domenica 31 gennaio 2021

Debrecen 1979. 85. Speranze fasulle e discorsi politici seri

Barbara Guidi, La rocca "Lago Di Garda"
Mi tornò in mente la gita scolastica di Ifigenia che portò un paio di classi sul lago di Garda, il Benacus che si alza con flutti e si fa sentire con fremito marino. Era il maggio odoroso: davanti avevamo tutta l’estate piena di promesse. Al ritorno mi raccontò degli allievi, di un collega, dei primi turisti tedeschi che prendevano il sole e degli abitanti autoctoni della venusta Sirmione. Tutti gli uomini, mi disse, la guardavano incedere tra le rovine e gli olivi dove camminava con una sottana rossa e trasparente che lasciava intravvedere le magnifiche cosce separate dalle mutande colore del cielo sereno. Mi domandavo se fosse una stella superiore alle miserie umane o anche lei una carta destinata a bruciarsi nella luce ardente dove si trovava, quindi a cadere nel fiume torbido che porta al Mare Nero del nulla. Avrei voluto evitarglielo.

Mentre osservavo lo sfollarsi degli argini, pensavo che se Ifigenia, bella com’era, avesse avuto uno stile elegante e dignitoso come quello della casta Isabella, le avrei chiesto non solo di fare l’amore centinaia di volte nei nove mesi passati insieme ma anche di mettere al mondo una bambina che prendesse il meglio da ciascuno di noi.

Esaurito il pensiero ipotetico e poco reale, mi avvicinai a Isabella che stava sopra di me. Ci raggiunse Silvia e venne a chiederci se volevamo fare una camminata insieme e fermarci a bere una birra e parlare un poco prima di andare a dormire.

Questa ragazza bionda era capace di parlare politicamente. Era la penultima sera della borsa di studio e tornammo sugli argomenti della nostra prima conversazione all’Obester di Debrecen, all’inizio del corso.

Ogni evento della vita passa  ma non è vero che non lascia traccia alcuna se  è un incontro che ha significato qualcosa, se ha toccato la sfera emotiva oltre quella mentale.

Silvia ribadì che il suo paese era diventato una provincia dell’impero sovietico. Ulbricht poi  Honecker erano  fantocci manovrati dal Cremlino  e sostenuti da un esercito di occupazione di mezzo milione di soldati per lo più asiatici e semibarbari.

Pensai alla ciuvassa Faina che era una persona buona, civile, educata. Lei mi disse che il suo popolo aveva ricevuto progresso dai sovietici, perfino da Stalin. Aveva potuto innanzitutto studiare, poi fruire di assistenza medica.  Benefici sconosciuti ai suoi nonni. Lo dissi a Silvia e aggiunsi che per tali aiuti alla vita si può rinunciare a un poco di libertà. Insomma non era del tutto d’accordo con l’amica tedesca che seguitava a infamare la D.D.R. Diceva che se criticavi il regime potevi essere denunciato alla Stasi e finire in prigione.

Tutt’altra campana avevo sentito da Martina che tre anni prima mi aveva ospitato  in un appartamento carino, pieno di libri a Berlino est nella Unter den Linden vicino al Museo di Pergamo ed era soddisfatta di Honecker. Vero è che il padre era un dirigente della televisione, ma nessuno di loro viveva nel lusso.

Silvia ammise che a Berlino vigeva una certa uguaglianza economica tra le persone. Le feci notare che l’uguaglianza richiede una fase di costrizione e repressione di quanti vogliono la disuguaglianza: se non li tieni a freno costoro isorgono, organizzano un colpo di Stato e compiono stragi come era accaduto in Cile l’11 settembre, quello 1973. Allende per aiutare i poveri aveva dovuto tassare i ricchi e ridurre il colonialismo subito dal suo paese. I colonizzatori avevano preparato e sostenuto i militari golpisti, una canaglia di felloni assassini.

Silvia riconobbe che in Ungheria dove c’era meno repressione e più libertà, erano ritornate le sperequazioni economiche.

 

Bologna 31 gennaio 2021 ore 21,29 

giovanni ghiselli


p.s

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