sabato 23 gennaio 2021

Euripide. 38

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Argomento

 

Il dionisiaco nel I Stasimo e nella Parodo delle Baccanti

 

 Le Baccanti hanno avuto interpretazioni contrastanti: secondo alcuni sono la palinodia dell'autore che torna alla religione dopo il razionalismo e la stanchezza postfilosofica; secondo altri costituiscono un' ulteriore condanna della religione.

 La prima lettura è fondata in buona parte sui versi del Primo Stasimo (vv. 370 - 432). Sembra una scelta delle credenze popolari, contro il reo dolor che pensa, i sofismi e il pretenzioso sapere degli intellettuali.

 

Leggiamolo nella mia traduzione,

Coro

 

Str. a

Santità signora tra gli dèi

Santità che attraverso la terra

porti l’ala d’oro,

odi queste bestemmie di Penteo?

Odi l’empia

violenza a Bromio, il figlio 375

di Semele, il primo dio

tra i beati, durante le gioiose feste

dalle belle corone? Il quale ha queste prerogative,

di prendere parte alle danze del tiaso

e al suono del flauto scoppiare a ridere 380

e far cessare gli affanni,

quando lo splendente succo del grappolo

giunga nei banchetti degli dèi,

e nelle feste incoronate di edera

il cratere abbraccia gli uomini 385

con il sonno.

 

Ant. a Di bocche senza freno

di empia stoltezza

il termine è sventura;

mentre la vita

della tranquillità e il comprendere 390

rimangono al riparo dai flutti

e tengono unite le case: da lontano infatti i celesti,

pur abitando l’etere,

vedono comunque i fatti dei mortali.

Il sapere non è sapienza 395

e avere la pretesa di comprendere fatti non mortali.

Breve è la vita: per questo

uno che insegue grandi fantasie

non può conseguire quello che c’è. Questa 400

è l’attitudine secondo me di uomini

dissennati e sconsigliati.

 

Str. b Potessi io giungere a Cipro,

l’isola di Afrodite,

dove dimorano gli Amori

che affascinano gli animi ai mortali, 405

in particolare a Pafo che correnti

dalle cento bocche di un fiume barbaro

rendono fertile senza pioggia.

E dove c’è la Pieria

bellissima sede delle Muse, 410

sacra pendice dell’Olimpo,

là conducimi, Bromio, Bromio,

dio evio guida delle Baccanti.

Là ci sono le Grazie,

là il Desiderio, là è lecito

alle baccanti celebrare l’orgia. 415

 

Ant. b Il demone figlio di Zeus

gioisce delle feste,

e ama Irene che dona benessere,

dea nutrice di figli. 420

Uguale al ricco e a quello di rango inferiore

concede di avere la

 gioia del vino che toglie gli affanni;

e porta odio a chi queste cose non stanno a cuore:

durante la luce e le amabili notti 425

passare una vita felice,

e saggia tenere la mente e l’anima lontane

dagli uomini straordinari;

ciò che la massa 430

più semplice crede e pratica,

questo io vorrei accettare.

 

E. R. Dodds assimila Dioniso alla Afrodite dell’Ippolito, presentata con i versi 447 ss.

Vediamone alcuni: “Si muove per l’etere ed è nel flutto marino Cipride, tutto nasce da lei: è lei che semina e dona l’amore, da cui tutti sulla terra siamo nati” (Ippolito, 447 - 450).

 

 Traduco qui di seguito anche buona parte della Parodo delle Baccanti (vv. 64 - 167) dove si trovano diversi aspetti del dionisiaco: Dalla terra d'Asia,/lasciato il sacro Tmolo[1], imprendo alacremente/ per Bromio una fatica dolce e un travaglio che fa bene/ celebrando Bacco./ Chi è per strada, chi è per strada, chi?/Si ritiri nelle case, e ognuno / osservi un religioso silenzio:/io infatti celebrerò Dioniso/secondo il rito, sempre.//O beato chi con buona sorte/conoscendo i misteri degli dèi/santifica la vita/e si aggrega al tiaso[2] con l'anima,/baccheggiando nei monti/con sacre purificazioni,/e celebrando secondo il rito/le orge della grande madre Cibele/alto scuotendo il tirso[3],/e, incoronato di edera,/venera Dioniso.//Andate Baccanti, andate Baccanti,/per ricondurre Dioniso/il dio Bromio figlio di dio/dai monti Frigi/ alle contrade dell'Ellade dagli ampi/spazi, il Bromio;//che/ un giorno la madre/generò portandolo tra le puerperali/strette delle doglie del parto/mentre volava il tuono di Zeus/e il bambino veniva espulso dal ventre/ed ella lasciava la vita per il colpo del fulmine;/ma subito dopo lo accolse/nei talami puerperali Zeus Cronide/e celatolo nella coscia[4]/lo tiene stretto con fibbie d'oro/così da nasconderlo a Era.//E poi lo diede alla luce, quando le Moire/lo ebbero compiuto, il dio dalle corna di toro,/e lo incoronò con corone/di serpenti, donde le menadi/intrecciano ai ricci/la preda di caccia che nutre la fiera.//O Tebe nutrice di/Semele, incoronati di edera;/infiorati, infiorati di verdeggiante/smilace dalle belle bacche/e baccheggia con i rami/di quercia o di abete,/e adorna l'indumento delle/nebridi[5] screziate con ciocche di ricci/dal bianco pelo; e intorno ai tirsi violenti,/santifìcati: presto tutta la terra danzerà,/chiunque guidi i tiasi è Bromio./Verso ilmonte verso il monte, dove aspetta/la turba delle donne/allontanata da telai e pettini/in furore ad opera di Dioniso. (vv. 64 - 119)…Dolce nei monti, chi dai tiasi in corsa/cade per terra, indossando/il sacro indumento della nebride, cacciando/il sangue del capro ucciso, gioia di mangiare la carne cruda[6], spingendosi sui monti frigi, lidi, e/il capo è Dioniso,/ evoè.//Scorre latte sul suolo, scorre vino, scorre il nettare/delle api./Il baccante sollevando/la fiamma ardente/dal ramo di pino/come vapore di incenso di Siria/si precipita in corsa/con danze eccitando gli erranti/e con grida agitandoli,/e scagliando nell'aria la molle chioma./E insieme con i canti freme così:/"O andate Baccanti,/ andate Baccanti,/splendore del Tmolo aurifluente,/cantate Dioniso/al suono dei timpani[7] dal cupo fremito,/celebrando con grida di evoè il dio dell'evoè/tra grida e suoni frigi/quando il sacro flauto melodioso/freme sacri ludi, che si accordano/alle erranti al monte, al monte: felice/allora, come puledra con la madre/al pascolo muove il piede rapido, a balzi, la baccante. (vv. 120 - 167).

 

Ho tradotto quasi intera[8] la Parodo delle Baccanti per dare un'idea del dionisiaco, della rinuncia alla identità personale, dell'alternativa all'apollineo come principium individuationis e volontà di potenza, del tuffarsi nei flutti del misticismo ed entrare in comunione con la natura, imitando Dioniso.

 

giovanni ghiselli

 

 

 



[1] Monte della Lidia da dove vengono le seguaci di Dioniso

[2] I tiasi erano gruppi di Menadi organizzate per il culto.

[3] I tirsi sono rami di pino appuntiti che congiungono violenza e santità: possono infliggere ferite e operare miracoli benefici.

[4] Il feto di Dioniso, dopo che la madre Semele morì fulminata dal fuoco folgorante di Zeus (v. 3), fu portato a maturazione dentro una coscia del Cronide.

[5] Sono pelli di cerbiatto di cui si coprivano le Menadi

[6] Le Menadi facevano a pezzi degli animali (sparagmov" , cfr. v. 735) e ne mangiavano la carne cruda (wjmofagiva). Un altro aspetto del loro invasamento era l' ojreibasiva, la corsa su per i monti. Negli affreschi di riti orgiastici e nella rappresentazione dettagliata dei turbamenti dell'anima femminile si potrebbe ravvisare il compiacimento che la decadenza mette nella descrizione dell'abnorme e del patologico.

[7] Tamburelli inventati dai Cureti per coprire con il loro strepito i vagiti di Zeus e salvarlo dalla voracità del padre Crono. Quindi tali strumenti vennero dati a Rea e ai Satiri.

[8] Tranne la seconda antistrofe (vv. 120 - 134) più erudita ed eziologica che poetica.

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