mercoledì 20 gennaio 2021

Euripide. 25

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Argomento

Araldi e demagoghi sono personaggi negativi nelle tragedie di Euripide

 

Altri tipi negativi sono gli araldi.

Il coro degli Eraclidi biasima l’araldo mandato da Euristeo a minacciare i figli di Eracle. Quando il kh'rux argivo esce di scena respinto duramente da Demofonte, il re ateniese figlio di Teseo, padre protettore dei supplici al pari di suo padre, il Coro, formato da vecchi ateniesi, aggiunge il commento che tutti gli araldi hanno questa abitudine di ingrandire due volte quanto è accaduto[1] ( pa`si ga;r ou|to" khvruxi novmo" - di;~ tovsa purgou'n tw'n gignomevnwn, v. 293), e, dunque, colui andrà a riferire enormità al suo re.

 

Cassandra, nelle Troiane, introduce un discorso diretto a Taltibio[2] iniziando con queste parole: "davvero è tremendo il servo (h\/ deino;~ oj lavtri~).

Perché mai hanno questo nome gli araldi, oggetto di comune odio a tutti i mortali?" (vv.424 - 425).

 

Anche nell'Oreste l'araldo Taltibio fa una brutta figura nel racconto del messo che riferisce a Elettra i discorsi dell’assemblea di Argo:

“E dopo questo si alza

Taltibio che con tuo padre razziava i Frigi.

E parlò, lui sempre sottoposto ai potenti,

in modo ambiguo, da una parte ammirando il padre tuo

però senza approvare tuo fratello, e intrecciava

 discorsi belli con alti malvagi: che Oreste aveva stabilito usanze

non belle verso i genitori; e lanciava occhiate

sempe sorridenti agli amici di Egisto.

Infatti tale genìa è siffatta: su chi ha successo 895

saltano sempre gli araldi - Questo è loro amico:

jepi; to;n eujtuch` - phdw`s j ajei; khvruke": o{de d j aujtoi`" fivlo".

chi ha potere sulla città e si trova tra le autorità” (888 - 897).

 

Come i giornalisti di oggi, quasi tutti.

 

Considerati in modo anche peggiore degli araldi sono i demagoghi.

Nella parodo dell’Ecuba , il coro delle prigioniere troiane presenta Odisseo come "lo scaltro (oJ poikilovfrwn[3])/ furfante dal dolce eloquio, adulatore del popolo"(vv.131 - 132) che convince l'esercito a mettere a morte Polissena. In questa tragedia l’Itacese è un freddo politico per cui vale solo la ragion di stato che calpesta tante vite innocenti.

Nel primo episodio la vecchia regina esautorata, la madre dolente, scaglia un’invettiva contro la genìa dannata dei demagoghi: "razza di ingrati è la vostra, di quanti cercate il favore popolare: non voglio che vi facciate conoscere da me: non vi curate di danneggiare gli amici, pur di dire qualche cosa per piacere alla folla. Ma quale trovata pensano di avere fatto con il votare la morte di questa ragazza? Forse il dovere li spinse a immolare un essere umano presso una tomba, dove sarebbe più giusto ammazzare un bue?( Ecuba, vv. 254 - 261).

Poco più avanti Ecuba supplica Odisseo di contraccambiarle il beneficio che gli fece quando lo salvò facendolo uscire da Troia dove, infiltratosi come spia (katavskopo~, v. 239), era stato scoperto da Elena la quale lo aveva confidato soltanto alla regina.

Gli chiede dunque in cambio di non ammazzarle figlia con un verso che è un'alta espressione di umanesimo in favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (Ecuba, v. 278), non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.

 

Cleone il demagogo più famoso nella storia di Atene

L'Ecuba venne scritta e rappresentata durante l'auge di Cleone che nel 425 aveva catturato gli opliti spartani a Sfacteria ed era diventato il beniamino del popolo; questo demagogo del resto era detestato dagli scrittori: non solo da Euripide che probabilmente allude a lui con i versi citati sopra contro la vil razza dannata dei demagoghi, ma pure da Aristofane che lo mette alla berlina nei Cavalieri , anch'essi del 424, e da Tucidide che lo definisce i più violento dei cittadini ("biaiovtato" tw'n politw'n", e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") la massa (III, 36, 6).

Questo demagogo viene presentato come un becero sanguinario, indegno della tradizione di Atene.

 

Ben diversa fu la reputazione di Pericle che pure si fece eleggere dall'assemblea popolare per decenni: egli, ci informa sempre Tucidide, siccome era immune da corruzione: "teneva in pugno la massa senza toglierle la libertà"(Storie, II, 65) e poteva contraddire il popolo fino a provocarne la collera, non senza poi venire rieletto, tanto grande era la sua autorità morale. Sicché la democrazia sotto Pericle era una specie di costituzione mista: "a parole era una democrazia, ma di fatto il potere del primo uomo"(Storie, II, 65).

 

 Dopo la morte di Pericle dunque i suoi successori, Cleone, poi Iperbolo, quindi Cleofonte, non riuscirono a mantenere il prezioso consenso degli scrittori.

 

Nelle Troiane, Ecuba maledice Odisseo e la propria sorte cui è toccato di servire un abominevole infido uomo, nemico della giustizia, una bestia feroce che viola la legge (“musarw`/ dolivw/ levlogca douleuvein - polemivw/ divka~, paranovmw/ davkei”, vv. 283 - 284).

 

Nell'Oreste, del 408, l'odioso ciarlatano che forse adombra il demagogo Cleofonte[4], figlio di madre Tracia, il quale capeggiava il partito della guerra a oltranza, chiede la condanna a morte dei matricidi, oramai divenuti vittime per quel continuo mutare dei ruoli assegnati dalla Sorte sovrana che è ricorrente nella poesia euripidea: "E dopo questo[5] si alza un tale, un uomo di lingua senza ritegno (ajqurovglwsso~ lett. lenza porta), tronfio di audacia, Argivo non Argivo, impostosi a forza,

fidando nella confusione e nella rozza licenza di parola, e pure convincente tanto da gettare i cittadini in qualche male" (vv. 902 - 906).

Costui, spietato[6] e deleterio per la città[7]: "disse che bisognava uccidere Oreste e la sorella tirando pietre"(vv. 914 - 915).

“E’ soprattutto Euripide che, appena gli si presenta l’occasione, si abbandona alle considerazioni politiche: basti pensare all’assemblea popolare descritta dal messaggero nell’Oreste, con gli ambasciatori e la regolare votazione”[8].

 

giovanni ghiselli

 



[1] Come fanno molti giornalisti ai giorni nostri.

[2] L’araldo che nell'Iliade godeva di rispetto e autorità (cfr. 7, 276)

[3] Aggettivo formato da poikivlo~ (variopinto) e frhvn (mente).

" L'azione di "colorare", "rendere variegato" qualcosa, coincide dunque, di fatto, con il renderlo enigmatico, di difficile comprensione. Si comprende bene, perciò, che uno degli epiteti di Odisse sia proprio poikilomhvvvth" (Il 11, 482; Od. 3, 163; 13, 293.) "dai pensieri variegati". Si potrebbe dunque concludere che per i Greci ciò che è variegato, poikivlo" , si presenta automaticamente come enigmatico, di difficile interpretazione ". (M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, p. 142.). Poikivlo" è etimologicamente connesso al latino pingo, pictor, pictura e significa qualche cosa di non semplice ( cfr. Platone, Teeteto, 146d. dove poikivlo", opposto a monoeidhv", "semplice"), di macchiato come la pelle di pantera (Iliade X, 29 - 30). e di oscuro: cfr Euripide, Elena 711 - 712 dove l'aggettivo è riferito dal nunzio all'oscurità del divino difficile da congetturare:" attorno alla sua tenda, e sulla nave ammiraglia (Dione Cassio, 50, 15)”. (M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 137). E' il dark side della rondine. oJ qeov" wJ" e[fu ti poikivlon - kai; dustevkmarton" (cfr. tekmaivrw). 

[4] Viene messo alla gogna nella parabasi delle Rane di Aristofane come incapace di pronunciare correttamente la lingua dei veri Ateniesi: sulle sue labbra ambigue orrendamente freme la rondinella tracia (vv. 679 - 681), e, poco più avanti il demagogo è messo tra gli stranieri, rossi di pelo, mascalzoni e discendenti da mascalzoni, ultimi arrivati, dei quali ora la città si serve per ogni uso, ma che in passato non sarebbero stati utilizzati facilmente nemmeno per caso come vittime espiatorie: “oujde; farmakoi'sin eijkh'/ rJa/divw~ ejcrhsat j an” (vv. 730 - 733). “Noi diremmo ‘spaventapasseri’ o ‘Guy Fawkeses’. La parola significa letteralmente ‘medicine umane’, ovvero ‘capri espiatori’ (G. Murraty, Le origine dell’Epica Greca, p. 24). Tra le altre cose la rondine è in sé un animale ambiguo: significa il ritorno della primavera e dell’amore ma non “ci sono dubbi sul fatto che la rondine, nella cultura antica, funzioni anche come presagio di sventura. Cleopatra fu terrorizzata dal fatto che delle rondini avevano fatto il nido 

[5] Diomede che aveva proposto l’esilio per i matricidi.

[6] Certamente ignaro del monito di Cristo venturo "chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra" (Giovanni, VIII, 7) che invece troveremo prefigurato da Menandro negli (Epitrevponte") dove troviamo un vero momento di mavqo" tragico quando Carisio, il protagonista, definisce se stesso, ironicamente, l'uomo senza peccato attento alla reputazione (ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn, v. 588) e comprende che l'errore sessuale della moglie è stato un "infortunio involontario" ( ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchm j, v. 594).

[7] th'/ povlei kako;n mevga (Oreste, v. 908).

[8] J. Burckhardt, Storia della civiltà greca, vol. I, p. 226

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