PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUIVincenzo Di Benedetto
Il politicante di razza antica eppure privo di lealtà
e gratitudine è simile al demagogo immigrato, all’homo novus inquilinus civis
urbis graecae.
La teoria della classe media. Talora servo e padrone
si scambiano i ruoli. Euripide tuttavia non arriva a sostenere l’emancipazione.
Parole contro la schiavitù invece si leggono in Antifonte sofista e in
Alcidamante
Sentiamo le accuse che Menelao indirizza al fratello,
capo della spedizione panellenica contro Troia, nell'Ifigenia in Aulide:
"lo sai: quando volevi ottenere il comando dei
Danai contro Troia, senza ambirvi in apparenza, ma aspirandovi con la volontà,
come eri umile, toccando ogni destra e tenendo aperte le porte per chi lo
volesse tra i popolani, e davi udienza successivamente a tutti, anche se uno
non la chiedeva, cercando con modi affettati di comprare dalla piazza quanto
voleva la tua ambizione. Poi, da quando avesti in pugno il
potere - ka\/t j ejpei; katevsce" ajrcav" , assunti altri modi, non eri più amico come
prima agli amici di prima, ma inaccessibile e introvabile dentro i luoghi
chiusi.
L'uomo buono - a[ndra
to;najgaqovn - quando si trova in auge non deve
cambiare i costumi[1], anzi, soprattutto allora deve
essere costante verso gli amici, quando, con la buona fortuna, è in grado di
far loro del bene"(vv. 337 - 348).
Vediamo allora come si comporta l’uomo buono
Non manca il tipo della persona per bene.
Nell'Oreste c'è un galantuomo che difende i
figli di Agamennone per i quali il demagogo aveva proposto la lapidazione: "Un
altro, però, alzatosi, diceva cose contrarie a quello, era un uomo di aspetto
non bello, però animoso, uno che di rado bazzica la città e il cerchio della
piazza, un lavoratore in proprio (aujtourgov~), di quelli che, soli, salvano il paese, e pure
intelligente, quando vuole scontrarsi con le parole, integro, che conduce una
vita irreprensibile" (vv.917 - 922).
Vincenzo Di Benedetto da questi versi ricava una
"teoria della classe media"[2] secondo la quale la
solidarietà di Euripide va verso i piccoli proprietari terrieri.
Anche nell'Elettra euripidea, il
contadino cui è stata data in moglie la figlia di Agamennone, per umiliarla è:
"un uomo povero, ma nobile e pieno di rispetto nei miei confronti"(v.
253), dice la stessa Elettra descrivendo la propria situazione al fratello il
quale poi le chiede in che cosa consista il rispetto di questo marito anomalo.
Ebbene, si tratta di un San Giuseppe greco poiché la ragazza risponde: “non ha
mai osato toccare il mio letto”v. 255).
Secondo D. Lanza[3] il tragediografo fu un asociale e
socialmente provò solo simpatie, non solidarietà .
Anche per Di Benedetto del resto l'apertura verso il
popolo è di corto respiro.
“E’ assolutamente impossibile annoverare Euripide tra
le file degli oligarchi o dei democratici; si può invece affermare che il suo
giudizio indipendente e rigoroso lo collocasse al di sopra dei partiti, come
dimostra in particolare la notevole tetralogia delle Troiane”[4].
E' pur vero che servi e padroni[5] si scambiano, momentaneamente, i
ruoli: personaggi di condizione servile possono partecipare all'azione in modo
non subalterno ma determinante, come il vecchio che nell'Elettra prepara
il riconoscimento tra i fratelli.
Viceversa, nella stessa tragedia, Elettra va ad attingere
l'acqua con un vaso in testa: "Metti giù quest'urna, toglila via dal mio capo"(vv.
140 - 141) dice la protagonista a se stessa.
Nell'Elena , Menelao compare sulla
scena vestito di stracci (vv. 421 - 422).
Nell’esodo si trova l'espressione "per gli schiavi
nobili"[6] ( gennaivoisi douvloi~, Elena, v. 1641) la cui morte più gloriosa
sarebbe immolarsi per i padroni.
Nello Ione, il figlio di Apollo e Creusa,
spazza il tempio[7] tutto il giorno da quando appare
l’ala veloce del sole.
In questa tragedia il vecchio schiavo - pedagogo
rivendica dignità a molte persone del suo ceto:"una sola cosa porta
vergogna ai servi: il nome: in tutto il resto un servo non è per niente
peggiore dei liberi, se è una persona per bene". (Ione, vv.
854 - 856).
Del resto non viene messa in discussione la sudditanza
del servo il quale, anche se anche può essere un magnanimo o perfino uno che
può dare giudizi, se parla meglio di chi comanda (cfr. Elena, v.
1637), deve comunque essere disposto all’abnegazione in pro del suo signore.
Infatti lo schiavo dell’Elena sostiene davanti al suo re,
Teoclimeno, che per gli schiavi nobili il gesto più glorioso è pro;
despovtwn…qanei'n ( vv. 1640 - 1641), morire per i padroni.
Antifonte sofista[8] nel Discorso sulla verità
va oltre Euripide: denuncia come innaturali le differenze che le leggi e le
usanze stabiliscono tra gli uomini.
"Le disposizioni delle leggi sono avventizie,
quelle della natura necessarie. E quelle delle leggi dovute a un accordo non
sono naturali. E quelle nate dalla natura non sono dovute a un accordo (…) La
maggior parte delle determinazioni giuste secondo la legge si trovano in
posizione ostile nei confronti della natura (…) quelli che provengono da una
casata non illustre non li rispettiamo né onoriamo. In questo ci comportiamo
come barbari gli uni verso gli altri. Infatti per natura, in tutto, tutti siamo
costituiti per essere uguali barbari ed Elleni (…) tutti di fatto inspiriamo
nell'aria attraverso la bocca e le narici e tutti mangiamo con le mani "[9].
Alcidamante in polemica con isocrate sostenne che la
schiavitù non è naturale
Isocrate nel 366/365, o
qualche tempo dopo, dedicò a questo tema il suo Archidamo ,
ponendo in bocca a questo principe, figlio di Agesilao, un discorso in cui si
sconsiglia la pace, e si afferma che Sparta aveva pienamente diritto a ridurre
i Messenii in schiavitù.
“Con l'Archidamo il
retore Isocrate può considerarsi lo "storico", per così dire, della
mentalità schiavistica spartana in senso stretto (...) L'Archidamo di
Isocrate è insomma proteso alla difesa dello schiavismo spartano su una base
"storica ". Nelle Elleniche di Senofonte, invece, neanche
una parola sulla fondazione di Messene. In apparenza Senofonte non si è posto
il problema. Egli sapeva che il tema dello "schiavismo" spartano era
oggetto di una grossa polemica, fra Isocrate e Alcidamante: questi aveva
scritto il Messeniaco per mostrare, al contrario del suo eterno
avversario Isocrate, che gli Spartani non avevano alcun diritto di tenere i
Messenii in schiavitù. "Liberi tutti ci lasciò il dio" diceva
Alcidamante; "la natura non ha fatto schiavo nessuno" (...)
Senofonte, socratico,
non poteva essere del tutto indifferente a questi temi. Nell'Anabasi ,
scritta prima delle Elleniche , egli mostra un notevole
disprezzo per un soldato d'origine servile, che vorrebbe rinunciare alla lotta
(III, 1, 31), ma mostra altresì umanità nei riguardi di un altro mercenario,
peltasta, anch'egli di origine servile (IV, 8, 4 ...) In ogni caso ha voluto
evitare che il suo laconismo lo facesse apparire disumano: la polemica fra
Isocrate e Alcidamante era una lezione cocente"[10].
giovanni ghiselli
[1] Seneca nell’Epistola 120 scrive:"maximum
indicium est malae mentis fluctuatio (20)... Magnam rem puta unum
hominem agere " (22), il massimo segno di un animo volto al male
è l'ondeggiare...Considera grande cosa rappresentare sempre la stessa
parte.
[2] Euripide: teatro e società ,
p. 193 e sgg. Ne riferirò commentando la Medea dopo il v. 125.
[3] Lo
spettatore sulla scena, Un titolo che echeggia
Nietzsche, da La nascita della tragedia già più volte citata.
[4] J. G. Droysen, Aristofane, p. 220. La tetralogia era formata dalle tragedie Alessandro,
Palamede, Troiane e dal dramma satiresco Sisifo.
[5] Cfr. Di Benedetto, Euripide: teatro
e società , capitolo decimo.
[6] Se
ne trova un’eco in Terenzio: propterea quod servibas liberaliter (Andria,
v. 38), poiché facevi lo schiavo con animo libero.
[7] Cfr. Ione, vv. 112 - 124, che costituiscono,
si può quasi dire, un elogio della ramazza.
[8] Attivo nella seconda metà del V
secolo.
[9] Oxyrh. Pap. XI Fragmetum I
[10]S. Mazzarino, Il pensiero storico
classico , I vol., pp. 369 - 371.
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