mercoledì 13 gennaio 2021

La resilienza, il latino, poi Renzi e la Boschi

E’ di gran moda il termine resilienza, incomprensibile, credo, alla maggioranza degli Italiani. E’ uno dei tanti espedienti per non farsi capire: mangiarsi le parole, pronunciarle senza articolarle con chiarezza, qualche termine inglese, le sigle, gli acrostici e così via. Non parlare in modo comprensibile per essere creduti intelligenti, profondi, pieni di importanti e sacri misteri.

Insomma addetti, accredidati, inclusi dove conta ed esclusivi dei non eletti.  

Io uso spesso il latino e il greco, più raramente l’inglese, magari citando Shakespeare o T. S. Eliot, o Joyce, poi traduco tutto, quasi sempre. Nel post precedente non l’ho fatto siccome mi rivolgevo in latino alla Boschi e a Renzi che sono più bravi di me in ogni lingua e certamente non hanno bisogno della versione in italiano di poche parole né di vedere indicato il modello.

Per i comuni mortali chiarisco che ho tratto l’idea dal discorso di Ceriale che si trova nel IV libro delle Historiae di Tacito (capitolo 74)

 

Ora che mi rivolgo a tutti, mi sento in dovere di spiegare ogni cosa.

Vediamo l’etimo, il significato vero del vocabolo resilienza. L’origine sta nel verbo latino resilire, che significa “balzare all’ indietro”, “rimbalzare indietro”, “rifuggire”.

Resilienza in italiano dovrebbe indicare la resistenza dei materiali alla rottura in seguito a urti.

Adesso però voglio tornare ai due politici toscani e applicare questo resilire tanto alla ragazza di Arezzo quanto al bizzarro giovanotto fiorentino. Voi resilientes parlamentari state saltando e ri-saltando sulla camera dei deputati, sul senato e sulla nostra Repubblica. Così facendo, a lungo andare cadrete sulle vostre stesse figure politiche che sono gonfiate a dismisura e le farete scoppiare

Valete

 

giovanni ghiselli detto gianni

 

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