lunedì 18 gennaio 2021

Euripide. 20

Murat
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Argomento

Menelao, lo spartano, è un personaggio negativo nell’Oreste e nell’Andromaca

 

Vediamo alcuni aspetti del testo di Euripide. Oreste intanto ridicolizza lo zio[1] sfidandolo in tutta la sua tronfia vanità: "ajll j i[tw xanqoi'" ejp j w[mwn bostruvcoi" gaurouvmeno"" (Oreste, v. 1532), venga pure pavoneggiandosi per i biondi ricci fluenti sulle spalle"[2].

Questo Menelao ricorda il comandante ben rasato ma poco coraggiosi di Archiloco[3], e prefigura il Pirgopolinice cincinnatus di Plauto: “Populi odium quidni noverim, magnidicum, cincinnatum,/moechum unguentatum? ” (Miles gloriosus, v. 923), come potrei non conoscere, quell’individuo odioso a tutti, lo spaccone, riccioluto, puttaniere impomatato? , domanda la meretrice Acroteleutium.

Tolstoj in Guerra e pace individua il militare bello e vano in Gioacchino Murat:" un uomo d'alta statura dal cappello adorno di piume, i capelli inanellati che gli piovevano sulle spalle. Indossava un mantello scarlatto, e le lunghe gambe erano protese in avanti (...) in effetti costui era Murat, che ora aveva assunto la qualifica di re di Napoli (...) cosicché aveva un'aria più trionfante e imponente di quanto l'avesse prima (...) Alla vista del generale russo, con gesto regale e solenne, respinse indietro il capo con quei capelli a riccioli fluenti sulle spalle (...) La faccia di Murat raggiava di stolida soddisfazione" (pp. 925 - 926).

 

 Il bellimbusto spartano tradito dalla moglie vuole la morte dei nipoti

“Qualcuno apra la casa: ai servi dico

di dare spinte a queste porte, perché si possa almeno

salvare mia figlia dalle mani assassine degli uomini

e recuperare la sventurata povera sposa mia,

con lei devono morire per mano mia 1565

quelli che hanno ammazzato la mia consorte" (Oreste,1561 - 1566).

 

Menelao qui viene di nuovo messo in ridicolo poiché di fatto Elena non è stata uccisa ma assunta in cielo come annuncia Apollo che, apparso ex machina, svela gli arcana del governo divino:"

“Io l’ho salvata e l’ho sottratta alla spada

tua[4], ricevuto l’ordine da Zeus padre.

Infatti è figlia di Zeus e deve vivere immortale,

e nelle plaghe dell’etere sarà seduta vicino

a Castore e Polluce, protettrice dei marinai” (Oreste, 1633 - 1637)

Quindi il dio ordina a Menelao;

Tu prendi un’altra sposa da tenere in casa,

poiché gli dèi con la bellezza di questa

fecero scontrare Elleni e Frigi, 1640

e posero in atto le morti, per togliere dalla terra

l’onta dell’affollamento esorbitante dei mortali (1638 - 1642)

  

Così conosciamo la causa della guerra[5], e vediamo che gli uomini muoiono per i piani degli dèi.

 

Menelao è un personaggio negativo poiché nel mito era lo spartano e nel 408, l'anno in cui venne rappresentata questa tragedia, Alcibiade, dopo essere tornato trionfalmente ad Atene, chiamò a raccolta tutte le energie contro i Lacedemoni nel tentativo disperato di ribaltare le sorti della guerra.

Eppure Euripide non si trova sempre in disaccordo con l’antipatico e mal reputato marito di Elena: non quando l’Atride accusa Apollo per il fatto che ha ordinato il matricidio a Oreste:

Con grande ignoranza della bellezza e della giustizia”.

(Oreste, v. 417 ).

 

Menelao comunque è un pessimo personaggio già nell’Andromaca: in questa tragedia perseguita la vedova di Ettore la quale lo apostrofa dandogli del fau`lo~ (v. 325), della nullità, e del pallone gonfiato dalla dovxa, la reputazione, che ingrandisce la vita di tanti uomini che non valgono nulla: “oujde;n gegw`si bivoton w[gkwsa~ mevgan”(v. 320).

Con effetto quasi tumorale.

 

 Nell’Andromaca anche Peleo si scaglia contro Menelao : lo chiama infame assassino di Achille (v. 615). E aggiunge che non vale nulla (v. 641), che non ha avuto nessun merito nella presa di Troia. In Grecia c’è l’usanza sbagliata di riconoscere solo ai capi il vanto delle imprese, e il comandante, non facendo niente più di uno solo, ottiene una fama maggiore

 “oujde;n plevon drw'n eJno;" e[cei pleivw lovgon” (Andromaca, v. 698)[6].

 

Bertolt Brecht fa eco a questa critica: “Il giovane Alessandro conquistò l’India./Da solo?/Cesare sconfisse i Galli./Non aveva con sé nemmeno un cuoco?”[7].

Le guerre le vogliono i potenti e gli speculatori, le iene del campo di battaglia. Il Cappellano della pièce di Brecht Madre Courage e i suoi figli dice che la guerra non finirà mai; se ci sarà crisi “le verranno in soccorso gli imperatori, i re e il papa”

 

Bologna 18 gennaio 2021 ore 10, 23

 

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] In un film di Fellini potrebbe essere “lo zio patacca”.

[2] Questa descrizione si può inserire nel tovpo" del guerriero non bello ma valoroso contrapposto al bellone vanaglorioso .Archiloco ha fama di avere inventato il tovpo" del miles gloriosus con il frammento 60 D. :"non amo lo stratego grande (mevgan strathgovn) né dall'incedere tronfio/né compiaciuto dei riccioli (bostruvcoisi gau'ron), né ben rasato;/ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe/a vedersi, però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore/ (kardivh" plevw") ". Nel Miles gloriosus di Plauto, il parassita Artotrogo si inventa, per compiacere Pirgopolinice, che una donna gli avrebbe chiesto se era Achille, e avrebbe aggiunto che era bello: “vide caesaries quam decet” (v. 64), guarda come gli sta bene la chioma, e avrebbe chiamato fortunatae le donne che potevano giacere con lui. Tolstoj in Guerra e pace individua il militare bello e vano, un vero e proprio stratego archilocheo francese e napoleonico, in Gioacchino Murat: "un uomo d'alta statura dal cappello adorno di piume, i capelli inanellati che gli piovevano sulle spalle. Indossava un mantello scarlatto, e le lunghe gambe erano protese in avanti (...) in effetti costui era Murat, che ora aveva assunto la qualifica di re di Napoli (...) cosicché aveva un'aria più trionfante e imponente di quanto l'avesse prima (...) Alla vista del generale russo, con gesto regale e solenne, respinse indietro il capo con quei capelli a riccioli fluenti sulle spalle (...) La faccia di Murat raggiava di stolida soddisfazione" (pp. 925 - 926). Nell'Oreste il Messaggero che racconta i tornei oratori dell’assemblea presenta con simpatia il piccolo proprietario terriero il quale lavora la terra da sé ed è uno di quelli che, soli, salvano la città: ebbene egli era un uomo di aspetto non attraente ma coraggioso (" morfh'/ me;n oujk eujwpov", ajndrei'o" d j ajnhvr", v.918).

 

[3] "non amo lo stratego grande né dall'incedere tronfio

né compiaciuto dei riccioli, né ben rasato;

ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe

a vedersi, però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore". Tetrametri trocaici catalettici 

[4] Si rivolge a Oreste.

[5] Analoga eziologia della guerra di Troia si trova nell’Elena (vv. 36 - 41) e nell’Elettra di Euripide.

[6] La Medea di Euripide rinfaccia a Giasone l’aiuto che gli ha dato per compiere l’impresa: “ il drago, che avvolgendo il vello tutto d'oro/lo sorvegliava con le spire contorte senza dormire,/dopo averlo ucciso, sollevai per te la luce della salvezza (Medea, vv. 480 - 482). 

[7] Domande di un lettore operaio, vv. 16 - 19, da Poesie di Svendborg, 1939, ,in Brecht, Poesie, p. 157.

3 commenti:

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