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Argomento
Il dramma satiresco il Ciclope, la tragedia le Supplici e
la questione, già sofoclea, delle leggi scritte
Euripide non
partecipò alle battaglie dellalunga guerra del Peloponneso che pure viene
echeggiata spesso dalle sue tragedie, né rivestì cariche pubbliche, anche se la
vita della polis prende parte ai suoi drammi, frequenti sono le
indicazioni di scelta politica, e il mito viene attualizzato con maggior
decisione e frequenza che da Eschilo e Sofocle: il drammaturgo più giovane e
moderno però si tenne fuori o rimase escluso dai maneggi dei partiti, dalle
vicende belliche, dai pesi e dagli onori della vita pubblica. Si diceva che
passasse molto tempo in una grotta prospiciente l'isola di Salamina. Sul finire
della vita, forse sdegnato per gli scarsi riconoscimenti ottenuti anche come
poeta, accettò l'invito del re di Macedonia, Archelao, e si trasferì nella sua
corte di Pella dove morì tra il 407 e il 406.
Abbiamo
visto che quando vennero rappresentate le Rane di Aristofane
alle Lenee del 405 Euripide era già morto.
Della vasta
produzione euripidea ci sono arrivate 18 drammi di sicura attribuzione, tra i quali uno satiresco, il Ciclope, di cronologia
incerta, ma probabilmente posteriore al 410.
L’autore
porta sulla scena il noto episodio omerico del IX canto dell’Odissea.
“Attraverso Polifemo, Euripide critica apertamente l’estremismo degli
intellettuali del suo tempo, che consideravano lo “stato di natura” un modello
al quale ritornare ed esaltavano il ruolo dell’uomo come misura di tutte le
cose, proclamando l’individualismo sfrenato, la supremazia assoluta del diritto
del più forte, l’agnosticismo religioso[1]. Il valore di questa polemica risulta
ancora più chiaro se si accetta di attribuire il Ciclope agli
ultimi anni della vita del poeta, dopo la fallimentare spedizione militare
degli ateniesi in Sicilia[2], in un momento delicato per il destino
della democrazia ateniese”[3].
Polifemo,
essersi ingozzato dei compagni di Odisseo, intende mangiare anche lui e fa una
predica all’”ometto” dicendo che la ricchezza è l’unico dio per le persone
sagge (oJ plou`to~, ajnqrwpivske, toi~ sofoi`~ qeov~, v.316).
Più avanti,
coerentemente con questa visione crassamente materialistica, il Ciclope
aggiunge che sacrifica le greggi a se stesso kai; th`/
megivsth/ gastri; th`/de daimovnwn (v. 335), e a questa pancia, la più grande tra
le dèe. Zeus per i saggi è mangiare e bere tutti i giorni e non prendersela per
niente (lupei`n de; mhdevn, v. 338).
Devono invece piangere i legislatori che con le leggi hanno complicato la vita
umana: “oi} de; tou;~ novmou~ - e[qento poikivllonte~ ajnqrwvpwn bivon” (v. 338 - 339). Il rozzo ciclope
contrario alle leggi può richiamare agli spettatori la tragedia Antigone di
Sofocle in modo irrisorio e polemico
G. Ugolini sostiene
che le leggi scritte sono anteposte a quelle non scritte dai sostenitori della
democrazia e fa l'esempio delle Supplici
di Euripide dove
"Teseo si produce in un'esaltazione del sistema democratico...replicando
alle accuse dell'araldo, puntualizza un aspetto della democrazia che in questa
sede ha grande rilevanza: mentre nella città governata da un tiranno la legge è
del tutto arbitraria, in un regime democratico (Eur. Suppl. 433
- 437) le leggi sono scritte (gegrammevnwn tw'n novmwn), la giustizia
è uguale per il debole e per il ricco”[4].
Nelle Supplici, Teseo propugna la democrazia e dice
all’araldo tebano mandato da Creonte che quando c’è un tiranno non esistono più
leggi comuni (novmoi - koinoiv, vv. 430 - 431).
E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~ - oJ
plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv.
433 - 434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli
stessi diritti.
giovanni ghiselli
[1] Lo stesso argomento si individua in un
passo di una quarantina di versi del dramma satiresco Sisifo di
Crizia (il principale esponente della rivoluzione oligarchica che alla fine
della guerra del Peloponneso rovesciò la democrazia per instaurare il
cosiddetto governo dei Trenta): in esso si suppone che un antico saggio, per
favorire lo sviluppo della società organizzata, avesse escogitato l’esistenza
degli dei onniscienti, ai quali non sfuggono neppure gli atti che rimangono
nascosti alla giustizia terrena
[2] … alla spedizione ateniese in Sicilia
fanno pensare le insistite allusioni all’ambientazione del dramma nell’isola.
[3] Orietta Pozzoli, traduzione e note
di, Eschilo Sofocle Euripide, Drammi Satireschi, pp 124 - 125.
[4] Ugolini, Sofocle e Atene, p. 150.
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