sabato 23 gennaio 2021

Euripide. 37

Emma Dante – Studio da LE BACCANTI di Euripide
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Argomenti

Il dionisiaco nelle Baccanti di Euripide. Inserire i mostri della notte nel culto degli dei. Nietzsche, poi Goethe e Thomas Mann

 

Nella Parodo delle Baccanti il Coro delle Menadi d'Asia vede Dioniso ed entusiasma gli spettatori trasferendo davanti a loro l'immagine del dio che trema magicamente nella sua anima. "Ora al coro ditirambico è affidato il compito di eccitare dionisiacamente l'anima degli ascoltatori al punto che essi, quando l'eroe tragico appare sulla scena, non vedano già l'uomo grottescamente mascherato, bensì una figura visionaria partorita per così dire dalla loro stessa estasi"[1].

La Parodo delle Baccanti dà un'idea del dionisiaco, della rinuncia alla identità personale, dell'alternativa all'apollineo come principium individuationis e volontà di potenza, del tuffarsi nei flutti del misticismo ed entrare in comunione con la natura, imitando Dioniso. “Così come c’è una Imitazione di Cristo, ci fu anche una imitazione di Dioniso, che venne chiamata letteralmente “imitazione” - oJmoivwsi~ pro;~ to;n qeovn - , la quale consisteva nel “perdere la testa”, dimenarsi, ammattire: maivnesqai, bakceuvein[2].

Il suono cupo degli strumenti delle Baccanti, i tuvmpana baruvbroma (v. 156) e i lwtoiv (v. 160), i flauti eccitava i sensi; non aveva intervalli regolari come quello degli strumenti a corde che invece stimolava la riflessione. 

 Lo sviluppo dell'arte ellenica è legato alla duplicità di questi due istinti artistici, l’apollineo e il dionisiaco, alla loro tensione dialettica e alla loro sintesi nella tragedia.

 

Nietzsche divide la cultura greca antica in grandi periodi determinati dalla lotta di questi due principi avversi:"dall'età del bronzo, con le sue titanomachie e la sua aspra filosofia popolare si sviluppò, sotto il dominio dell'istinto di bellezza apollineo, il mondo omerico", poi "questa magnificenza "ingenua" venne di nuovo inghiottita dal fiume irrompente del dionisiaco", quindi "di fronte a questa nuova potenza l'apollineo si elevò alla rigida maestà dell'arte dorica e della visione dorica del mondo".

 Infine abbiamo la tragedia attica "come la meta comune dei due istinti, il cui misterioso connubio si è glorificato, dopo una lunga lotta precedente, in una tale creatura che è insieme Antigone e Cassandra"[3].

 

Le due fasi del terrore dei mostri e dell’apollineo nel Faust di Goethe.

 

Nel Faust II , Elena ricorda la prima fase e i suoi ritorni: “ Alla figlia di Zeus non si addice la paura del volgo, né la mano rapida del terrore la sfiora. Ma lo sgomento che sorgendo fin dal principio dal grembo della Notte antica, si alza a volute multifomi come nubi ardenti su dall’igneo abisso del monte, fa tremare anche il petto dell’eroe ( Davanti al palazzo di Menelao a Sparta, 8647 - 8652).

 

Quindi l’apollineo: “ Finché non arriva Febo, il signore e re (der Herr und König kommt) amico della bellezza (Schönheitsfreund), e ricaccia gli orridi figli della notte giù nelle caverne, oppure li frena (8694, 8696)

 

 Thomas Mann fa dire a Serenus Zeitblom nel Doctor Faustus: "non posso far a meno di contemplare il nesso intimo e quasi misterioso fra lo studio della filologia antica e un senso vivamente amoroso della bellezza e della dignità razionale dell'uomo (...) dalla cattedra ho spiegato molte volte agli scolari del mio liceo come la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della notte nel culto degli dei"[4]. E’ il caos che si fa cosmo.

 

giovanni ghiselli

 



[1] " F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 8 -

[2] J. Ortega y Gasset, Idea del teatro, p. 86.

[3] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 4.

[4]T. Mann, Doctor Faustus , pp. 12 e 14.

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