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Argomento
Il dionisiaco nel I Stasimo e nella
Parodo delle Baccanti
Le Baccanti hanno
avuto interpretazioni contrastanti: secondo alcuni sono la palinodia
dell'autore che torna alla religione dopo il razionalismo e la stanchezza
postfilosofica; secondo altri costituiscono un' ulteriore condanna della
religione.
La prima lettura è fondata in
buona parte sui versi del Primo Stasimo (vv. 370 - 432). Sembra una
scelta delle credenze popolari, contro il reo dolor che pensa, i sofismi e il
pretenzioso sapere degli intellettuali.
Leggiamolo nella mia traduzione,
Coro
Str. a
Santità signora tra gli dèi
Santità che attraverso la terra
porti l’ala d’oro,
odi queste bestemmie di Penteo?
Odi l’empia
violenza a Bromio, il figlio 375
di Semele, il primo dio
tra i beati, durante le gioiose
feste
dalle belle corone? Il quale ha
queste prerogative,
di prendere parte alle danze del
tiaso
e al suono del flauto scoppiare a
ridere 380
e far cessare gli affanni,
quando lo splendente succo del
grappolo
giunga nei banchetti degli dèi,
e nelle feste incoronate di edera
il cratere abbraccia gli
uomini 385
con il sonno.
Ant. a Di bocche senza freno
di empia stoltezza
il termine è sventura;
mentre la vita
della tranquillità e il comprendere 390
rimangono al riparo dai flutti
e tengono unite le case: da lontano
infatti i celesti,
pur abitando l’etere,
vedono comunque i fatti dei mortali.
Il sapere non è sapienza 395
e avere la pretesa di comprendere
fatti non mortali.
Breve è la vita: per questo
uno che insegue grandi fantasie
non può conseguire quello che c’è.
Questa 400
è l’attitudine secondo me di uomini
dissennati e sconsigliati.
Str. b Potessi io giungere a Cipro,
l’isola di Afrodite,
dove dimorano gli Amori
che affascinano gli animi ai
mortali, 405
in particolare a Pafo che correnti
dalle cento bocche di un fiume
barbaro
rendono fertile senza pioggia.
E dove c’è la Pieria
bellissima sede delle Muse, 410
sacra pendice dell’Olimpo,
là conducimi, Bromio, Bromio,
dio evio guida delle Baccanti.
Là ci sono le Grazie,
là il Desiderio, là è lecito
alle baccanti celebrare l’orgia. 415
Ant. b Il demone figlio di Zeus
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. 420
Uguale al ricco e a quello di rango
inferiore
concede di avere la
gioia del vino che toglie gli
affanni;
e porta odio a chi queste cose non
stanno a cuore:
durante la luce e le amabili
notti 425
passare una vita felice,
e saggia tenere la mente e l’anima
lontane
dagli uomini straordinari;
ciò che la massa 430
più semplice crede e pratica,
questo io vorrei accettare.
E. R. Dodds assimila Dioniso alla
Afrodite dell’Ippolito, presentata con i versi 447 ss.
Vediamone alcuni: “Si muove per
l’etere ed è nel flutto marino Cipride, tutto nasce da lei: è lei che semina e
dona l’amore, da cui tutti sulla terra siamo nati” (Ippolito, 447 -
450).
Traduco qui di seguito anche
buona parte della Parodo delle Baccanti (vv. 64 - 167)
dove si trovano diversi aspetti del dionisiaco: Dalla terra d'Asia,/lasciato il
sacro Tmolo[1], imprendo alacremente/ per Bromio una fatica dolce e un travaglio che fa
bene/ celebrando Bacco./ Chi è per strada, chi è per strada, chi?/Si ritiri
nelle case, e ognuno / osservi un religioso silenzio:/io infatti celebrerò
Dioniso/secondo il rito, sempre.//O beato chi con buona sorte/conoscendo i
misteri degli dèi/santifica la vita/e si aggrega al tiaso[2] con l'anima,/baccheggiando nei monti/con sacre purificazioni,/e
celebrando secondo il rito/le orge della grande madre Cibele/alto scuotendo il
tirso[3],/e, incoronato di edera,/venera Dioniso.//Andate Baccanti, andate
Baccanti,/per ricondurre Dioniso/il dio Bromio figlio di dio/dai monti Frigi/
alle contrade dell'Ellade dagli ampi/spazi, il Bromio;//che/ un giorno la
madre/generò portandolo tra le puerperali/strette delle doglie del parto/mentre
volava il tuono di Zeus/e il bambino veniva espulso dal ventre/ed ella lasciava
la vita per il colpo del fulmine;/ma subito dopo lo accolse/nei talami
puerperali Zeus Cronide/e celatolo nella coscia[4]/lo tiene stretto con fibbie d'oro/così da nasconderlo a Era.//E poi lo
diede alla luce, quando le Moire/lo ebbero compiuto, il dio dalle corna di
toro,/e lo incoronò con corone/di serpenti, donde le menadi/intrecciano ai
ricci/la preda di caccia che nutre la fiera.//O Tebe nutrice di/Semele,
incoronati di edera;/infiorati, infiorati di verdeggiante/smilace dalle belle
bacche/e baccheggia con i rami/di quercia o di abete,/e adorna l'indumento
delle/nebridi[5] screziate con ciocche di ricci/dal bianco pelo; e intorno ai tirsi
violenti,/santifìcati: presto tutta la terra danzerà,/chiunque guidi i tiasi è
Bromio./Verso ilmonte verso il monte, dove aspetta/la turba delle
donne/allontanata da telai e pettini/in furore ad opera di Dioniso. (vv. 64 -
119)…Dolce nei monti, chi dai tiasi in corsa/cade per terra, indossando/il
sacro indumento della nebride, cacciando/il sangue del capro ucciso, gioia di
mangiare la carne cruda[6], spingendosi sui monti frigi, lidi, e/il capo è Dioniso,/ evoè.//Scorre
latte sul suolo, scorre vino, scorre il nettare/delle api./Il baccante
sollevando/la fiamma ardente/dal ramo di pino/come vapore di incenso di
Siria/si precipita in corsa/con danze eccitando gli erranti/e con grida
agitandoli,/e scagliando nell'aria la molle chioma./E insieme con i canti freme
così:/"O andate Baccanti,/ andate Baccanti,/splendore del Tmolo
aurifluente,/cantate Dioniso/al suono dei timpani[7] dal cupo fremito,/celebrando con grida di evoè il dio dell'evoè/tra
grida e suoni frigi/quando il sacro flauto melodioso/freme sacri ludi, che si
accordano/alle erranti al monte, al monte: felice/allora, come puledra con la
madre/al pascolo muove il piede rapido, a balzi, la baccante. (vv. 120 - 167).
Ho tradotto quasi intera[8] la Parodo delle Baccanti per dare un'idea del dionisiaco,
della rinuncia alla identità personale, dell'alternativa all'apollineo
come principium individuationis e volontà di potenza, del
tuffarsi nei flutti del misticismo ed entrare in comunione con la natura,
imitando Dioniso.
giovanni ghiselli
[1] Monte della Lidia da dove vengono le seguaci di Dioniso
[2] I tiasi erano gruppi di Menadi organizzate per il culto.
[3] I tirsi sono rami di pino appuntiti che congiungono violenza e
santità: possono infliggere ferite e operare miracoli benefici.
[4] Il feto di Dioniso, dopo che la madre Semele morì fulminata dal fuoco
folgorante di Zeus (v. 3), fu portato a maturazione dentro una coscia del
Cronide.
[5] Sono pelli di cerbiatto di cui si coprivano le Menadi
[6] Le Menadi facevano a pezzi degli animali (sparagmov" , cfr. v. 735) e ne mangiavano la carne cruda (wjmofagiva). Un altro aspetto del loro invasamento era l' ojreibasiva, la corsa su per i monti. Negli affreschi di riti
orgiastici e nella rappresentazione dettagliata dei turbamenti dell'anima
femminile si potrebbe ravvisare il compiacimento che la decadenza mette nella
descrizione dell'abnorme e del patologico.
[7] Tamburelli inventati dai Cureti per coprire con il loro strepito i
vagiti di Zeus e salvarlo dalla voracità del padre Crono. Quindi tali strumenti
vennero dati a Rea e ai Satiri.
[8] Tranne la seconda antistrofe (vv. 120 - 134) più erudita ed
eziologica che poetica.
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