PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUITeseo liberatore
Museo archeologico nazionale di Napoli. Da Pompei
Argomenti
Dell’ altro sull’Eracle di
Euripide. I valori dell’amicizia e della riconoscenza.
La gratitudine di Teseo. Un
predicato di nobiltà.
Nella prima parte della tragedia Eracle è assente;
quando torna a casa, a Tebe, Era, spinge Lyssa (la rabbia figlia della Notte) a
renderlo tanto insano da ammazzare i figli e la moglie Megara.
Poi, quando ha ripreso coscienza, l’eroe rivolge un
atto di accusa alla dea. Ne abbiamo già citati gli ultimi versi 1308 - 1310)
che completiamo con quelli quelli che li precedono:
Danzi pure l’illustre sposa di Zeus - coreuvtw dh; Zhno;"
hJ kleinh; davmar
Battendo con il calzare il fulgido suolo dell’Olimpo
Attuò infatti lo scopo che voleva
Ribaltando con lo stesso piedistallo e mettendo sottosopra
Il primo uomo della Grecia. A una tale dea
Chi rivolgerebbe preghiere? Una dea che, per una donna,
Gelosa dei letti di Zeus, ha distrutto i benefattori tou;"
Della Grecia che non erano per niente colpevoli JEllavdo"
ajpwvles j oujde;n aijtivou" (1303 - 1310).
Intanto è
sopraggiunto pure Teseo che manifesta a Eracle la propria gratitudine: "mi
riportasti alla luce dal regno dei morti"(v. 1222) Il re di Atene,
disponendosi ad aiutare Eracle, gli dice:" cavrin
de; ghravskousan ejcqaivrw fivlwn" (v. 1223), io odio la gratitudine
degli amici che invecchia e chi vuole godere delle cose belle ma non imbarcarsi
con gli amici quando se la passano male.
Un comportamento nobile e antico questo, e per ciò
confutatorio dell'affermazione che Euripide ha rappresentato solo la mediocrità
borghese.
Pure Sofocle attribuisce
grande valore alla gratitudine considerandola una virtù senza la quale non può
darsi animo nobile: Tecmessa per indurre Aiace a non suicidarsi ripete la
parola chiave cavri" in poliptoto :"cavri"
cavrin gavr ejstin hJ tivktous j ajeiv: - o{tou d j ajporrei' mnh'sti" eu\
peponqovto", - oujk a]n gevnoit j ou|to" eujgenh;" ajnhvr" ( Aiace,
vv. 522 - 524), la riconoscenza infatti genera sempre riconoscenza; quello dal
quale cade il ricordo del bene ricevuto, ebbene costui non può essere un uomo
nobile.
Nel Filottete Neottolemo afferma che l'amicizia di un uomo
capace di gratitudine vale più di qualsiasi tesoro:"o{sti"
ga;r eu\ dra'n eu\ paqw;n ejpivstatai - panto;" gevnoit j a]n
kthvmato" kreivsswn fivlo" " (vv. 672 - 673), infatti chi sa
fare il bene dopo averlo ricevuto, dovrebbe essere un amico più prezioso di
ogni ricchezza.
Dopo la tirata del figlio di Zeus contro Era, Teseo
cerca di indurlo alla sopportazione ricordandogli peccati ed errori degli dèi,
che dunque possono indurre gli uomini ad una maggiore comprensione nei
confronti di se stessi.
“Nessuno dei mortali è illeso dai colpi della fortuna,
neppure alcuno degli dèi, se i racconti dei poeti non sono falsi.
Non hanno unito i letti tra loro fuori da ogni
Legge? Non hanno insozzato i padri con ceppi
Per il potere? Ma abitano comunque
L’Olimpo e sopportano di avere sbagliato
Davvero, che cosa dirai se tu che sei nato mortale
porti con dismisura gli eventi della sorte, e gli dei no?” (Eracle, vv.1314 - 1321).
Quindi Teseo invita il disgraziato amico ad Atene,
dove dividerà con lui i suoi averi e lo onorerà. Infatti non ha dimenticato il
bene ricevuto da Eracle che lo trasse fuori dall’Ade dove era sceso con Piritoo
per aiutarlo a rapire Persefone, ma vi era stato imprigionato.
Euripide salva dal pessimismo di questa tragedia i
valori dell’amicizia e della gratitudine:
"e io in contraccambio della mia salvezza ti darò
questa prova di gratitudine (kajgw; cavrin soi th'~ ejmh'~ swthriva~ - thvnd
j ajntidwvsw ). Ora infatti sei bisognoso di
amici. Quando gli dèi ci onorano, non c'è bisogno di amici: poiché basta il dio
a farci del bene, quando ne ha voglia" (vv.1336 - 1339).
Eracle risponde con i versi 1345 - 1346 citati sopra
che contengono un aspro biasimo degli dèi tradizionali, una di quelle che
procurarono al poeta la taccia, tutto sommato immeritata, di ateismo[1], una nomea non poco pericolosa ad
Atene.
“L’approdo non è a posizioni di ateismo; dietro
gli interrogativi e le professioni di scetticismo religioso affiora piuttosto
l’esigenza di una concezione più pura della divinità, la ricerca di un senso
del divino in grado di appagare i dubbi e le incertezze derivanti
dall’incapacità di ravvisare nel mondo un ordine razionale. Non è forse casuale
che proprio nell’ultimo scorcio della sua vita Euripide abbia scritto una
tragedia così ricca di ambiguità nel trattamento del rapporto tra l’uomo e la
religione come le Baccanti”[2].
“Era inevitabile che la critica agli dei e ai miti,
presente nelle opere di Euripide, lo facessero apparire come un negatore
dell’esistenza divina; così la venditrice di ghirlande, nelle Tesmoforiazuse di
Aristofane (v.455[3]), si lamenta di guadagnare poco da quando
Euripide ha convinto la gente, con le sue tragedie, che gli dei non esistono.
In realtà, dietro a tutte queste critiche c’è la ricerca, da parte del poeta,
di un’immagine divina purificata: così Ifigenia conclude il suo discorso[4], sul sacrificio umano, affermando
(391) che nessun dio può essere malvagio; è lapidaria l’espressione del Bellerofonte (292
N.): se gli dei fanno qualcosa di vergognoso, allora non sono dei”[5].
giovanni ghiselli
[1] Per fare un esempio, una fioraia delle
già citate Tesmoforiazuse ce l'ha con Euripide poiché campava
vendendo corone di fiori per gli dèi, ma il drammaturgo:"ha persuaso gli
uomini che gli dèi non esistono", v. 451, e gli affari della donna vanno
in rovina.
[2] Di Marco, Op. cit., p. 148.
[3] Tou;~ a[ndra~ ajnapevpeiken
oujk ei\nai qeouv~: - w[st j oujkevt j ejmpolw`men oujd j ej~ h{misu ( in realtà sono i
versi vv. 451 - 452), ha persuaso gli uomini che gli dèi non esistono: - così
non vendiamo nemmeno la metà. Ndr.
[4] “E’ su questa linea anche il
rimprovero che l’Ifigenia Taurica (380) rivolge ad un’Artemide che respinge da
sé ogni impurità, e, nondimeno, si rallegra per i sacrifici umani” (p. 769).
[5] A. Lesky, La poesia tragica dei Greci, p. 770.
Nessun commento:
Posta un commento