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Argomento
Araldi e demagoghi sono personaggi negativi nelle tragedie di Euripide
Altri tipi negativi sono gli araldi.
Il coro degli Eraclidi biasima l’araldo mandato da
Euristeo a minacciare i figli di Eracle. Quando il kh'rux argivo esce di scena respinto duramente da Demofonte, il re ateniese
figlio di Teseo, padre protettore dei supplici al pari di suo padre, il Coro,
formato da vecchi ateniesi, aggiunge il commento che tutti gli araldi hanno
questa abitudine di ingrandire due volte quanto è accaduto[1] ( pa`si ga;r
ou|to" khvruxi novmo" - di;~ tovsa
purgou'n tw'n gignomevnwn, v. 293), e, dunque, colui andrà a riferire enormità
al suo re.
Cassandra, nelle Troiane, introduce un discorso diretto a
Taltibio[2] iniziando
con queste parole: "davvero è tremendo il servo (h\/ deino;~ oj
lavtri~).
Perché mai hanno questo nome gli araldi, oggetto di comune odio a tutti i
mortali?" (vv.424 - 425).
Anche nell'Oreste l'araldo Taltibio fa una brutta figura nel
racconto del messo che riferisce a Elettra i discorsi dell’assemblea di Argo:
“E dopo questo si alza
Taltibio che con tuo padre razziava
i Frigi.
E parlò, lui sempre sottoposto ai
potenti,
in modo ambiguo, da una parte
ammirando il padre tuo
però senza approvare tuo fratello, e
intrecciava
discorsi belli con alti
malvagi: che Oreste aveva stabilito usanze
non belle verso i genitori; e
lanciava occhiate
sempe sorridenti agli amici di
Egisto.
Infatti tale genìa è siffatta: su
chi ha successo 895
saltano sempre gli araldi - Questo è
loro amico:
jepi; to;n
eujtuch` - phdw`s j ajei; khvruke": o{de d j aujtoi`" fivlo".
chi ha potere sulla città e si trova
tra le autorità” (888 - 897).
Come i giornalisti di oggi, quasi tutti.
Considerati in modo anche peggiore degli araldi sono i demagoghi.
Nella parodo dell’Ecuba , il coro delle prigioniere troiane
presenta Odisseo come "lo scaltro (oJ poikilovfrwn[3])/ furfante dal dolce eloquio, adulatore del popolo"(vv.131 - 132) che
convince l'esercito a mettere a morte Polissena. In questa tragedia l’Itacese è
un freddo politico per cui vale solo la ragion di stato che calpesta tante vite
innocenti.
Nel primo episodio la vecchia regina esautorata, la madre dolente, scaglia
un’invettiva contro la genìa dannata dei demagoghi: "razza di ingrati è la
vostra, di quanti cercate il favore popolare: non voglio che vi facciate
conoscere da me: non vi curate di danneggiare gli amici, pur di dire qualche
cosa per piacere alla folla. Ma quale trovata pensano di avere fatto con il
votare la morte di questa ragazza? Forse il dovere li spinse a immolare un
essere umano presso una tomba, dove sarebbe più giusto ammazzare un bue?( Ecuba,
vv. 254 - 261).
Poco più avanti Ecuba supplica Odisseo di contraccambiarle il beneficio che
gli fece quando lo salvò facendolo uscire da Troia dove, infiltratosi come spia
(katavskopo~, v. 239), era stato scoperto da Elena la quale lo
aveva confidato soltanto alla regina.
Gli chiede dunque in cambio di non ammazzarle figlia con un verso che è
un'alta espressione di umanesimo in favore della vita:"mhde; ktavnhte:
tw'n teqnhkovtwn a{li" " (Ecuba, v. 278),
non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Cleone il demagogo più famoso nella storia di Atene
L'Ecuba venne scritta e
rappresentata durante l'auge di Cleone che nel 425 aveva catturato
gli opliti spartani a Sfacteria ed era diventato il beniamino del popolo;
questo demagogo del resto era detestato dagli scrittori: non solo da Euripide
che probabilmente allude a lui con i versi citati sopra contro la vil razza dannata
dei demagoghi, ma pure da Aristofane che lo mette alla berlina
nei Cavalieri , anch'essi del 424, e da Tucidide che lo
definisce i più violento dei cittadini ("biaiovtato"
tw'n politw'n", e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") la massa (III, 36, 6).
Questo demagogo viene presentato come un becero sanguinario, indegno della tradizione
di Atene.
Ben diversa fu la reputazione
di Pericle che pure si fece eleggere dall'assemblea popolare per
decenni: egli, ci informa sempre Tucidide, siccome era immune da corruzione: "teneva
in pugno la massa senza toglierle la libertà"(Storie, II, 65) e
poteva contraddire il popolo fino a provocarne la collera, non senza poi venire
rieletto, tanto grande era la sua autorità morale. Sicché la democrazia sotto
Pericle era una specie di costituzione mista: "a parole era una
democrazia, ma di fatto il potere del primo uomo"(Storie, II, 65).
Dopo la morte di Pericle
dunque i suoi successori, Cleone, poi Iperbolo, quindi Cleofonte, non
riuscirono a mantenere il prezioso consenso degli scrittori.
Nelle Troiane, Ecuba maledice Odisseo e la propria sorte cui è
toccato di servire un abominevole infido uomo, nemico della giustizia, una
bestia feroce che viola la legge (“musarw`/ dolivw/ levlogca douleuvein
- polemivw/ divka~, paranovmw/ davkei”, vv. 283 - 284).
Nell'Oreste, del 408, l'odioso ciarlatano che forse adombra il
demagogo Cleofonte[4], figlio
di madre Tracia, il quale capeggiava il partito della guerra a oltranza, chiede
la condanna a morte dei matricidi, oramai divenuti vittime per quel continuo
mutare dei ruoli assegnati dalla Sorte sovrana che è ricorrente nella poesia
euripidea: "E dopo questo[5] si alza
un tale, un uomo di lingua senza ritegno (ajqurovglwsso~ lett. lenza porta), tronfio di audacia, Argivo non Argivo, impostosi a forza,
fidando nella confusione e nella rozza licenza di parola, e pure convincente tanto da gettare
i cittadini in qualche male" (vv. 902 - 906).
Costui, spietato[6] e
deleterio per la città[7]: "disse
che bisognava uccidere Oreste e la sorella tirando pietre"(vv. 914 - 915).
“E’ soprattutto Euripide che, appena gli si presenta l’occasione, si
abbandona alle considerazioni politiche: basti pensare all’assemblea popolare
descritta dal messaggero nell’Oreste, con gli ambasciatori e la regolare
votazione”[8].
giovanni ghiselli
[1] Come fanno molti giornalisti ai giorni
nostri.
[2] L’araldo che
nell'Iliade godeva di rispetto e autorità (cfr. 7, 276)
[3] Aggettivo formato da poikivlo~ (variopinto) e frhvn (mente).
" L'azione di
"colorare", "rendere variegato" qualcosa, coincide
dunque, di fatto, con il renderlo enigmatico, di difficile comprensione. Si
comprende bene, perciò, che uno degli epiteti di Odisse sia proprio poikilomhvvvth"
(Il 11, 482; Od. 3,
163; 13, 293.) "dai pensieri variegati". Si potrebbe dunque
concludere che per i Greci ciò che è variegato, poikivlo"
, si
presenta automaticamente come enigmatico, di difficile interpretazione ".
(M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito
dell'Oedipus di Seneca, p. 142.). Poikivlo" è etimologicamente connesso al
latino pingo, pictor, pictura e significa qualche cosa di non
semplice ( cfr. Platone, Teeteto, 146d. dove poikivlo", opposto a monoeidhv", "semplice"), di
macchiato come la pelle di pantera (Iliade X, 29 - 30). e di
oscuro: cfr Euripide, Elena 711 - 712 dove l'aggettivo è
riferito dal nunzio all'oscurità del divino difficile da
congetturare:" attorno alla sua tenda, e sulla nave ammiraglia (Dione
Cassio, 50, 15)”. (M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 137). E'
il dark side della rondine. oJ qeov"
wJ" e[fu ti poikivlon - kai; dustevkmarton" (cfr. tekmaivrw).
[4] Viene messo alla gogna nella parabasi
delle Rane di Aristofane come incapace di pronunciare
correttamente la lingua dei veri Ateniesi: sulle sue labbra ambigue
orrendamente freme la rondinella tracia (vv. 679 - 681), e, poco più avanti il
demagogo è messo tra gli stranieri, rossi di pelo, mascalzoni e discendenti da
mascalzoni, ultimi arrivati, dei quali ora la città si serve per ogni uso, ma
che in passato non sarebbero stati utilizzati facilmente nemmeno per caso come
vittime espiatorie: “oujde; farmakoi'sin eijkh'/ rJa/divw~ ejcrhsat j an” (vv. 730 - 733). “Noi diremmo
‘spaventapasseri’ o ‘Guy Fawkeses’. La parola significa letteralmente ‘medicine
umane’, ovvero ‘capri espiatori’ (G. Murraty, Le origine dell’Epica
Greca, p. 24). Tra le altre cose la rondine è in sé un animale ambiguo:
significa il ritorno della primavera e dell’amore ma non “ci sono dubbi sul
fatto che la rondine, nella cultura antica, funzioni anche come presagio di
sventura. Cleopatra fu terrorizzata dal fatto che delle rondini avevano fatto
il nido
[5] Diomede che aveva proposto l’esilio
per i matricidi.
[6] Certamente ignaro del monito di Cristo
venturo "chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra" (Giovanni,
VIII, 7) che invece troveremo prefigurato da Menandro negli (Epitrevponte") dove troviamo un vero momento
di mavqo" tragico
quando Carisio, il protagonista, definisce se stesso, ironicamente, l'uomo
senza peccato attento alla reputazione (ejgwv ti" ajnamavrthto",
eij" dovxan blevpwn, v. 588) e
comprende che l'errore sessuale della moglie è stato un "infortunio
involontario" ( ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchm j, v. 594).
[7] th'/ povlei kako;n mevga (Oreste, v. 908).
[8] J. Burckhardt, Storia della
civiltà greca, vol. I, p. 226
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