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Argomenti
Sofocle poeta religioso e omerico. La
tempra delle sue eroine e dei suoi eroi. La critica dell’Anonimo Sul sublime,
di Nietzsche e di B. Knox.
Una Vita anonima conservata da alcuni manoscritti[1] e risalente al tardo ellenismo,
ci dà altre notizie interessanti sul poeta: Gevgone
de; kai; qeofilh;" oJ Sofoklh'" wJ" oujk a[llo" (12),
Sofocle fu in rapporti amichevoli con gli dei quant'altri mai, il che
corrisponde alla nostra interpretazione di poeta religioso, come del resto a
quella di autore arcaicizzante un'altra
notizia secondo la quale:"To; pa'n
me;n ou\n oJmhrikw'" wjnovmaze (20), chiamava ogni cosa alla
maniera omerica. Infatti, continua la Vita , Sofocle riferisce
i miti sulle orme del poeta e in molti drammi cita l'Odissea.
L'autore anonimo aggiunge
che uno scrittore ionico (non meglio identificato né identificabile) disse che
il poeta era JOmhvrou maqhthvn,
allievo di Omero. Tale maestro del resto è stato attribuito a non pochi altri
autori[2] o da loro stessi vantato[3].
Questi scrittori, affermano
la necessità dell'armonia tra l'uomo e il mondo che lo circonda. La Vita
aggiunge che altri autori hanno imitato i grandi predecessori ma solo Sofocle
seppe scegliere da ciascuno lo splendore: per cui era chiamato ape. Egli portò
nei suoi drammi, mescolate insieme, proporzione, dolcezza, audacia, eleganza
(20). Inoltre seppe commisurare l'azione in modo da esprimere il carattere del
personaggio con poche parole. E nella poesia il massimo è mettere in luce il
carattere, ovvero il pathos (21).
Bernard Knox afferma
che il poeta di Colono "dimentica l'adattamento eschileo dello spirito eroico
alle condizioni della polis, e fa ritorno ad Achille che, irriconciliabile,
siede corrucciato nella sua tenda. Nei suoi eroi che affermano la forza della
loro natura individuale contro i loro simili, la loro polis, e perfino i loro
dei, egli ricrea (...) la solitudine, il terrore e la bellezza del mondo
arcaico"[4].
“Gli studiosi
concordano nell’indicare in Sofocle colui che più di tutti ha contribuito a fissare
l’immagine dell’”eroe tragico” nel senso in cui lo intendiamo noi moderni.
Concentrando l’attenzione sul protagonista della vicenda drammatica e
conferendogli un rilievo prima inattestato, egli ha creato personaggi come
Aiace, Antigone, Elettra, la cui tempra e il cui codice di comportamento
richiamano il modello degli eroi dell’epos: figure di una grandezza esclusiva,
ostinate nel perseguimento dei loro ideali, insensibili ad ogni monito di
prudenza e moderazione, incrollabilmente fedeli a se stesse, pronte a sfidare e
ad accettare - se necessario - anche la morte. La spinta ad agire con ineusasta
energia, al di là di ogni ostacolo e contro ogni minaccia, proviene loro dalla
convinzione della propria superiorità. Delle loro scelte, destinate a porli in
conflitto con coloro che li circondano, essi avvertono tutto il peso, e
tuttavia ne assumono pienamente la responsabilità: anche quando sanno che
l’esito estremo sarà la catastrofe”[5].
Sofocle
avrebbe scritto più di cento drammi riportando la vittoria una ventina di
volte. Elevò il numero dei coreuti da dodici a quindici, introdusse il terzo
attore e la scenografia. Divise la trilogia in tre drammi autonomi per mettere
in risalto l'individuo.
Rimangono
sette tragedie intere: Aiace, Antigone del
442, Trachinie, Edipo re, Elettra, Filottete del 409, Edipo
a Colono rappresentata postuma nel 401, un migliaio di frammenti, e
parti estese di un dramma satiresco: jIcneutaiv, I cercatori di tracce.
Sofocle fu il
tragediografo preferito dal pubblico ateniese contemporaneo: fu “capace di
esaltare attraverso le straordinarie figure dei suoi eroi la grandezza
dell’uomo e di mostrare al tempo stesso i vertiginosi abissi dell’infelicità
umana, capace di far risuonare accenti di profondo pessimismo e di professare
ugualmente la sua incrollabile fede negli dei”[6].
Come tutti i grandi
che hanno molto da dire, Sofocle non è privo di pecche, le quali, dal punto di
vista dell'Anonimo Sul
sublime consistono in
uno spegnimento e in una caduta improvvisa e infelice dell'ardente impeto
poetico. Un difetto che, secondo il critico antico, lo accomuna a Pindaro: "oJ de; Pivndaro" kai; oJ
Sofoklh'" oJte; me; oi|on pavnta ejpiflevgousi th'/ fora'/, sbevnnuntai d
j ajlovgw" pollavki" kai; pivptousin ajtucevstata" (33) Pindaro e Sofocle come talora bruciano
tutto con il loro impeto, poi invece si spengono senza motivo e cadono nel modo
più infelice. Tuttavia l'Anonimo
conclude il capitolo dicendo che nessuno con un poco di senno scambierebbe il
solo Edipo re con tutti i drammi di Ione di Chio.
Del tutto privo di scorie invece lo
giudica Nietzsche: "Shakespeare
(...) paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro,
piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel
modo più nobile, tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo"[7].
I versi di Sofocle si distinguono per la
loro densità: ognuno di essi potrebbe essere commentato con un libro.
“La poesia fonda la sua potenza sulla
compressione. Poeta in tedesco si
dice Dichter, colui che rende le cose dicht (spesse,
dense, compatte). L’immagine poetica comprime in un’istantanea un
momento particolare caratteristico di un insieme più vasto, catturandone la
profondità, la complessità, il senso e l’importanza”[8].
giovanni ghiselli
[1] P. E. nel Venetus Marcianus (V)
con il titolo Sofoklevou"
gevno", e nel Vaticanus (R)
con il titolo Gevno"
Sofoklevou".
[2]L'Anonimo autore del trattato Sul
sublime passa in rassegna gli autori "omericissimi" che sono
Erodoto, Stesicoro, Archiloco e soprattutto Platone il quale anzi non sarebbe
diventato così grande filosofo e poeta se non si fosse messo a gareggiare con
Omero (13).
[3]"Secondo quanto riferisce Gor'kij, lo
stesso Tolstoj disse di Guerra e pace :" Senza falsa
modestia, è come l'Iliade ", da G. Steiner, Tolstoj o
Dostoevskij , p. 81.
[4] L'eroe sofocleo in La
tragedia greca, guida storica e critica, a cura di C. R. Beye, pag.85
[5] Di Marco, Op. cit., p. 141.
[6] Di Marco, Op. cit., p. 71
[7]Umano, troppo umano , Opinioni e
sentenze diverse, 162. Mondadori, II volume p. 57
[8] Hilman, La forza del carattere, p. 70.
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