto: da guida di un popolo quale si credeva, è ridotto a riconoscersi  padre di due bambine, dimidiato per giunta, siccome deve dividere tale parentela con la fratellanza.

 

vv.1482-1483:"le quali  vi fecero vedere in queste condizioni

 gli occhi prima luminosi del padre generatore"-ta; provsqe lampra;: il cieco ricorda di avere fatto scempio di un volto che aveva avuto il dono della bellezza: il canto della Parodo che chiedeva un aiuto dal bel volto (v.189), poteva ancora riferirsi a Edipo.

vv. 1482-1483.A questo proposito si può ricordare un brano de La coscienza di Zeno . Il narratore misura la bellezza di una persona con la quantità di luce adunata dal suo occhio:"quand'egli le parlò, essa levò rapidamente gli occhi e glieli rivolse sulla faccia così luminosi, che il suo povero principale ne fu proprio abbattuto(p.317)...Non so se a questo mondo vi siano dei dotti che saprebbero dire perché il bellissimo occhio di Ada adunasse meno luce di quello di Carmen e fosse perciò un vero organo per guardare le cose e le persone e non per sbalordire"(p.319). 

A proposito di volto bello ed espressivo, vale la pena ricordare La montagna incantata  di Thomas Mann dove si descrivono i sintomi dell'amore e si dice:"Io non desidero soltanto il suo corpo, la sua carne; anzi dico che se nel suo viso qualche cosa anche piccola fosse diversamente conformata, probabilmente non desidererei più neppure il corpo...Poiché l'amore per il viso è amore spirituale"(p304 del II vol.).

-prouxevnhsan: aoristo di proxenevw che vuol dire"procuro", con vari significati (cfr. p.e.il "riso ambiguo di prossenèti" di D'Annunzio,Maia, Laus Vitae, L'approdo a Patre)

 

vv. 1483-1485.:"io che per voi, o figlie, non vedendo né cercando di sapere/

mi rivelai padre da dove io stesso fui arato".

-iJstorw'n: Edipo si flagella per non avere usato gli occhi della mente quando aveva la percezione visiva e per non avere indagato in tempo onde evitare gli obbrobri perpetrati contro la natura.-hjrovqhn: aoristo passivo di ajrovw che ancora una volta assimila la donna al campo da arare e la vagina al solco.

 

v. 1486:"E anche voi piango: infatti non ho la forza di guardarvi;.."- ga;r ouj sqevnw: a Edipo è rimasta solo la forza di versare lacrime; è uno di quei personaggi cui dopo l'orgoglio frustrato  non resta nulla di vitale se non quel flusso degli occhi: cfr. Dante, Inferno, VIII, 36:"Rispuose-vedi che son un che piango-"

 Oppure si può citare Finale di partita di Beckett dove il pianto è visto come unico segno di vitalità:"Piange"/"Dunque è vivo".

 

vv.1487-1488.:"pensando al resto dell'amara vita

quale bisogna che voi due viviate a opera degli uomini".-

 Le lacrime, il dolore amaro, la privazione della vista dei figli, si trovano uniti in un'immagine dell'Antigone (vv.423-425):"hJ pai'" oJra'tai kajnakwkuvei pikra'"- o[rniqo" ojxu:;n fqovggon, wJ" oJvtan kenh'"- eujnh'" neossw'n ojrfano;n blevyh/ levco"", si vede la fanciulla e alza l'acuta voce dell'uccello amaramente addolorato, quando scorge il giaciglio del nido vuoto, privo dei pulcini. Questi versi fanno parte del racconto della sentinella che faceva la guardia al cadavere di Polinice perché nessuno  rendesse gli onori funebri.

 Antigone è andata a farlo compiendo una trasgressione santa.

 

vv.1489-1491. poiva"...qewriva"; :"Infatti a quali riunioni di cittadini andrete?/

A quali feste donde non tornerete a casa /

con il volto segnato dal pianto, invece di assistere allo spettacolo?"-

 Edipo teme che le due fanciulle, sue figlie e sorelle, saranno sempre considerate dei mostri e non potranno partecipare a riunioni, a feste religiose, in condizione di parità con le altre ragazze. Viene in mente l'epitafio di Leopardi su Nerina strappata dalla morte alla primavera:"o Nerina, a radunanze, a feste/tu non ti acconci più, tu più non movi"(Le Ricordanze, vv.160-161). Così Antigone e Ismene verranno escluse dalla vita sociale con le sue occasioni festive (qewriva è l'assistere a uno spettacolo, sostantivo della stessa radice  del verbo qewrevw)  in ogni caso alquanto limitate per la donna ateniese dell'età classica.

 

 

v.1492.:"Ma quando poi sarete giunte al momento migliore per le nozze..."- ajkmav~ : è il momento culminante dello sviluppo, dopo il quale comincia la decadenza, e per la donna diminuiscono le occasioni di matrimonio. Cfr. Nietzsche, Di là dal bene e dal male (p.157):"Giovane: un antro arabescato di fiori. Vecchia: un drago che ne esce fuori".

vv. 1493-1495. :"chi sarà costui, chi vorrà azzardare, o figlie

di prendere tali infamie che, come per i miei genitori,

 saranno ugualmente rovine per voi due?"-

pararrivyei: futuro di pararrivptw che significa propriamente getto anche rischiando ed evoca il gioco dei dadi; se nel suo effimero fiorire la ragazza non ha tutte le carte in regola, nessuno, dice Edipo, correrà l'alea di sposarla. Evidentemente ,all'epoca, la bambina di "buona famiglia" veniva allevata solo per il matrimonio, e da questo erano escluse le ragazze dalla fama, personale o familiare, poco limpida.

 La stessa preoccupazione per le difficili nozze della figlia è espressa da Alcesti  morente:"mhv soiv...diafqeivrh/ gavmou""(vv. 315-316) temo che ti rovini le nozze(il soggetto è l'eventuale, deprecata mhtruia; , matrigna, del v.309).

 

1495-dhlhvmata: rovine (cfr. il verbo dhlevomai, il latino deleo e l'italiano deleterio) sono considerate le infamie che impediscono le nozze; ma rovinose tanto nella vita quanto nella letteratura risultano anche le nozze, quando" mores non conveniunt ", i caratteri non si accordano (cfr. un'espressione simile in Terenzio, Andria , 696).

 Cfr. a questo proposito i matrimoni infelici di Tony  sacrificata al dovere verso il decoro borghese della "buona famiglia"  I Buddenbrook,  romanzo con il quale  Thomas Mann compone l'epica della borghesia. Si tratta di commercianti che amavano il benessere e la comodità. Il padre aveva costretto la ragazza innamorata di uno studente povero a sposare un mercante di Amburgo scrivendole:"Tu non saresti mia figlia, né nipote del tuo nonno che riposa in Dio, né in genere un membro degno della nostra famiglia, se pensassi seriamente, tu sola, di seguire, caparbia e volubile, le tue proprie vie irregolari"(p.94)."Come un anello in una catena", aveva scritto il babbo. Sì, appunto come anello di quella catena lei aveva una grande importanza e responsabilità: era chiamata a collaborare con fatti e risoluzioni alla storia della famiglia"(p.101).

vv. 1496-1499

:"Infatti quale dei mali manca? Il padre vostro

ammazzò il padre; e arò la madre

da dove proprio lui germogliò, ed ebbe voi

da solchi uguali a quelli dai quali egli stesso nacque".

Il verso 1496  echeggia l'incipit dell'Antigone

:"O capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio,

tu sai forse quale dei mali di Edipo e di quale specie

 Zeus non compie mentre noi siamo ancora vive?

Infatti tutto quanto è doloroso e offuscato dall'acciecamento

e turpe e notato d'infamia di ogni specie

 io l'ho visto tra i tuoi e i miei mali"(vv.1-6).-

h[rosen( aoristo da ajrovw, aro);;...ejspavrh ( aoristo passivo da speivrw, semino): torna ossessivamente la metafora agraria che identifica il corpo muliebre con la terra e il maschio che la feconda con il contadino che ara e  semina; probabilmente Edipo evoca tanto la grande madre comune e il germogliare della vegetazione, perché cerca anche nella propria nascita quella naturalezza che sa di avere calpestato mescolando le generazioni.-

 Forse non è inutile ricordare ancora l'interpretazione di Ammiano Marcellino (XXII,9) per il quale la morte di Adone è simbolica delle messi recise quando sono mature:"quod in adulto flore sectarum est indicium frugum " Lo afferma a proposito del rito annuale che veniva celebrato in onore del giovane amato da Venere nei giorni in cui l'imperatore Giuliano entrava in Antiochia:"ululabiles undique planctus et lugubres sonus audiebantur ", si udivano pianti di dolore e lugubri lamenti levarsi da tutte le parti.

Come si vede un'atmosfera non dissimile a quella di Tebe nell'Edipo re (cfr.vv.4-5).

vv.1500-1502."Così sarete oltraggiate. E dopo chi vi sposerà?

Non c'è nessuno, o figlie, ma evidentemente

è necessario che voi sterili e senza nozze vi consumiate".-ojneidiei'sqe: futuro di ojneidivzw. Ai vv. 412 e 441 questo verbo è usato per segnalare oltraggi e rinfacciamenti reciproci tra Edipo e Tiresia: ora il cieco teme che tutte le ingiurie lanciate nel corso della tragedia vadano a cadere sulle teste delle due ragazzine, esposte agli oltraggi dall'età e dal sesso, insomma dalla debolezza.

-tiv" gamei`; : futuro di gamevw. Le ragazze evidentemente allora, almeno ad Atene, veniva allevata solo per il matrimonio; e non solo in quei tempi remoti :

cfr. Storie del bosco viennese, un dramma di Ödön von Horvàth del 1931, dove la protagonista, Marianne, rimprovera il padre:"Non mi hai lasciato imparare niente, nemmeno la ginnastica ritmica; mi hai allevata solo per il matrimonio"(III,1).

-cevrsou": cevrso"-ou hJ sostantivo è il  continente; mentre l’ l’aggettivo cevrso~-on significa arido: ancora una volta la donna e la terra procedono insieme; così come ne La terra desolata  di Eliot  l'acqua manca (but there is no water ,v.358) e le donne prendono le pillole per abortire(it's them pills I took, to bring it off, she said , sono quelle pillole che ho preso per abortire, disse, v.159).

 

Pesaro 2 agosto 1978 ore 18, 09 giovanni ghiselli.

p. s.

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