mercoledì 27 gennaio 2021

Debrecen 1979. 82 bis

Antonio Mancini, Fuochi d’artificio a Castel Sant’Angelo
Pensieri e ricordi nella corriera

Dopo la cena ci portarono a Budapest per i fuochi d’artificio del 20 agosto.

Durante il tragitto, in corriera, pensavo. Mi chiedevo quali emozioni avrei tratto dalla vista di Ifigenia dopo un mese abbondante di assenza con tante reticenze da entrambe le parti. Temevo che mi sarebbe apparsa torbida, oscura, e greve come una giornata invernale quando fa un freddo tremendo e si sta tanto male che non è possibile attuarsi un nessuna maniera elegante, e le vesti, dal berretto alle calze,  si irrigidiscono addosso, vestesque rigescunt- indutae[1], la terra è ghiacciata, la luce è refrattaria, gli uccelli vonitano bava gelata e i cani incatenati e intirizziti latrano il loro strazio ottuso, feroce e impotente.

 

Tuttavia ricordavo altresì com’era quando l’avevo incontrata e mi aveva offerto il suo amore. Ne avevo osservato le labbra rosse che abbozzavano  un bacio, avevo sentito l’aroma dei capelli fulgidi tanto erano neri, e nella mente  attraverso il fiuto mi era tornato il profumo dell’erba, delle fragole e dei lamponi situati al confine tra i prati e i boschi sulle pendici del Piz Mesdì o del Sass da Ciamp nella parte meridionale dell valle di Fassa. 

Quell’odore di paradiso era soprattutto vivo al tramonto, quando i raggi del sole spariscono dietro il Latemar e per consolare la terra della sua vedovanza di una decina di ore le lasciano gli aromi che durante la giornata serena hanno estratto dal fieno e dai fiori dei prati, dagli alberi resinosi delle foreste, dal muschio delle rocce, scavate e austere come facce di asceti, dagli arbusti umili eppure pullulanti di vita.

Allora tra le foglie aulenti dei cespugli già abbrunati dalla sera che manda a cena i valligiani stanchi dopo avere riportato nelle stalle le loro mucche dai pascoli alti, si muove purtuttavia l’incoercibile vita delle bestiole che brulicano, degli uccelli che scuotono le ali, scrollano il capo, poi cantano il loro ultimo inno della giornata prima del riposo notturno.

Così sotto i capelli di ogni ragazza contenta e intelligente, un virgulto che esce dal grembo terrestre e tende al cielo, brulica e vigoreggia la vita che appare negli occhi animati da un pathos aurorale, da una volontà che lievita ancora non del tutto conscia di sé, eppure potente. E per acquistare coscienza, per conquistare il privilegio di non precipitare nel nulla di un’esistenza insignificante, per salvarsi dalla mediocrità generale  e dal disfacimento finale, tale creatura vorrebbe fare gli incontri capaci di rendere eterna l’idea fuggevolmente incarnata nella sua fiorente, luminosa profumata materia.


 

Bologna 27 gennaio 2021  ore 11, 48 giovanni ghiselli   

p. s

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[1] Virgilio, Georgica III, 363-364

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