martedì 26 gennaio 2021

Plutarco e Shakespeare. 3

Domizio Enobarbo
Tipi umani 

Il voltagabbana Domizio Enobarbo. Antonio: pssionale e generoso.

 

Domizio Enobarbo, già pompeiano, perdonato da Cesare, poi si unì a Sesto Pompeo contro i triumviri. Ma nel 40 passò ad Antonio dal quale  defezionò durante la battaglia di Azio, come la vide perduta.

 

Plutarco racconta che in seguito a questo tradimento di Enobarbo, Antonio si comportò magnanimamente, con benevolenza (eujgnwmovnw", Vita di Antonio, 63, 3), pur contro il parere di Cleopatra para; th;n Kleopavtra" gnwvmhn.

Infatti si dispiacque di quella defezione, tuttavia gli mandò pa'san th;n ajposkeuh;n , tutti i suoi bagagli con gli amici e i servi. Enobarbo morì subito come se avesse cambiato opinione  (w{sper metabalovmeno") per il fatto che non erano rimasti nascosti la sua infedeltà e il suo tradimento -ejpi; tw'/ mh; laqei'n th;n ajpistivan aujtou' kai; prodosivan.

 

Nella tragedia di Shakespeare (Antonio e Cleopatra, III, 13) Enobarbo dice alla regina che la colpa della sconfitta è di Antonio.

Cleopatra gli domanda: “Is Antony or we in fault for this?”

Enobarbo risponde: “Antony only, that would make his will Lord of  his reason” (III, 13, 2-4) che ha voluto mettere il suo piacere al di sopra della ragione.

Fece male a seguire Cleopatra che fuggiva: the itch of his affection should not then-have nick’d his captainship, il prurito dell’amore non avrebbe dovuto intaccare in quel momento la sua funzione di comando (III, 13, 7-8)

Enobarbo dopo le vittorie di Ottaviano pensa che the loyalty held too fools -does make our faith mere folly, la lealtà serbata ai pazzi trasforma la fede in pazzia.

 Tuttavia ha dei dubbi: chi segue fedelmente il suo signore caduto, vince colui che ha vinto il suo signore (III, 13, 42-45).

  

Antonio nella tragedia di Shakespeare reagisce come nella Vita di Plutarco: Go Eros, send his treasur after; do it, vai Eros e mandagli i suoi tesori. Non trattenere uno iota, te lo ordino. Scrivigli cortesi addìi e saluti. Digli che gli auguro di non trovare più motivi per cambiare padrone. O, my fortunes have-corrupted honest ean! (IV, 5, 12-16), oh le mie sventure hanno corrotto gli uomini onesti!

 

Anche l'Enobarbo di Shakespeare si pente, e si uccide per giunta . Prega la luna di essere testimone del suo pentimento (IV, 9, 7).

Sempre rivolto a the blessed moon aggiunge: "trhow my heart against the flint and hardness of my fault", getta Il mio cuore contro la durezza di selce della mia colpa ed esso, inaridito dal dolore, si frantumerà in polvere, ponendo termine a tutti i ripugnanti pensieri. Oh Antonio, più nobile di quanto è infame il mio tradimento, forgive me in thine own particular, but let the world rank me in register a master-leaver and a fugitive: o Antony, Antony!  (IV, 9, 15-23), perdonami per tuo proprio conto, ma lascia che il mondo mi classifichi nel registro dei traditori e disertori.            

Nella prima scena del I atto Antonio afferma la propria identità di uomo passionale  e celebra l'amore che lo lega a Cleopatra dicendo:"kingdoms are clay" ( …) the nobleness of life is to do thus  (I, 1, 35-37) i regni sono fango (…) la nobiltà di vita è fare così. E abbraccia Cleopatra dicendo che il loro mutuo amore gli fa imporre al mondo, rischiando una punizione, di riconoscere che costituiscono una coppia incomparabile. E' il prevalere della passione sulla rispettabilità, sulle convenienze, sulla ragionevolezza.

 

Plutarco è meno benevolo di Shakespeare con Antonio.

Antonio voleva assimilarsi a Eracle e a Dioniso.

Nella prefazione alla coppia Demetrio -Antonio,  Plutarco che è meno benevolo di Shakespeare nei confronti di Antonio,   afferma che forse non è male inserire tra gli esempi le vite  di uomini che hanno fatto uso del loro ingegno in modo troppo sconsiderato, e sono divenuti celebri nel potere e nelle grandi imprese per i loro vizi ("eij" kakivan").

Antonio era amato dai suoi soldati poiché amava gozzovigliare con loro. Fondamentale per lui era la figura di Ercole. Il suo comportamento, cameratesco, generoso, passionale, era visto come Erculeo. 

Nella tragedia di Shakespeare si sente una musica in aria, o sotto terra, davanti al palazzo di Cleopatra e un soldato chiede: “It signs well, does it not?E un altro “No”.  Allora “What should this mean?” E il pessimista: “’Tis the god Hercules, whom Antony loved, Now leaves him” ( 4, 3, 14-16).

 

Sentiamone un riuso fatto da T. S. Eliot: “the God Hercules/Had left him, that had loved him well” (Burbank with a Baedeker, Bleistein with a cigar (1920).

Plutarco scrive che l’aspetto stesso di Antonio ricordava quello di Eracle quale appare nei dipinti e nelle statue. Aveva una bella barba, un’ampia fronte e un naso aquilino. Secondo una tradizione antica gli Antoni erano Eraclidi discendenti da Antone, figlio di Eracle, e il triumviro si adoperava per confermare questa leggenda con l’atteggiamento e l’abbigliamento: portava al fianco una grande spada mavcaira megavlh e indossava un mantello ruvido savgo" perievkeito tw'n sterew'n (4, 1-4).

I Romani non approvavano il suo amore per Cleopatra e il fatto che riconobbe i gemelli avuti da lei. Ma Antonio era abile nel gloriarsi delle brutture ajll j ajgaqo;" w]n ejgkallwpivsasqai toi'" aijscroi'" (Vita,  36, 6)  diceva che la nobiltà di stirpe si propaga con molti figli. Così Eracle e il suo progenitore Antone, figlio di Eracle, avevano dato libero corso alla natura mettendo al mondo tanti figli.

 

Anche Plutarco nota brutti segni poco prima della guerra con Ottaviano “Pesaro città colonizzata da Antonio, situata sull’Adriatico Peivsaura

 jAntwnivou povli"  klhrouciva wj/kismevnh para; to;n   jAdrivan,  fu ingoiata da una voragine che si spalancò nella terra.

Poi una statua di Antonio presso Alba stillò sudore,  e, mentre lui stesso soggiornava a Patrasso, il tempio di Eracle fu colpito dai fulmini, quindi ad Atene il Dioniso della Gigantomachia situato sul muro meridionale dell’acropoli cadde nel teatro strappato dal vento.

Antonio diceva di essere parente di Eracle per la stirpe, e di Dioniso poiché ne imitava lo stile di vita, Si faceva chiamare Diovnuso" nevo" (Vita di Antonio, 60, 2-5).

Seguironop altri presagi con tristo annunzio di futuro danno.

 

Bologna 26 gennaio 2021 ore 18, 20

giovanni ghiselli

 

p. s

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