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Argomento
Menelao, lo spartano, è un personaggio negativo
nell’Oreste e nell’Andromaca
Vediamo alcuni aspetti del testo di Euripide. Oreste intanto ridicolizza lo
zio[1]
sfidandolo in tutta la sua tronfia vanità: "ajll j i[tw xanqoi'" ejp j w[mwn bostruvcoi"
gaurouvmeno"" (Oreste,
v. 1532), venga pure pavoneggiandosi per i biondi ricci fluenti
sulle spalle"[2].
Questo
Menelao ricorda il comandante ben rasato ma poco coraggiosi di Archiloco[3], e prefigura il Pirgopolinice cincinnatus di Plauto: “Populi odium
quidni noverim, magnidicum, cincinnatum,/moechum unguentatum? ” (Miles
gloriosus, v. 923),
come potrei non conoscere, quell’individuo odioso a tutti, lo spaccone,
riccioluto, puttaniere impomatato? , domanda la meretrice Acroteleutium.
Tolstoj in Guerra e pace individua il
militare bello e vano in Gioacchino Murat:" un uomo d'alta
statura dal cappello adorno di piume, i capelli inanellati che gli
piovevano sulle spalle. Indossava un mantello scarlatto, e le lunghe gambe
erano protese in avanti (...) in effetti costui era Murat, che ora aveva
assunto la qualifica di re di Napoli (...) cosicché aveva un'aria più
trionfante e imponente di quanto l'avesse prima (...) Alla vista del generale
russo, con gesto regale e solenne, respinse indietro il capo con quei
capelli a riccioli fluenti sulle spalle (...)
La faccia di Murat raggiava di stolida soddisfazione" (pp. 925 - 926).
Il bellimbusto spartano tradito dalla moglie vuole la morte dei nipoti
“Qualcuno
apra la casa: ai servi dico
di dare
spinte a queste porte, perché si possa almeno
salvare mia
figlia dalle mani assassine degli uomini
e recuperare
la sventurata povera sposa mia,
con lei
devono morire per mano mia 1565
quelli che
hanno ammazzato la mia consorte" (Oreste,1561 - 1566).
Menelao qui viene di nuovo messo in ridicolo poiché di fatto Elena non è
stata uccisa ma assunta in cielo come annuncia Apollo che, apparso ex
machina, svela gli arcana del governo divino:"
“Io l’ho
salvata e l’ho sottratta alla spada
tua[4], ricevuto l’ordine da Zeus padre.
Infatti è
figlia di Zeus e deve vivere immortale,
e nelle
plaghe dell’etere sarà seduta vicino
a Castore e
Polluce, protettrice dei marinai” (Oreste, 1633 - 1637)
Quindi il dio ordina a Menelao;
Tu prendi
un’altra sposa da tenere in casa,
poiché gli
dèi con la bellezza di questa
fecero
scontrare Elleni e Frigi, 1640
e posero in
atto le morti, per togliere dalla terra
l’onta
dell’affollamento esorbitante dei mortali (1638 - 1642)
Così conosciamo la causa della guerra[5],
e vediamo che gli uomini muoiono per i piani degli dèi.
Menelao è un personaggio negativo poiché nel mito era lo spartano e nel
408, l'anno in cui venne rappresentata questa tragedia, Alcibiade, dopo essere
tornato trionfalmente ad Atene, chiamò a raccolta tutte le energie contro i
Lacedemoni nel tentativo disperato di ribaltare le sorti della guerra.
Eppure Euripide non si trova sempre in disaccordo con l’antipatico e mal
reputato marito di Elena: non quando l’Atride accusa Apollo per il fatto che ha
ordinato il matricidio a Oreste:
“Con grande
ignoranza della bellezza e della giustizia”.
(Oreste, v. 417 ).
Menelao
comunque è un pessimo personaggio già nell’Andromaca: in questa tragedia perseguita la vedova di Ettore
la quale lo apostrofa dandogli del fau`lo~ (v. 325), della nullità, e del
pallone gonfiato dalla dovxa, la reputazione, che ingrandisce la vita di tanti uomini che non valgono
nulla: “oujde;n gegw`si bivoton w[gkwsa~ mevgan”(v. 320).
Con effetto
quasi tumorale.
Nell’Andromaca anche Peleo si scaglia contro Menelao : lo
chiama infame assassino di Achille (v. 615). E aggiunge che non vale nulla (v.
641), che non ha avuto nessun merito nella presa di Troia. In Grecia c’è
l’usanza sbagliata di riconoscere solo ai capi il vanto delle imprese, e il
comandante, non facendo
niente più di uno solo, ottiene una fama maggiore
“oujde;n plevon drw'n eJno;"
e[cei pleivw lovgon” (Andromaca,
v. 698)[6].
Bertolt Brecht fa eco a questa critica: “Il giovane Alessandro conquistò l’India./Da
solo?/Cesare sconfisse i Galli./Non aveva con sé nemmeno un cuoco?”[7].
Le guerre le
vogliono i potenti e gli speculatori, le iene del campo di battaglia. Il
Cappellano della pièce di Brecht Madre Courage e i suoi figli dice
che la guerra non finirà mai; se ci sarà crisi “le verranno in soccorso gli
imperatori, i re e il papa”
Bologna 18 gennaio 2021 ore 10, 23
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] In un film di Fellini potrebbe essere
“lo zio patacca”.
[2] Questa descrizione si può inserire
nel tovpo" del
guerriero non bello ma valoroso contrapposto al bellone
vanaglorioso .Archiloco ha fama di avere inventato il tovpo" del miles gloriosus
con il frammento 60 D. :"non amo lo stratego grande (mevgan
strathgovn) né
dall'incedere tronfio/né compiaciuto dei riccioli (bostruvcoisi
gau'ron), né ben
rasato;/ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe/a vedersi, però che
proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore/ (kardivh"
plevw") ".
Nel Miles gloriosus di Plauto, il parassita Artotrogo si
inventa, per compiacere Pirgopolinice, che una donna gli avrebbe chiesto se era
Achille, e avrebbe aggiunto che era bello: “vide caesaries quam decet”
(v. 64), guarda come gli sta bene la chioma, e avrebbe chiamato fortunatae le
donne che potevano giacere con lui. Tolstoj in Guerra e pace individua
il militare bello e vano, un vero e proprio stratego archilocheo francese e
napoleonico, in Gioacchino Murat: "un uomo d'alta statura dal
cappello adorno di piume, i capelli inanellati che gli piovevano sulle
spalle. Indossava un mantello scarlatto, e le lunghe gambe erano protese in
avanti (...) in effetti costui era Murat, che ora aveva assunto la qualifica di
re di Napoli (...) cosicché aveva un'aria più trionfante e imponente di quanto
l'avesse prima (...) Alla vista del generale russo, con gesto regale e
solenne, respinse indietro il capo con quei capelli a riccioli fluenti
sulle spalle (...) La faccia di Murat raggiava di stolida
soddisfazione" (pp. 925 - 926). Nell'Oreste il Messaggero che
racconta i tornei oratori dell’assemblea presenta con simpatia il piccolo
proprietario terriero il quale lavora la terra da sé ed è uno di quelli che,
soli, salvano la città: ebbene egli era un uomo di aspetto non attraente ma
coraggioso (" morfh'/ me;n oujk eujwpov", ajndrei'o" d j
ajnhvr",
v.918).
[3] "non amo lo stratego grande né
dall'incedere tronfio
né
compiaciuto dei riccioli, né ben rasato;
ma per me
sia pur piccolo, e storto di gambe
a vedersi,
però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore".
Tetrametri trocaici catalettici
[4] Si rivolge a Oreste.
[5] Analoga eziologia della guerra di
Troia si trova nell’Elena (vv. 36 - 41) e nell’Elettra di
Euripide.
[6] La Medea di Euripide rinfaccia a
Giasone l’aiuto che gli ha dato per compiere l’impresa: “ il drago, che
avvolgendo il vello tutto d'oro/lo sorvegliava con le spire contorte senza
dormire,/dopo averlo ucciso, sollevai per te la luce della salvezza (Medea, vv. 480 - 482).
[7] Domande di un lettore operaio, vv.
16 - 19, da Poesie di Svendborg, 1939, ,in Brecht, Poesie,
p. 157.
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