NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 14 gennaio 2021

Euripide. 5

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Argomento

Il dramma satiresco il Ciclope, la tragedia le Supplici e la questione, già sofoclea, delle leggi scritte

 

Euripide non partecipò alle battaglie dellalunga guerra del Peloponneso che pure viene echeggiata spesso dalle sue tragedie, né rivestì cariche pubbliche, anche se la vita della polis prende parte ai suoi drammi, frequenti sono le indicazioni di scelta politica, e il mito viene attualizzato con maggior decisione e frequenza che da Eschilo e Sofocle: il drammaturgo più giovane e moderno però si tenne fuori o rimase escluso dai maneggi dei partiti, dalle vicende belliche, dai pesi e dagli onori della vita pubblica. Si diceva che passasse molto tempo in una grotta prospiciente l'isola di Salamina. Sul finire della vita, forse sdegnato per gli scarsi riconoscimenti ottenuti anche come poeta, accettò l'invito del re di Macedonia, Archelao, e si trasferì nella sua corte di Pella dove morì tra il 407 e il 406.

Abbiamo visto che quando vennero rappresentate le Rane di Aristofane alle Lenee del 405 Euripide era già morto.

 

Della vasta produzione euripidea ci sono arrivate 18 drammi di sicura attribuzione, tra i quali uno satiresco, il Ciclope, di cronologia incerta, ma probabilmente posteriore al 410.

L’autore porta sulla scena il noto episodio omerico del IX canto dell’Odissea. “Attraverso Polifemo, Euripide critica apertamente l’estremismo degli intellettuali del suo tempo, che consideravano lo “stato di natura” un modello al quale ritornare ed esaltavano il ruolo dell’uomo come misura di tutte le cose, proclamando l’individualismo sfrenato, la supremazia assoluta del diritto del più forte, l’agnosticismo religioso[1]. Il valore di questa polemica risulta ancora più chiaro se si accetta di attribuire il Ciclope agli ultimi anni della vita del poeta, dopo la fallimentare spedizione militare degli ateniesi in Sicilia[2], in un momento delicato per il destino della democrazia ateniese”[3]

Polifemo, essersi ingozzato dei compagni di Odisseo, intende mangiare anche lui e fa una predica all’”ometto” dicendo che la ricchezza è l’unico dio per le persone sagge (oJ plou`to~, ajnqrwpivske, toi~ sofoi`~ qeov~, v.316).

Più avanti, coerentemente con questa visione crassamente materialistica, il Ciclope aggiunge che sacrifica le greggi a se stesso kai; th`/ megivsth/ gastri; th`/de daimovnwn (v. 335), e a questa pancia, la più grande tra le dèe. Zeus per i saggi è mangiare e bere tutti i giorni e non prendersela per niente (lupei`n de; mhdevn, v. 338). Devono invece piangere i legislatori che con le leggi hanno complicato la vita umana: “oi} de; tou;~ novmou~ - e[qento poikivllonte~ ajnqrwvpwn bivon” (v. 338 - 339). Il rozzo ciclope contrario alle leggi può richiamare agli spettatori la tragedia Antigone di Sofocle in modo irrisorio e polemico

 

G. Ugolini sostiene che le leggi scritte sono anteposte a quelle non scritte dai sostenitori della democrazia e fa l'esempio delle Supplici di Euripide dove "Teseo si produce in un'esaltazione del sistema democratico...replicando alle accuse dell'araldo, puntualizza un aspetto della democrazia che in questa sede ha grande rilevanza: mentre nella città governata da un tiranno la legge è del tutto arbitraria, in un regime democratico (Eur. Suppl. 433 - 437) le leggi sono scritte (gegrammevnwn tw'n novmwn), la giustizia è uguale per il debole e per il ricco”[4].

Nelle Supplici, Teseo propugna la democrazia e dice all’araldo tebano mandato da Creonte che quando c’è un tiranno non esistono più leggi comuni (novmoi - koinoiv, vv. 430 - 431).

E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~ - oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv. 433 - 434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti.

 

giovanni ghiselli



[1] Lo stesso argomento si individua in un passo di una quarantina di versi del dramma satiresco Sisifo di Crizia (il principale esponente della rivoluzione oligarchica che alla fine della guerra del Peloponneso rovesciò la democrazia per instaurare il cosiddetto governo dei Trenta): in esso si suppone che un antico saggio, per favorire lo sviluppo della società organizzata, avesse escogitato l’esistenza degli dei onniscienti, ai quali non sfuggono neppure gli atti che rimangono nascosti alla giustizia terrena 

[2] … alla spedizione ateniese in Sicilia fanno pensare le insistite allusioni all’ambientazione del dramma nell’isola.

[3] Orietta Pozzoli, traduzione e note di, Eschilo Sofocle Euripide, Drammi Satireschi, pp 124 - 125.

[4] Ugolini, Sofocle e Atene, p. 150.

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