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Argomenti
Prometeo ha creato confusione infondendo negli uomini cieche speranze. Il male del ferro e dell'oro scoperti da Prometeo. Contro la guerra, in particolare quella combattuta con armi da fuoco
La quintessenza di molti mali è
spesso il disordine e la confusione: Solone nell’Elegia alle Muse
distingue due tipi di plou'to":
“La ricchezza che danno gli dèi, è
solida/per l'uomo dall'ultimo fondo alla cima;/ quella cui vanno dietro gli
uomini spinti dalla prepotenza, non arriva/con ordine (ouj kata;
kovsmon - e[rcetai), ma
siccome obbedisce alle azioni ingiuste,/segue di malavoglia, e presto vi si
mescola l'acciecamento” (fr. 1D. vv. 9 - 13).
Secondo Teognide “la confusion delle persone” è dovuta al denaro: “Onorano il denaro: e un nobile sposa la figlia di un plebeo e un plebeo quella di un nobile: la ricchezza ha mescolato le stirpi.” (Silloge, vv. 183 - 190).
Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane, Cleone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola - fango; egli si comporta come i pescatori di anguille i quali, se mettono sottosopra il fango, le acchiappano: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
La mescolanza di genti diverse nella Firenze del Trecento suscita lo sdegno di Dante: “Sempre la confusion delle persone/principio fu del mal della cittade” (Paradiso , XVI, 67 - 68).
Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un
farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito
di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro (…) introdurre nel
caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro.
E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si
raccapezzi (…) Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è
confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci
capirà nulla” (p. 375).
Ancora a proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare[1] scrivendo
che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la divinità visibile,
la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro
contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle
cose"[2].
Il male del ferro e dell'oro. Altre invenzioni di Prometeo. Contro
la guerra
Erodoto, nei capitoli 67 - 68 del primo libro delle Storie racconta che gli Spartani al tempo di Creso erano riusciti a sconfiggere i Tegeati solo dopo essere ricorsi alla Pizia di Delfi la quale, interrogata, aveva risposto che dovevano riportare in patria le ossa di Oreste. E siccome i Lacedemoni non le trovavano, erano tornati a chiederle aiuto. Ella allora aveva cantato, in esametri: "c'è in Arcadia una Tegea, in luogo piano,/dove due venti soffiano per possente necessità,/ e colpo e contraccolpo, e male su male si posa" (kai; tuvpo" ajntivtupo", kai; ph'm j ejp jphvmati kei'tai, I, 67, 4). Lì era sepolto Oreste e di lì bisognava portarlo via per vincere i Tegeati. Fu Lica , uno dei benemeriti ( tw'n ajgaqoergw'n I, 67, 5), specie di ambasciatori, a trovarlo , avvalendosi del caso e della sua sapienza[3] (kai; suntucivh/ crhsavmeno" kai; sofivh/, I, 68, 1). Quest'uomo dunque, andato a Tegea ed entrato in una fucina osservava la lavorazione del ferro e aveva un'aria di meraviglia mentre guardava (ejn qwvmati h\n oJrevwn I, 68, 1). Il fabbro allora gli disse che lui aveva ragioni più forti per meravigliarsi: infatti, scavando nel suo cortile per fare un pozzo, aveva trovato un'urna con un cadavere di sette cubiti, ossia lungo più di tre metri. Quindi lo aveva riseppellito. Allora Lica congetturava che quelli fossero i resti di Oreste. Infatti osservando i due mantici trovava che erano i venti (ajnevmou" eu{riske ejovnta", I, 68, 4), l'incudine e il martello erano il colpo e il contraccolpo (tovn te tuvpon kai; to;n ajntivtupon), e, il ferro lavorato, il male posato su male (to; ph'ma ejpi; phvmati keivmenon) desumendolo più o meno dal fatto che il ferro è stato inventato per il male dell'uomo: " ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai".
In Catullo c’è una maledizione dei
Calibi, una popolazione della costa del Mar Nero della quale si diceva che
avesse scoperto la lavorazione del ferro che nel tempo di Tolomeo III tempo
aveva tagliato la chioma di Berenice. I crines stessi lanciano
l’imprecazione: “ Quid facient crines, cum ferro talia cedant? Iupiter,
ut Chalibon omne genus pereat/et qui principio sub terra quaerere
venas/institit ac ferri fingere duritiem” (66, 47 - 50), cosa faranno i
capelli, se tali colossi[4] cedono al ferro? Giove, che tutta la
razza dei Calibi vada in malora, e chiunque per primo si mise a esplorare le
vene sotto la terra e a foggiare la durezza del ferro!
Contro la guerra, soprattutto quella combattuta con le armi da fuoco.
Prefigurazione di Ovidio. Poi Cervantes, Guicciardini, Ariosto, Leopardi,
Ermanno Olmi.
Ancora più nocivo del ferro, e decisivo per la decadenza dell'umanità, è stato l'oro secondo Ovidio : “ effondiuntur opes, inritamenta malorum; / iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma” (Metamorfosi, I, 140 - 143), si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[5] e, più funesto del ferro, l'oro era venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni che scoppiano.
Ho tradotto come se Ovidio avesse pefigurato le armi da fuoco che Don Chisciotte non mancherà di esecrare come falso progresso: “Felici e benedetti i secoli che non conobbero la furia di questi indemoniati strumenti dell’artiglieria, il cui inventore dev’essere senza dubbio nell’inferno, a goder il premio della sua diabolica invenzione, mercé la quale il braccio d’un infame codardo può cagionar morte d’un valoroso cavaliere, che una palla fuorviata, arrivatagli, non si sa come né di dove, colpisce in pieno ardore del coraggio onde sono accesi e animati petti eroici, mentre forse colui che l’ha sparata fugge sgomentato dal lampo di fuoco prodotto, nello sparo, da quella maledetta macchina”[6].
Le armi da fuoco deprecate da
Guicciardini e da Ariosto
Nella Storia d’italia Guicciardini
punta l’attenzione sulla vera novità della guerra: le armi da fuoco, trascurate
da Machiavelli anche nell’Arte della guerra.
Guicciardini ne prova orrore e
riprovazione
Chiama peste questa innovazione
trovata molti anni innanzi in Germania, poi i franzesi ne divennero i massimi
beneficiari.
“Questo più tosto diabolico che
umano instrumento” (p. 85)
Anche Ariosto depreca le armi da
fuoco
Nel IX canto Orlando lancia una
deprecazione contro l’archibugio:
“O maledetto, o abominoso ordigno
Che fabricato nel tartareo fondo
Fosti per man di belzebù Maligno
Che ruinar per te disegnò il mondo,
all’inferno, onde uscisti, ti
rasigno.
Così dicendo, lo gittò in profondo (Orlando
Furioso, XCI, 1 - 4)
“Come trovasti, o scelerata e
brutta
invenzion mai loco in uman core?
Per te la militar gloria è
distrutta,
per te il mestier de l’arme è senza
onore;
per te è il valor e la virtù
ridutta,
che spesso par del buono il rio
migliore:
non più la gagliardìa, non più
l’ardire
per te può in campo al paragon venire
Per te son giti et anderan sotterra
tanti signori e cavalieri tanti,
prima che sia finita questa guerra,
che il mondo, ma più Italia ha messo
in pianti;
che s’io v’ho detto, il detto mio
non erra,
che ben fu il più crudele e il più
di quanti
mai furo al mondo ingegni empi e
maligni,
ch’imaginò sì abominosi ordigni (Orlando
Furioso, XI, XXVI e XXVII)
Su questo argomento può citare
anche Leopardi: “L’invenzione e l’uso delle armi da fuoco, ha combinato
perfettamente colla tendenza presa dal mondo in ordine a qualunque cosa, e
derivata naturalmente dalla preponderanza della ragione e dell’arte, colla
tendenza, dico, di uguagliare tutto. Così le armi da fuoco, hanno uguagliato il
forte al debole, il grande al piccolo, il valoroso al vile, l’esercitato
all’inesperto, i modi di combattere delle varie nazioni: e la guerra ancor essa
ha preso un equilibrio, un’uguaglianza che sembrava contraria direttamente alla
sua natura. E l’artifizio, sottraendo alla virtù e agguagliandola, e anche
superandola e rendendola inutile, ha pareggiato gli individui, tolta la varietà
(…) infine ha contribuito sommamente anche per questa parte a mortificare il
mondo e la vita” (Zibaldone, 659 e 660).
“Per l’invenzione della polvere
l’energia che prima avevano gli uomini si trasportò alle macchine, e si
trasformarono in macchine gli uomini, cosicché ella ha cangiato, essenzialmente
il modo di guerreggiare” (Zibaldone 978).
Infine si può ricordare anche il film di Ermanno Olmi Il mestiere delle armi.
Tibullo [7] attribuisce la colpa della guerra al
vizio dell'oro:" Quis fuit horrendos primus qui protulit enses?[8]/Quam ferus et vere ferreus ille fuit!//
Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,/tum brevior dirae mortis aperta
via est.// An nihil ille miser meruit; nos ad mala nostra/vertimus, in saevas
quod dedit ille feras?//Divitis hoc vitium est auri, nec bella fuerunt,/faginus
adstabat cum scyphus ante dapes " (I, 10, 1 - 8), Chi per primo
ha tirato fuori le orrende spade? Oh quanto feroce e davvero ferreo[9] fu quello! Allora la strage nacque per
il genere umano, allora la guerra, allora più breve si è aperta la via della
morte tremenda. Oppure quel disgraziato non ebbe colpa; ma noi volgemmo a
nostro danno quello che egli ci diede contro le belve feroci?
Questa è colpa del ricco oro,
e non c'erano guerre quando una coppa di faggio stava davanti alle vivande. Era
già l'età del business .
Anche Platone considera l’oro promotore di mali.
Vediamo cosa dice l'Ateniese
nelle Leggi: "Poveri per questo motivo non erano, né,
costretti dalla povertà, divenivano discordi tra loro; e nemmeno ricchi
divennero mai in quanto privi di oro e di argento (…) nella società in cui non
sia presente né ricchezza né povertà, direi che i costumi potrebbero essere
nobilissimi: infatti violenza, né ingiustizia, né gelosie né invidie possono
nascervi. Erano buoni in grazia di questa vita e di quella che
si dice semplicità” (679b - c).
Bologna 7 gennaio 2021 ore 8
giovanni ghiselli
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[1] Il quale nel Timone d'Atene chiama l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea" (IV, 3)
[2] Manoscritti economico - filosofici del 1844, p. 154.
[3] Una sapienza autentica questa,
la sofiva che
interpreta gli oracoli correttamente e obbedisce agli dèi..
[4] Poco prima Catullo ha ricordato la
storia di Serse che nel 483 scavò un canale per evitare la circumnavigazione
del monte Atos, una delle tre penisole della Calcidica.
[5] Euripide
nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwn…fovno" " (vv. 672 - 673).
[6] M. Cervantes, Don Chisciotte
della Mancia, p. 468 vol. I.
[7] Nato a Gabii o a Pedum ,
nel Lazio rurale fra il 55 e il 50 a. C., morto tra il 19 e il 18 a. C. Sotto
il suo nome ci è giunto il Corpus tibullianum , tre libri di
elegie. Sono sicuramente e autenticamente tibulliani i primi due che cantano l'amore
per due donne, Delia e Nemesi. Il terzo libro che gli umanisti divisero in due
parti è un' antologia di vari autori, compreso Tibullo. Quintiliano lo
definisce tersus atque elegans maxime…auctor (Institutio
oratoria , X, 93), l'autore più elegante e raffinato, nel campo
dell'elegia dove i latini possono sfidare i Greci.
[8] S. Benni utilizza questo verso
cambiando una parola per farne la didascalia di un quadro: “enorme e rotondo,
con un’aquila che teneva fra gli artigli un piccolo animale e una scritta…QUIS
FUIT OPTIMUS PRIMUS QUI PROTULIT ENSES?” (Margherita dolcevita, p.
125). Il quadro si trova in una casa di razzisti guerrafondai.
[9] Cfr. Erodoto:" ejpi; kakw'/
ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (I, 68, 4),
il ferro è stato inventato per la rovina dell'uomo
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