venerdì 4 ottobre 2024

Ifigenia CLIII La gita scolastica. L’indomito titano.


 

Il mese di marzo fu vario. Ifigenia venne chiamata per un’altra supplenza dopo la pausa invernale. Nell’ultima settimana c’era la gita scolastica a Roma e le nostre classi vennero abbinate forse per significare che dovevamo metterci in grazia di Dio in quanto già di fatto accoppiati. I vescovi mandati nella Bologna rossa all’epoca erano reazionari.

C’erano anche altri colleghi: Giovanni Botta di Filosofia, e Lucia con i loro allievi.

Il giorno prima della partenza andai nella segreteria per firmare dei fogli. Mentre entravo, udìi una collega anziana che gridava: “Nel nostro liceo succede l’inaudito! Davvero quel pestifero professore andrà in gita scolastica con due colleghe giovani e belle, come se non gliene bastasse una?”

Poi si voltò e mi vide. Quindi abbassata la voce ripetè la domanda  un poco edulcorata: “davvero professore andrà a Roma con quelle due signorine?”

“Sì e con tante signorine studentesse carine, diversi studenti maschi carini anche loro, e il professor Botta, un amico”.

Allora assunse il tono della celia e fece: “ Si dice che lei abbia venduto l’anima al diavolo, ma io non ci credo”.

“Fa bene, cara collega: non posso vedere l’anima perché non ce l’ho!”

Rimase un attimo perplessa poi rincarò lo scherzo volgendolo al demenziale: “Vado a Roma, cuccurucù, vieni anche tu!”

“Facciamo finta di niente”, pensai, e dissi:

“Ma sì venga anche lei, squisita collega: a Roma c’è da divertirsi un sacco!”.

Ma veniamo alla gita.

Ricordo una visione che mi ha impressionato. Ero seduto con Ifigenia sul bordo di una fontana poco prima dell’ora di cena. S’era fatta una passeggiata per suscitare l’appetito e meritarci un secondo di pesce, senza patate né pane. Eravamo entrambi molto attenti alla linea, contenti e fieri di essere snelli.

Guardavamo le ultime luci del giorno languide eppure tiepide. L’aria era piena di voli e di suoni. La primavera arrivava a grandi passi.

 A un tratto vedemmo il collega di filosofia che avanzava verso di noi. Questo era un uomo ancora giovane il quale camminava con passo di danza, non per vezzo o per posa ma per una menomazione congenita. Era un ottimo professore e gli volevamo bene. Giovanni dunque ogni tre metri si piegava a sinistra, come se fosse stato colpito da un plotone  di esecuzione, ma poi si raddrizzava di scatto con un’energia da titano, quindi procedeva nel suo travaglioso cammino. Fino alla successiva fucilazione. Era a modo suo un ballerino.

Prima che lui mi sentisse, dissi a Ifigenia che mi sembrava un eroe tragico in lotta con un destino implacabile eppure incapace di averla vita su tale indomita tempra.

Inoltre pensai che in quel momento poteva simboleggiare il nostro rapporto che vacillava scosso da venti, da onde, da terremoti intermittenti e pure frequenti.

Quando Giovanni fu giunto gli chiedemmo di andare a cena insieme e di sedere a tavola con noi.

 

Pesaro 4 ottobre 20224 otre 10, 39 giovanni ghiselli

 

 

 

 

 

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