giovedì 28 gennaio 2021

Non si deve perdere l’occasione. Il valore del tempo

Il palazzo durante il banchetto di Giulio Cesare e Cleopatra era aperto a tutte le insidie ad cunctas aula patebat - insidias (Lucano, Pharsalia, X, 422-423). Ma i “mostri” egiziani non volevano un attacco notturno affrettato e ansioso trepidos in nocte tumultus (425) ne caedes confusa mano permissaque fatis - te, te Ptolemaee trahat - perché una strage indistinta e lasciata al caso non trascini anche te, Tolomeo.
Perdono l’occasione: visum famulis reparabile damnum-illam mactandi dimittere Caesaris horam (429-430) sembrò a quei servi una perdita riparabile lasciare passare l’ora opportuna per ammazzare Cesare.
Cfr. Antonio e Cleopatra di Shakespeare  (II 7, 81-83) dove Menas dice a Sesto Pompeo che non sfrutta l’occasione di ammazzare i tre compropietari del mondo  three world-sharers ospiti nella sua nave: “I’ll never follow  thy pall’d fortune more - who seeks and will not take, when once ‘tis offer’d - shall never find it more” , non seguirò più la tua svigorita fortuna: chi cerca e non prende una cosa quando gli viene offerta, non la troverà più.
 
Non bisogna dimenticare che l'occasione "è calva di dietro"[1].
Marlowe risale forse a Fedro (V, 8) che ci dà l’’mmagine del tempo come venne raffigurata dagli antichi.

 Vediamola:
cursu volucri, pendens in novacula-
 calvus, comosa fronte, nudo corpore,
(quem si occuparis, teneas; elapsum semel
non ipse possit Iuppiter reprehendere)
occasionem rerum significat brevem.
Effectus impediret ne segnis mora
finxere antiqui talem effigiem Temporis,
in corsa alata, librandosi sul filo del rasoio,
calvo con un ciuffo sulla fronte, nudo nel coro
(che se riesci ad afferrarlo puoi trattenere; ma una volta sfuggito
nemmeno Giove in persona potrebbe riprendere.
Affinché il pigro indugio non inceppi i risultati effettuali
gli antichi rappresentarono tale immagine del Tempo.
 
La scuola  dovrebbe insegnare pure a cogliere l'occasione, a individuare quello che è significativo in mezzo al turbinio di offerte insignificanti: il ragazzo impari a non fallire le opportunità favorevoli alla sua crescita.
I nostri classici insistono su questo concetto.
L’intelligenza dell’occasione serve a capire la misura appropriata: “C’è una misura in tutto: e l’occasione è ottima a comprenderla” (Pindaro, Olimpica XIII, vv. 47-48).
 Isocrate[1] nel manifesto della sua scuola, Contro i sofisti [2] afferma che difficile non è tanto acquisire la conoscenza dei procedimenti retorici, quanto non sbagliarsi sul momento opportuno per usarli: "tw'n kairw'n mh; diamartei'n" (16).
Già Oreste nell'Elettra di Sofocle, dove si tratta di vita o di morte, conclude il suo primo discorso affermando che l'occasione è sovrana: "kairo;" gavr, o{sper ajndravsin - mevgisto" e[rgou pantov" ejst j ejpistavth"" (vv. 75-76), l'occasione infatti è appunto per gli uomini la più grande presidente di ogni agire.
Cicerone suggerisce di usare il vocabolo occasio per tradurre il greco eujkairiva che designa il tempus…actionis opportunum, il tempo opportuno di un'azione[3].
Nell’Antonio e Cleopatra Menas decide di non seguire più l’indebolita Infine Nietzsche: “Forse il genio non è affatto così raro: sono rare le cinquecento mani che gli sono necessarie per dominare il kairov~, “il momento opportuno”, per afferrare per i capelli il caso!”[5].
L’occasione da acciuffare in questa difficile e travagliata circostanza, a parer mio, sta nell’utilizzare, nel rendere effettualmente utili i finanziamenti ottenuti. Renderli cioè funzionali  a migliorare e potenziare, la scuola, l’assistenza medica, i trasporti, e sempre con l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze tra gli abbienti e i poveri.
 
Il tempo è il bene più grande che abbiamo e non possiamo perderlo. E’ l’unico vero bene in nostro possesso ma è volatile e irrecuperabile: “fugit inreparabile tempus”  (Virgilio, Georgica III, 84)
 
Seneca afferma che dobbiamo difenderne la proprietà e il diritto di uso con tutte le forze:"Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult " (epist., 1, 3), tutto quanto è roba degli altri, Lucilio, soltanto il tempo è nostro; la natura ci ha messi in possesso di questo solo bene che fugge e scivola via, e da questo ci sbatte fuori chiunque vuole.  
Il tempo per Seneca è dopo tutto lo stato d'animo di ciascun uomo. 
Su questa linea Agostino definisce il tempo "distentionem… ipsius animi"[2], un'estensione proprio dell'animo
 
Il tempo ha anche la pregevole facoltà di rivelare il giusto e di confutare l’ingiusto. Vediamo qualche testimonianza di questa affermazione
 
Teognide consiglia di prendere tempo prima di elogiare qualcuno poiché molti si camuffano, però la finzione dura poco: “touvtwn d j ejkfaivnei pavntw" crovno" h\qo" ejkavstou” (Silloge, 967), di ciascuno di questi il tempo in ogni modo rivela il carattere.
 
 Pindaro nell' Olimpica I  indica il tempo come giustiziere saggio: "aJmevrai d j ejpivloipoi-mavrture" sofwvtatoi" (vv.33-34). "i giorni a venire sono i testimoni più sapienti. 
nell'Olimpica II “Crovno"  oJ pavntwn pathvr” (v. 17), Tempo, il padre di tutto, non può tuttavia modificare l'effetto del passato.  Nel fr.159 il lirico tebano afferma comunque:"ajndrw'n dikaivwn crovno" swth;r a[risto"”, degli uomini giusti il tempo è il salvatore ottimo.
 
Sentiamo Sofocle
 Il tempo quale entità che rende giustizia agli onesti è invocato da Creonte ingiustamente accusato  nell' Edipo re: "Ma nel tempo conoscerai questo con sicurezza poiché/soltanto il tempo rivela l'uomo giusto (crovno" divkaion a[ndra deivknusin movno");/il malvagio invece puoi conoscerlo anche in un giorno solo"(vv. 613-615).
 
 
Nell'Aiace il protagonista  inizia il lungo monologo che apre il secondo episodio con una considerazione sul grande e infinito tempo (“oJ makro~ kajnarivqmhto~ crovno~ ”, v. 646). Esso contribuisce alla costituzione dell’imprevisto: infatti “ a{panq jfuvei t j a[dhla kai; fanevnta kruvptetai” (vv. 646-647), dà alla luce tutte le cose oscure e nasconde quelle già apparse.
 
  Il coro dell'Elettra nella parodo ricorda alla protagonista, la quale compiange la propria desolazione, che il tempo è un dio che tutto appiana:"crovno" ga;r eujmarh;" qeov" " (v. 179).
 
Nell' Edipo a Colono il vagabondo cieco preannuncia a Teseo, che, a parte la stabilità degli dèi, il tempo onnipotente rimescola tutto:" ta; d' a[lla sugcei' pavnq'  oJ pagkrath;" crovno" "(v. 609).
Più avanti (nel terzo Commo[3])  il Coro attribuisce al tempo la capacità di vedere tutto:"oJra'/ , oJra'/ tau't' ajei;crovno" , (vv. 1453-1454), e di portare a compimento i destini, prima o poi, secondo un ordine invisibile che è più forte di quello visibile.
Si può pensare ai cambiamenti imprevedibili cui abbiamo assistito o al film di Polanski Oliver Twist, non un grande film, o al romanzo di Dickens.  
 
 Anassimandro, "in una scrittura lapidaria potentemente stilizzata"[4], fa del tempo il grande giustiziere che impartisce punizioni e vendette a quanti si staccano dall' a[peiron originario: da dove gli esseri hanno l'origine, là devono anche perire secondo necessità (kata; to; crewvn): si danno infatti a vicenda punizione e vendetta dell'ingiustizia, secondo l'ordinamento del tempo "didovnai ga;r aujta; divkhn kai; tivsin ajllhvloi" th'" ajdikiva" kata; th;n tou' Crovnou tavxin", (fr.B 1 Diels-Kranz).
 Nel dramma  La tragedia spagnola [5]  Isabella, la moglie di  Hieronimo (quello che "è pazzo di nuovo"[6] ), dice al marito:"l'assassinio non può essere nascosto: il tempo è autore insieme della verità e della giustizia, e il tempo porterà alla luce questo tradimento" (II, 6).
 
Il tempo viene invocato come rivelatore delle trame delle sorelle malvagie da Cordelia, la figlia buona di Re Lear: "Time shall unfold what plaited cunning hides", Il tempo renderà manifesto ciò che l'intrigo dell'astuzia nasconde"(I, 1).
 
Machiavelli nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio  sostiene che nel caso di "occulta cagione" da cui procede "alcuna malignità occulta... la fa poi scoprire il tempo, il quale dicono essere padre di ogni verità"(I, 2).
 
giovanni ghiselli 
 
 


[1] C. Marlowe, L'ebreo di Malta, V, 2.
[2]  Confessioni, XI, 25.
[3] Aristotele usa il termine kommov" (1452b24) per indicare "il lamento comune cantato del coro e della scena" ossia la lamentazione di una voce solista e del coro.
[4] Nietzsche, La filosofia nell'età tragica dei Greci , p. 49.
[5] di Thomas Kyd (del 1585)
[6] Hieronymo's mad again ( T. S. Eliot, The waste land, v. 437)

3 commenti:

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