NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 21 gennaio 2021

Euripide. 30

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Argomenti. Il dilemma se nelle persone prevalga quanto è innato oppure l’educazione. La furia di Ecuba

“Ecuba trista, misera e cattiva,/ poscia che vide Polissena morta,/ e del suo Polidor in su la riva/ del mar si fu la dolorosa accorta,/ forsennata latrò sì come cane,/ tanto il dolor le fe’ la mente torta” (Dante, Inferno, XXX, 16 - 21).

La donna che fa paura. Andromaca non è questo tipo di donna

 

Nell'Ecuba troviamo alcune tematiche ricorrenti in Euripide: il rapporto tra natura innata e cultura, visto in questa tragedia con un certo pessimismo pedagogico: l'indole, come aveva già affermato Pindaro[1]non cambia attraverso l'educazione , sebbene anche questa abbia la sua importanza:"Certo questo è strano: se la terra è cattiva, ma ottiene buone opportunità da un dio, produce buona spiga, mentre se è buona, ma non ottiene quanto deve ottenere, dà cattivi frutti; tra gli uomini invece il malvagio non può essere nient'altro che cattivo, mentre il buono è buono, né per una disgrazia guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto. Dunque i genitori contano più o l'educazione? Certamente anche essere educati bene, porta insegnamento di onestà; e se uno ha imparato questa, sa che cosa è turpe, avendolo appeso con la norma della virtù" (Ecuba, vv. 593 - 602).

 

Nelle Supplici, di un paio d'anni posteriore all'Ecuba[2], leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia: Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella guerra contro Tebe poi, rivolgendosi direttamente a Teseo, il Pericle in vesti eroiche, conclude: "Non ti stupire dopo quanto ho detto, Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di morire davanti alle torri. Infatti essere educati non ignobilmente comporta il senso dell'onore: e ogni uomo che ha esercitato la virtù si vergogna di diventare vile. Il coraggio è insegnabile (eujandriva didaktovn ), se è vero che il bambino impara a dire e ad ascoltare quello di cui non ha cognizione. E quello che uno abbia imparato, suole conservarlo fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri figli" (Supplici, vv.909 - 917). 

 

Tornando all'Ecuba e al tema del carattere femminile, la regina, parlando con Agamennone, sostiene che la donna può essere più forte, o più violenta del maschio: "E che? non furono delle donne a uccidere i figli di Egitto e non spopolarono Lemno completamente dai maschi?" (vv. 886 - 887).

Sono casi notissimi di violenza femminile: del primo si trova l'antefatto nelle Supplici di Eschilo, il secondo è menzionato anche da Dante: "poi che l'ardite femmine spietate/tutti li maschi loro a morte dienno" (Inferno , XVIII, 89 - 90).

 In effetti poi il grido di Polimestore accecato è: "Delle donne mi hanno mandato in rovina" (Ecuba, v.1095). Queste furie, Ecuba e le altre prigioniere, non si limitano a cavare gli occhi al traditore re di Tracia, ma ne uccidono i figli: "all'improvviso, tirate fuori le spade dai pepli, chissà da dove, trapassano i bambini"(vv. 1161 - 1162). Quanto alle donne, conclude Polimestore, non se n'è ancora detto male abbastanza, e, volendo fare una sintesi, si può aggiungere: "una razza del genere non la nutre né la terra né il mare; chi via via ha a che fare con loro se ne accorge" (vv. 1181 - 1182).

 

Il terrore della prepotenza femminile pervade diverse tragedie del teatro attico. La donna ateniese, se non contava nulla nella vita politica e cittadina, era di sicuro una presenza incombente sui figli, soprattutto sui maschi con i quali cercava una rivalsa:"il ripudio e il disprezzo delle donne significa il ripudio e il disprezzo della domesticità - della vita domestica e familiare, e quindi anche dell'allevamento dei bambini. Il maschio adulto ateniese rifuggiva dalla casa, ma ciò significava che il bambino ateniese cresceva in un ambiente dominato dalle donne"[3].

 

La moglie di Ettore non è il tipo di donna che fa paura

Nelle Troiane i due temi della barbara e della donna confluiscono nel discorso di Andromaca, figura evidentemente cara a Euripide. Ella sciorina tutta la sua domestica virtù di moglie alla suocera affranta, per significarle, però, che tanto valore accompagnato da una buona fama non l'ha preservata dalla disgrazia. Si tratta dei vv.643 - 656.

La reputazione conseguita a tanta virtù muliebre, aggiunge la vedova di Ettore, non mi ha portato fortuna, poiché dopo la caduta di Troia: "il figlio di Achille volle prendermi come concubina; ed io dovrò essere schiava nella casa degli omicidi"(659 - 660).

 

Ebbene tale cambiamento, non solo di sorte ma anche di amante, è insopportabile per una onesta. "Sebbene dicano che una sola notte basti a placare l'avversione di una donna per il letto di un uomo, tuttavia io sputo in faccia a colei che, messo da parte il marito di prima per nuove nozze, ama un altro; anzi neppure una puledra, quando viene separata dalla compagna con la quale fu allevata, trarrà volentieri il giogo. Eppure le bestie sono prive di parola e non hanno l’uso della ragione, e per natura sono inferiori" (Troiane, vv. 666 - 673).

Segue l'elogio di Ettore e del loro amore, in termini che echeggiano quelli del sesto dell'Iliade , quindi la conclusione, sconsolata per se stessa, ancora malamente viva, e consolatoria per la suocera che piange la figlia morta: "Io, caro Ettore, avevo in te un uomo che mi bastava, grande per intelligenza, nobiltà, ricchezza e forza. E dopo avermi presa vergine dalla casa di mio padre, per primo aggiogasti il mio letto verginale. E ora tu sei morto, ed io navigherò verso l'Ellade, prigioniera di guerra destinata a un giogo servile. Non ha forse mali minori dei miei la morte di Polissena che tu piangi?"

(Troiane, vv. 673 - 680).

 

giovanni ghiselli

 



[1] Nella Seconda Olimpica , :" saggio è chi sa molto per natura", v. 86.

[2] Rispettivamente del 422 e del 424.

[3]Ph. E. Slater, The glory of Hera , in La tragedia greca. Guida storica e critica , p. 161.

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