Apollineo e dionisiaco in C. G. Jung. Ancora
NietzscheCarl Gustav Jung
Su Apollineo e Dionisiaco torna C. G. Jung: "Esaminiamo i concetti di apollineo e dionisiaco nelle loro caratteristiche psicologiche (…) Prendiamo in considerazione anzitutto il dionisiaco. Secondo la descrizione di Nietzsche è chiaro che esso indica un espandersi, uno zampillare e uno scaturire (…) E' una fiumana di sensazioni paniche di grande potenza che erompe irresistibile e inebria i sensi come un vino gagliardo. E' ebbrezza nel significato più elevato del termine (…) Si tratta quindi di una estroversione di sentimenti indissolubilmente legata all'elemento sensoriale (…)
Per contro, l'apollineo è la percezione delle immagini interiori della
bellezza, della misura e di sentimenti armonicamente disciplinati. Il paragone
con il sogno chiarisce il carattere dello stato apollineo: è uno stato
d'introspezione, di contemplazione rivolta verso l'interno, verso il mondo
di sogno delle idee eterne, quindi uno stato d'introversione"[1].
L’Apollineo è l’affermazione dell’individualità che si manifesta
somaticamente prima di tutto nel volto: “ Pare che una volta Anna Magnani, la
grande interprete del cinema neorealista italiano, avesse detto al truccatore
che la stava preparando per una scena: “Non mi togliere nemmeno una ruga. Le ho
pagate tutte care…Gli adolescenti ricorrono a frotte al chirurgo plastico per
farsi cambiare la faccia…vogliono cambiare la faccia che ha incominciato a
esteriorizzare la loro solitaria individualità”[2].
Infine Ortega y Gasset: “Apollo è la misura, la norma rigorosa della vita,
il “restare in sé”, la severa condotta - la condotta conforme, “l’essere in
forma”. Ma è anche, beninteso, la danza (…) Apollo è il dio danzatore per
eccellenza, solo che la sua danza è un ritmo rigido e severo, e per questo il
culto che gli si dedica consiste in danze moderate. Est modus in rebus,
e Apollo è il modus, il logos della vita e delle
cose”[3].
Concludiamo,
per ora, questa parte relativa a Euripide tonando a La nascita della
tragedia. “Socrate, l’eroe dialettico del dramma platonico, ci ricorda la
natura affine dell’eroe euripideo, che deve difendere le sue azioni con ragioni
e controragioni, e che per questo rischia tanto spesso di non suscitare più la
nostra compassione tragica”[4]. Nietzsche deplora il fatto che la dialettica,
a partire da Sofocle, un poco alla volta abbia annientato il coro e la musica.
"L'intellettuale
tedesco è sempre stato un frondista contro la parola e contro la ragione e ha
fatto l'occhiolino alla musica"[5].
“Come appare
ora, di fronte a questo mondo scenico socratico - ottimistico, il coro e
in genere l’intero sostrato musicale - dionisiaco della tragedia? Come qualcosa
di fortuito, come una reminiscenza dell’origine della tragedia, di cui si può
benissimo fare a meno. Noi invece abbiamo visto che il coro può essere inteso
soltanto come causa della tragedia e del tragico in genere.
Già in Sofocle appare quella perplessità riguardo al coro - un segno importante
che già in lui il terreno dionisiaco della tragedia comincia a sgretolarsi.
Egli non osa più affidare al coro la parte principale e più efficace, e ne
limita invece a tal punto il dominio, che esso appare ora quasi coordinato agli
attori, come se venisse sollevato dall’orchestra e portato in scena: con ciò
certo la sua essenza è totalmente distrutta (….) Quello spostamento della
posizione del coro (…) è il primo passo verso la distruzione del
coro, le cui fasi si susseguono con spaventosa rapidità in Euripide, in Agatone
e nella commedia nuova. La dialettica ottimistica scaccia la musica dalla
tragedia con la sferza dei suoi sillogismi, cioè distrugge l’essenza della
tragedia, che si può interpretare unicamente come una manifestazione e
raffigurazione di stati dionisiaci, come simbolizzazione visibile della musica,
come il mondo di sogno di un’ebbrezza dionisiaca”[6]. Sulla negatività dell’ottimismo Nietzsche
nel tempo si ricrederà : “l’artista tragico non è un pessimosta - dice appunto
sì a ogni cosa problematica e anche terribile, è dionisiaco”[7].
Sulla
rovinosità della dialettica invece il filosofo manterrà questa posizione: “Con
Socrate il gusto greco si ribalta a favore della dialettica: che cosa accade
realmente? Anzitutto con essa viene vinto un gusto aristocratico:
con la dialettica la plebaglia rialza la testa”[8].
giovanni
ghiselli
[1] C. G. Jung, Tipi psicologici,
(1921), p. 156.
[2] J. Hillman, La forza del
carattere, p. 198 e p. 203.
[3] J. Ortega y Gasset, Idea del
teatro (del 1946) p. 93.
[4] F. Nietzsche, La nascita della
tragedia, capitolo 14
[5] H. Hesse, Il lupo della steppa,
p. 181.
[6] F. Nietzsche, La nascita della
tragedia, capitolo 14.
[7] Crepuscolo degli idoli (del
1888) La “ragione” nella filosofia, 6
[8] F. Nietzsche, Crepuscolo degli
idoli, Il problema di Socrate, 5
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