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La sapienza deve sapere di vita e potenziare la vita. Il sapere non è
sapienza. Euripide, Chaplin, Nietzsche, Goethe e Thomas Mann
Questa idea
si trova anche nel discorso finale del film di Chaplin The great dictator (1940): il barbiere,
sosia di Hynkel-Hitler, scambiato per il grande dittatore, deve fare un
discorso che legittimi e anzi esalti la prepotenza del tiranno, presentato alla
folla come il futuro imperatore del mondo dal ministro della propaganda
Garlitsch - Goebbels. Ebbene il piccolo grande uomo non rispetta la parte che
gli è stata assegnata e dice di non volere comandare su nessuno, ma aiutare
tutti. Poi continua dicendo: “Our knowledge has made us cynical, our
cleverness hard and unkind. We think to much and feel to little. More than
machinery we need humanity. More than cleverness we need kindness and
gentleness”, la nostra conoscenza ci ha resi cinici, la nostra intelligenza
duri e scortesi. Noi pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di
macchinari abbiamo bisogno di umanità. Più che di intelligenza abbiamo bisogno
di bontà gentilezza.
Di
nuovo: "to; sofo;n d j ouj sofiva (Baccanti, v.395), il sapere non è sapienza.
La sofiva è lo scopo di quella cultura
che Nietzsche chiama tragica: "la sua principale caratteristica consiste
nell'elevare a meta suprema, in luogo della scienza, la sapienza". La
sapienza si tuffa nel fiume della vita. Il sapere al contrario è il fine
dell'uomo teoretico il quale "non osa più affidarsi al terribile fiume dell'esistenza:
angosciosamente egli corre su e giù lungo la riva”[1] .
“L’artista
tragico non è pessimista - dice appunto sì a ogni cosa
problematica e anche terribile, è dionisiaco”[2].
Da Socrate,
il Greco degenere, a Faust: “A un vero Greco come dovrebbe apparire
incomprensibile Faust, l’uomo di cultura moderno in sé comprensibile, che si
precipita insoddisfatto attraverso tutte le discipline, dedito alla magia e al
diavolo per brama di sapere, che ci basta mettere a confronto con Socrate per
vedere come l’uomo moderno cominci ad avere sentore dei limiti di quel piacere
socratico per la conoscenza, e come dal vasto e deserto mare del sapere aneli a
una costa!”[3].
Faust,
insoddisfatto della sua vita teoretica, dice a Mefistofele: “invano ho
avidamente ammucchiato tutti i tesori dello spirito umano: quando alla fine mi
seggo, non sgorga dal mio intimo nessuna forza nuova; io non son cresciuto di
un capello, non mi trovo più vicino all’infinito”. Al che Mefistofele risponde:
“Lasciatelo dire: chi se ne sta a speculare è come una bestia che uno spirito
maligno fa girare in tondo sopra un’arida landa, mentre tutto all’intorno ci
sono dei bei pascoli verdi”. Quindi invita Faust tentato: “Intanto, andiamo
via. Che è questo luogo di martirio? E che vita è questa che consiste
nell'annoiare sè e i giovani?” [4]
Vale la pena
di riferire anche il commento di T.
Mann: "A questa tragica saggezza, che benedice la vita in
tutta la sua falsità, durezza e crudeltà, Nietzsche ha dato il nome di Dioniso.
Il nome del dio ebbro appare per la prima volta in quell’opera estetico - mistica
della sua giovinezza che s’intitola La nascita della tragedia dallo
spirito della musica in cui l’elemento dionisiaco come disposizione
artistico - psichica è contrapposto al principio artistico del’apollineo (…) in
modo molto simile a quello in cui Schiller nel famoso saggio[5] contrappone “l’ingenuo”[6] al “sentimentale”[7]. Qui ricorre per la prima volta
l’espressione “uomo teorico” e viene assunta la posizione polemica contro
Socrate, il prototipo di quest’uomo teorico: contro Socrate, lo spregiatore
dell’istinto, l’esaltatore della coscienza, colui che insegnava essere bene
soltanto ciò che è cosciente, il nemico di Dioniso e il distruttore della
tragedia. Da lui deriva, secondo Nietzsche, una cultura scientifica
alessandrina, pallida, dottorale, estranea al mito, estranea alla vita, una
cultura in cui hanno vinto l’ottimismo e la fede nella ragione, l’utilitarismo
pratico e teorico che, come la democrazia stessa, è un sintomo della stanchezza
psicologica e del decadere della forza. L’uomo di questa cultura socratica,
antitragica, l’uomo teorico non vuol possedere più nulla nella sua interezza,
con tutta la naturale crudeltà delle cose. Il suo atteggiamento ottimistico lo
ha svigorito. "[8].
giovanni
ghiselli
[1] La
nascita della tragedia , capitolo 18.
[2] Crepuscolo degli idoli, La
“Ragione” nella filosofia.
[3] La nascita
della tragedia , capitolo 18.
[4] Goethe, Faust ,
Prima parte (del 1808), in Goethe, Opere , p. 22
[5] Della poesia ingenua e sentimentale,
1808. Ndr.
[6] Il poeta ingenuo è natura,
la poesia ingenua è natura (ndr.)
[7] Il poeta sentimentale cerca la natura
(ndr).
[8] T. Mann,
La filosofia di Nietzsche (del 1948), in Nobiltà dello Spirito, pp. 814
- 815.
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