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I ritardi della punizione divina che arriva comunque
Nella Tempesta (1611-12) di Shakespeare, Ariele fa sparire il cibo preparato per un banchetto dai malfattori che il mare ha vomitato sull’isola.
Tutti estraggono le spade, ma the spirit too delicate (I, 2, 272) eppure in grado di cavalcare le nubi ricciute (to ride over the curled clouds I, 2, 191-192). dice che quelle armi non possono ferirlo più dei venti ululanti.
Ricorda le malefatte di quei farabutti: Alonso il re di Napoli, Antonio il fratello usurpatore di Prospero legittimo duca di Milano, Sebastiano fratello di Alonso, e dichiara che sono state the powers, delaying, not forgetting (III, 3, 73) le potenze, che rimandano ma non scordano, ad aizzare gli elementi contro la loro pace.
Su questo differire vediamo uno scritto dei Moralia di Plutarco: I ritardi della punizione divina PERI TWN UPO TOU QEIOU BRADEWS TIMWROUMENWN
De sera numinis vindicta
Un personaggio del dialogo ambientato a Delfi cita questo proverbio criticandolo: “i mulini degli dei macinano tardi”
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toÚtoij ¢le‹n
legomšnoij mÚloij tîn qeîn kaˆ poioàsi
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(549D), sicché non vedo quale vantaggiio ci sia in questi cosiddetti mulini degli dei che macinano tardi e rendono oscura la giustizia e inefficace il timore del castigo.
La formulazione completa è che essi macinano tardi, però macinano finemente.
L’autore dei Moralia risponde citando il Timeo di Platone (47b-c) quando Timeo dice che la natura ci ha dato la vista perché l’anima, davanti allo spettacolo meraviglioso dei corpi celesti prenda l’abitudine di amare e ricercare il decoro e l’armonia, mentre impara ad aborrire le passioni disordinate e instabili.
La lentezza della punizione dunque si spiega con la volontà divina di dare un esempio “per eliminare la violenza e il furore delle nostre vendette. Il dio insegna a non aggredire chi ci ha offeso, come se dovessimo appagare la fame o la sete, a non reagire con ira quando l’animo si agita infiammato saltando al di sopra della ragione -
m¾ sÝn ÑrgÍ mhd' Óte m£lista flšgetai kaˆ sfad®zei
‘phdîn Ð qumÕj tîn frenîn ¢nwtšrw’” (550 E).
Torniamo a The tempest di Shakespeare.
Solo heart sorrow, sincero pentimento e clear life, una vita irreprensibile potranno salvare i farabutti (III, 3, 81-82) ammonisce Ariele che poi svanisce in mezzo ai tuoni mentre gli spettri scompaiono tra gli sberleffi portando via la tavola. Prospero approva la grazia divorante a devouring grace di Ariele (III, 3, 84)
Il legittimo duca di Milano rivendica pure la propria parte: miei grandi incantesimi funzionano (my high charms work, III, 3, 89) e i nemici sono paralizzati nel loro sconcerto
Alonso il re di Napoli complice dell’usurpatore di Milano dice che lo sentiva. La natura offesa mandava dei segni: “O, è mostruoso, mostruoso! - mi sembrava che le onde parlassero e me lo dicessero, the winds did sing it to me, che i venti me lo cantassero, e il tuono profonda e spaventosa canna d’organo, ponunciasse il nome di Prospero - and the thunder. - that deep and dreadful organ-pipe, pronounc’d - the name of Prosper” (III, 3, 95-99)
Gonzalo, il vecchio consigliere onesto, aggiunge che la grande colpa come veleno dato per funzionare molto tempo dopo comincia a morderli nell’anima great guilt è like poison given to work a great time after now gins to bite the spirits (III, 3, 105-106)
Bologna 31 gennaio 2021. ore 12, 55
giovanni ghiselli
p. s
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