venerdì 22 gennaio 2021

Euripide. 35

Teatro greco di Siracusa, Troiane
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Leggere Euripide è utile a quanti vogliono trattare cause giudiziarie. Il processo a Elena accusata da Ecuba nelle Troiane.

Euripide anticipa alcuni temi e aspetti della successiva letteratura ellenistica.

 

Nelle Troiane di Euripide. Ecuba controbatte Elena con abilità non minore: Euripide usa il metodo dei Dissòi lògoi [1] impiegato pure nelle Antilogie perdute di Protagora[2] il quale "fu il primo a sostenere che intorno ad ogni argomento ci sono due asserzioni contrapposte tra loro" come ricorda Diogene Laerzio (9, 51).

L'episodio delle Troiane è “una specie di scena giudiziaria in cui entrambe le parti fanno uso di tutti i mezzi avvocateschi”[3].

 

Infatti Quintiliano sostiene che Euripide rispetto a Sofocle è di gran lunga più utile a coloro che si preparano a trattare cause: “iis qui se ad agendum comparant utiliorem longe fore Euripiden”.

Quindi spiega perché: “Namque is et sermone (quod ipsum reprehendunt, quibus gravitas et cothurnus et sonus Sophocli videtur esse sublimiormagis accedit oratorio generi et sententiis densus et in iis quae a sapientibus tradita sunt paene ipsis par, et dicendo ac respondendo cuilibet eorum qui fuerunt in foro diserti comparandus », infatti egli nel linguaggio (fatto stesso che rimproverano quelli cui sembra più elevato il coturno e il tono di Sofocle) si avvicina di più al genere oratorio ed è pieno di sentenze e in quelle che sono state tramandate dai filosofi quasi pari a quelli stessi, e nel parlare e nel rispondere si deve paragonare a ciascuno di quelli che furono facondi nel foro.

Tutto questo però non esclude il pathos: “in adfectibus vero cum omnibus mirus tum in iis qui miseratione constant facile praecipuus” [4], nei sentimenti del resto è straordinario sia in generale sia particolarmente in quelli che sono fatti di compassione. 

 

“Come creatore di un nuovo modo di descrivere il pathos, Euripide si dimostra una volta di più precursore dell’ellenismo: quando lo scritto Sul sublime lo riconosce maestro nella rappresentazione del pathos della follia e dell’amore (15, 3), definisce in tal modo due settori dominanti della poesia ellenistica, e a questo contesto appartiene anche la nuova importanza che assumono i ruoli assegnati ai bambini”[5].

 

Sentiamo ora l’inizio dell'accusa di Ecuba: "Prima di tutto mi farò alleata delle tre dèe e dimostrerò che costei non dice il giusto. Io infatti credo che Era e la vergine Pallade non siano giunte a tanta stoltezza, per la quale una voleva vendere Argo ai barbari, e Pallade che Atene un giorno fosse serva dei Frigi, se davvero convennero sull'Ida ad una gara di bellezza per scherzo o civetteria. Infatti per quale motivo una dèa, Era, avrebbe dovuto avere tanto desiderio di bellezza? Forse per prendere uno sposo migliore i Zeus?

O sarebbe andata a caccia delle nozze di qualcuno degli dèi Atena che chiese al padre di conservare la verginità volendo schivare il letto nuziale?

Non rendere sceme le dèe per abbellire la tua colpa: tu non convinci gli intelligenti. Hai detto che Cipride - e questo è davvero molto ridicolo - è venuta al palazzo di Menelao con mio figlio. Non avrebbe potuto portarti via a Ilio con la stessa Amicle[6] rimanendo tranquilla nel cielo?" (vv.969 - 986).

Il fatto è che Paride era il più bello

 

Nel terzo canto dell'Iliade glielo ricorda Ettore con un rinfacciamento che smonta il pregio di tanta venustà se è associata alla vigliaccheria.

In testa all'esercito troiano si fa vedere Paride con l'aspetto di un dio (qeoeidhv" , v. 16), con pelle di pantera sopra le spalle, arco ricurvo e spada; per giunta, il bellimbusto sfidava tutti i campioni degli Achei squassando due lance a punta di bronzo. Ma quando Menelao, contento della preda, saltò a terra dal carro per affrontarlo, il bellone sbigottì in cuore e si ritirò presso i compagni. Allora Ettore lo assalì chiamandolo Duvspari ei\do" a[riste, funesto Paride ottimo nell’aspetto , quindi gli diede del donnaiolo (gunaimanev") e del seduttore (hjperopeutav v. 39), poi lo accusò di smentire la bellezza esteriore con un cuore senza forza né valore (45), in quanto era uomo capace di portare via le donne ai mariti bellicosi ma non di affrontarli.

Allora Paride gli risponde di non biasimarlo e non rinfacciargli i doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh" jAfrodivth"", 64): nemmeno per te sono spregevoli i magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, v. 65) che del resto nessuno può scegliersi.

 

Torniamo alle Troiane dove Ecuba accusa Elena nel processo davanti a Menelao.

Seguono le accuse di sensualità e avidità già riportate, quindi altre di mendacio: "affermi che mio figlio ti portò via con la forza: chi degli Spartani se ne accorse? o quale grido levasti, mentre il giovane Castore e il gemello erano vivi, non ancora tra gli astri? (vv. 998 - 1001)

 La vecchia regina per giunta accusa Elena di opportunismo, di stare sempre dalla parte del vincitore:"Quando poi giungesti a Troia e gli Argivi sulla tua orma, e c'era la lotta di lance mortifere, se ti veniva annunciato che vittoriose erano le gesta di questo

[7] esaltavi Menelao, perché mio figlio si affliggesse di avere un grande rivale nell'amore. Se invece avevano successo i Troiani, costui non era più nulla (oujde;n h\n o{de). Tu guardavi al successo[8]e stavi attenta a seguirlo, mentre non ti curavi di andare con la virtù” (vv.1002 - 1009). Poi vengono altre imputazioni meno interessanti. Infine c'è la richiesta della condanna: "Menelao, perché tu sappia dove porterò il mio discorso, onora la Grecia uccidendo costei in modo degno di te, e per le altre donne fissa questa legge: che debba morire chiunque tradisca lo sposo"(Troiane, vv. 1029 - 1032).

 

Una richiesta che sembra venire accolta da Menelao: “sarà come tu vuoi: infatti non si imbarcherà sulla nave dove salirò io; e non dici male; giunta ad Argo la malvagia morrà malvagiamente come si merita, e insegnerà a tutte le donne la temperanza (swfronei'n): questo invero non è facile; comunque la morte di costei getterà nel timore la loro follia, pure se fossero ancora peggiori"(vv. 1053 - 1059). Ma sappiamo tutti, anche dallo stesso Euripide, che Elena se la caverà, mentre gli innocenti, quali Polissena o Astianatte, vengono uccisi dai vincitori.

 

giovanni ghiselli

 



[1] " Un testo che può definirsi la formulazione "relativistica" del pensiero dei sofisti…Gli "agoni di discorsi" tucididei echeggiano questa problematica, pur a mezzo secolo di distanza dai Dissoì lògoi… uno scritto sofistico redatto verso il 450 o al più tardi 440" (S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1 pp. 258 ss.

[2] Nato nella ionica Abdera intorno al 485 a. C., all'incirca coetaneo di Euripide dunque.

[3] A. Lesky, Storia della letteratura greca, p. 502

[4] Quintiliano, Institutio oratoria, X, 1, 67 - 68.

[5] Lesky, Op. cit., p. 776.

[6] Borgo a sud di Sparta, sulla sponda orientale dell’Eurota.

[7] Indica Menelao

[8] "Le donne non perdonano l'insuccesso", dice bene Kostantin, il ragazzo suicida di Il gabbiano di Cechov (Atto secondo. Cechov è vissuto tra il 1860 e il 1904. Il gabbiano è del 1895.). Poi: "Se una donna non tradisce, è perché non le conviene" sostiene Pavese (Il mestiere di vivere , 31 ottobre 1938.) Infine:"Le puttane battono a soldi. Ma quale donna si dà altro che a ragion veduta?" Il mestiere di vivere , 17 gennaio 1938.)

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