NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 8 gennaio 2021

Eschilo. "Prometeo incatenato", XIV

Gustave Doré, Le Oceanine

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Il racconto è dolore ma anche il silenzio è dolore

Nella Parodo della tragedia di Eschilo arriva il coro delle Oceanine a consolare il martire. Le coreute sono figlie" del padre Oceano che si avvolge intorno a tutta la terra con corrente instancabile" ( Prometeo incatenato, vv.138 - 140).

Oceano è un Titano fratello di Crono e di Giapeto, padre di Prometeo, quindi le coreute sono cugine del martirizzato.

Anche Oceano avvolgendo tutte le terre nega il principium individuationis.

Infatti Erodoto, scrittore delfico e apollineo, nega che ci sia un Oceano.

Nel secondo libro lo storiografo di Alicarnasso scrive: colui che ha parlato dell'Oceano (" oJ de; peri; tou' jWkeavnou levxa"", con riferimento a Ecateo) e ha portato il discorso su cose oscure, non merita nemmeno confutazione; io infatti non so che ci sia un fiume Oceano ("ouj gavr tina oi\da potamo;n jWkeano;n ejovnta", II, 23), ma credo che Omero o qualcun altro dei poeti vissuti prima di lui abbia inventato il nome e l'abbia introdotto nella poesia.

Corrisponde alla volontà di Pericle di non continuare la guerra contro i Persiani che era stata ripresa dal suo avversario politico Cimone amico degli Spartani.

Pericle invece tendeva a dominare la Grecia sottraendola tutta al predominio di Sparta, sicché Europa e Asia non dovevano essere circonfuse da Oceano.

 

Le Oceanine, pur piene di paura, manifestano solidarietà al loro congiunto, biasimando la nuova generazione divina, i figli di Crono e Rea ( oltre Zeus, Poseidone, Ades, Era e Demetra) i quali hanno preso il potere che era stato dei Titani: "nuovi timonieri infatti / governano l'Olimpo: con inaudite/norme ora Zeus comanda illegalmente"(vv.148 - 150).

 

Prometeo non si limita al lamento; minaccia anche: "Eppure il presidente dei beati - makavrwn pruvtani" - avrà ancora/bisogno di me, sebbene io sia tormentato/nei forti ceppi,/perché gli sveli il nuovo piano per il quale/si cerca di spogliarlo dello scettro e degli onori"(vv. 167 - 171).

Insomma il Titano conosce un segreto che però non intende rivelare prima di venire liberat (vv. 174 - 1o76).

 

Il racconto è dolore ma anche il silenzio è dolore

Il coro avverte il ribelle: "il figlio di Crono ha un carattere inaccessibile/e un cuore implacabile" (vv. 184 - 185); ma Prometeo, invece di lasciarsi spaventare, ribadisce che il tiranno ha bisogno di lui, quindi dovrà scendere a patti. Poi comincia un suo racconto poiché:

"dolorose per me sono queste vicende da raccontare queste cose,/ma dolore è anche tacere, e dappertutto è sventura"(vv. 197 - 198).

Due versi questi, usati come epigrafe da Giuseppe Berto per il suo Il male oscuro (1964) che racconta la terapia di una nevrosi: “Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore”. Il racconto infatti è doloroso e pure terapeutico.

 

Così Enea racconta a Didone la distruzione di Troia: “Infandum, regina, iubes renovare dolorem (…) Sed si tantus amor casus cognoscere nostros/et breviter Troiae supremum audire laborem,/quamquam animus meminisse horret luctuque refugit,/incipiam” (Eneide, II, 3 e10 - 13), regina, mi ordini, di rinnovare un dolore indicibile (…) ma se tanto grande è il desiderio di conoscere la nostra caduta e di udire in breve l’estrema agonia di Troia, sebbene l’animo rabbrividisca a ricordare e rifugga dal pianto, comincerò.

Nella Tebaide di Stazio (45 - 96 d. C.) Ipsipile inizia la sua storia dolorosa affermando che raccontare le proprie pene è una consolazione per gli infelici:"dulce loqui miseris veteresque reducere questus" (V, 48), è dolce parlare per gli infelici e rievocare le pene antiche.

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