Argomenti Prometeo non si piega e viene subissato da una
tempesta che confonde gli elementi e fa vedere, apocalitticamente, il caos,
emblema dell’anima del Titano. Un arcanum imperii: per
sottomettere un uomo bisogna farlo soffrire. Ma non sempre funziona: Prometeo
non si è sottomesso. Vero è che non è un uomo bensì una specie di Dio
Prometeo ribadisce ancora che non si piegherà. Ermes
replica accusandolo di caparbietà con debole ragione: "aujqadiva ga;r tw/' fronou'nti mh; kalw'" - aujth; kaq j aujth;n
oujdeno;" mei'on sqevnei" (vv. 1012 - 1013) l’arroganza infatti per chi non ragiona bene, di
per sé ha meno forza del nulla. Questo
invece è un segno negativo. Prometeo è davvero un personaggio composito. Nelle
tragedie di Sofocle il despota riceve l’accusa di arroganza mentre corre
incontro alla propria rovina. Nell' Edipo re è Creonte, accusato da Edipo di complotto, ad
accusare il tiranno: " Se davvero pensi che sia un
bene l’arroganza (th;n aujqadivan)/ separato dall'intelligenza, non pensi in modo retto" (vv. 549 - 550). Nell' Antigone è
Tiresia che, per spingere Creonte alla resipiscenza, gli suggerisce di
ascoltarlo evitando di arroccarsi nel proprio potere: "aujqadiva toi
skaiovtht j jofliskavnei", l’arroganza davvero merita
accusa di stoltezza (v.1028). Atteggiamento dispotico dunque è quello di Prometeo caparbio e arrogante. Presto,
minaccia Ermes, sarai subissato da una tempesta, poi: “il cane alato di Zeus,
l'aquila sanguinaria farà voracemente a brani il grande straccio del tuo
corpo (swvmato~ mevga rJavko~) (vv.1021 - 1022), quindi "divorerà il tuo fegato, nero pasto"
(v.1025). Prometeo è
avvisato, ma, almeno per il momento, non dà segni di resipiscenza, anzi leva
la voce ripetendo la sfida con l’evocare la confusione degli elementi propria
del caos:"ora il ricciolo di fuoco a due tagli (puro;"
ajmfhvkh" bovstruco")/sia scagliato pure contro di me, e l'etere/sia
irritato dal tuono e dalla convulsione/dei venti selvaggi; i soffi
scuotano/la terra dalle fondamenta con le stesse radici,/l'onda del mare con
aspro fragore/copra le vie degli/astri del cielo; e getti il mio corpo/dopo
averlo alzato, nel buio Tartaro/tra i vortici duri della necessità (ajnavgkh~
sterrai`~ divnai~);/ non mi farà morire del tutto"
(vv. 1043 - 1053). Infatti, non bisogna dimenticarlo, Prometeo non è un uomo
ma un dio. Il fuoco
che il titano ha rubato è invitato a sconvolgere il mondo nella confusione
universale. Ermes
replica denunciando la pazzia deleteria di Prometeo e la compassione mal
riposta, fuori luogo delle Oceanine, le quali tuttavia ribadiscono la loro
solidarietà al Titano. Allora il
messo di Zeus le minaccia: “Ricordate però le cose che io predìco/e, braccate
dall'accecamento (pro;" a[th" qhraqei'sai),
non/biasimate la sorte, e non dite mai/che Zeus vi cacciò in una
sofferenza/imprevista; no certo, ma voi/vi ci siete cacciate da sole. Infatti
sapendolo/e non all'improvviso né di nascosto/sarete implicate per
dissennatezza/nella inestricabile rete dell'accecamento (eij" ajpevranton divktuon a[th", vv.1071 - 1079). Le
metafore venatorie vengono applicate topicamente ai colpevoli destinati a
diventare farmakoiv. Ciò è molto evidente nell' Edipo re di Sofocle: "Infatti va e viene sotto foresta/selvaggia e su per le grotte, proprio/il
toro delle rupi (petrai'o" oJ tau'ro")/inutile con inutile piede[1] bandito in solitudine/ cercando di allontanare i vaticini (mantei'a)/dell'ombelico della terra; ma questi sempre/vivi gli volano
addosso" (vv. 477 - 482). Del resto lo zoppicante Riccardo III non viene chiamato "the
boar "?[2] . L' a[th è una smisurata forza
irrazionale che quando si impadronisce di un anima umana la porta alla
rovina. Essa si
alza minaccioso anche nel finale dei Sette a Tebe "si
erge il trofeo dell'accecamento (e{stake [Ata~ trovpaion) sulle porte/dove andavano a
sbattere, e,/impadronitosi dei due, il demone cessò" (vv.958 - 960). Le ultime
parole del Prometeo incatenato sono pronunciate dal Titano che
descrive la tempesta già scoppiata, "correlativo oggettivo" della
sua anima sconvolta, ed emblema del Caos , il disordine cosmico e umano, che
egli ha cercato di ripristinare confutando l'autorità e l'ordine di Zeus: "certo
di fatto, e non più soltanto a parole,/la terra si è messa ad ondeggiare,/e mugghia
il profondo rimbombo/del tuono, e le spire del lampo /brillano (e{like~ d j
ejklavmpousi steroph`~[3]) ardenti, e i turbini fanno
girare/la polvere (strovmboi de; kovnin[4] - eiJlivssousi), e saltano i soffi/di tutti i
venti dichiarandosi/una guerra (stavsin[5]) reciprocamente contraria/e sono
sconvolti insieme il cielo e il mare ( xuntetavraktai d j aijqh;r
povntw/",vv.
1080 - 1088). Ci sono
rimandi alla sterilità della polvere, alla guerra civile, alla confusione e
alla distruzione. Tale
assalto che vuole creare paura/avanza chiaramente da Zeus contro di me./O
maestà della madre mia, o etere/che fai girare la luce comune a tutti (koino;n favo~ eiJlivsswn)/tu vedi come ingiustamente io soffro" (vv.
1089 - 1093). La
tempesta marina che minaccia di ripristinare il caos, significativo del
disordine umano, viene descritta anche dall'araldo Euribate che racconta a
Clitennestra i danni subìti dalla flotta greca nell'Agamennone di Seneca :"Mundum revelli
sedibus totum suis/ipsosque rupto crederes caelo deos/decidere et atrum rebus
induci chaos./Vento restitit aestus et ventus retro/aestum revolvit; non
capit sese mare:/in astra pontus tollitur, caelum perit/undasque miscent
imber et fluctus suas" (vv. 484 - 490), avresti creduto che l'intero
universo fosse strappato dalle fondamenta, e che gli stessi dei cadessero dal
cielo squarciato, e che il tenebroso caos si stendesse sul mondo. La
mareggiata si oppone al vento e il vento risospinge indietro le onde: il mare
non sta più dentro se stesso: il ponto è sollevato fino alle stelle, il cielo
sparisce, la pioggia e i flutti mescolano le loro acque. La
regola è una sola: la confusione. Nel
penultimo verso del Prometeo incatenato c’è un segno
positivo: la luce (favo~, 1092) che l’etere fa girare.
E’ un segno di resurrezione: “un augurio di più sereno dì”. Avvicinandomi alla conclusione, voglio mettere in
evidenza un arcanum imperii: per sottomettere il ribelle,
qualsiasi ribelle, la regola è quella di farlo soffrire. La resistenza al dolore però viene rafforzata viene
dalla fiducia nella vita. Nel romanzo di Orwell 1984 la vittima Winston risponde
in questa maniera alla domanda del carnefice O' Brien:"Come fa un uomo
ad affermare il suo potere su un altro uomo. Winston ci pensò un pò su.
"Facendolo soffrire" (by making him suffer) disse infine. "Esattamente. Facendolo soffrire. L'obbedienza non basta. Se non
soffre, come si fa a essere sicuri che egli non obbedisca alla sua volontà,
anziché alla tua? Il potere consiste appunto nell'infliggere la sofferenza e
la mortificazione (power is in inflicting pain and humiliation). Il
potere consiste nel fare a pezzi i cervelli degli uomini e nel ricomporli in
nuove forme e combinazioni di nostro gradimento." (p. 280). Il potere di questo regime tirannico non è potere sulle cose ma
sugli uomini. Il partito del Grande Fratello sta creando: "un mondo di
paura, di tradimenti e di torture, un mondo di gente che calpesta e di gente
che è calpestata, un mondo che diventerà non meno, ma più spietato, man mano
che si perfezionerà (...) Abbiamo abolito i legami tra figli e genitori, tra
uomo e uomo, e tra uomo e donna (...) L'istinto sessuale verrà sradicato. La
procreazione diventerà una formalità annuale come il rinnovo della tessera
annonaria. Noi aboliremo lo stesso piacere sessuale. I nostri neurologi
stanno facendo ricerche in proposito. Non esisterà più il concetto di lealtà,
a meno che non si tratti di lealtà verso il partito. Non ci sarà più amore
eccetto l'amore per il Grande Fratello (...) Se vuoi un simbolo figurato del
futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano - per sempre (p.
281)” If you want a picture of the future, imagin a boot stamping on
a human face - for ever” . Splendida è la risposta di Winston al suo carnefice:"in qualche modo
verrete sconfitti. Qualche cosa vi sconfiggerà. La vita vi sconfiggerà (p. 282 Something
will defeat you. Life will defeat you)...Io so che alla fine sarete
sconfitti. C'è qualche cosa, nell'universo...non so, un qualche spirito, un
qualche principio...che non riuscirete mai a sopraffare." "Credi in Dio, Winston?" "No." "E allora quale può essere questo principio che ci annienterà?" "Non lo so. Lo spirito dell'Uomo"( The spirit of Man p.
283). Concludo ricordando le “cieche speranze (Prometeo incatenato, v.
250) ” infuse nelle mente umane da Prometeo e commentandole con Leopardi “La ragione è nemica d’ogni grandezza: la
ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola.
Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà grande
quanto più sarà dominato dalla ragione: che pochi possono esser grandi (e
nelle arti e nella poesia forse nessuno) se non son dominati dalle illusioni
(…) Esempio: l’impresa d’Alessandro: tutta illusione” (Leopardi, Zibaldone,
14). giovanni ghiselli |
[1] melevw/ podiv;: allude al piede gonfio di Edipo identificato con la vittima espiatoria.
Ricorda i versi 877 - 879 già citati: "precipita nella necessità scoscesa
dove non si avvale di valido piede, e[nq' ouj podi; crhsivmw/ crh'tai". Il soggetto è l'u[[bri" di quella
monarchia claudicante che è la tirannide.
[2] Il cinghiale. Riccardo
III, 3, 2.
[3] Ecco l’elettricità, un altro “di
quegli agenti terribili” menzionati da Leopardi nello Zibaldone (p.
3645).
[4] La polvere, come la cenere,
nei drammi Greci è spesso un simbolo negativo di sterilità e morte. Nell' Antigone, per esempio, il segno positivo della luce viene contrapposto a quelli negativi della polvere,
del sangue e della pazzia:"Ora infatti sull'estrema/ radice si era distesa
una luce ( favo" ) nella casa di Edipo/ma poi la polvere
macchiata di sangue (foiniva...kovni") /degli dei infernali la falcia,/e pazzia della
parola ed Erinni della mente" (vv.599 - 603). La polvere fa paura forse perché
prefigura l'inevitabile esito della nostra vita:"what is this
quintessence of dust? " (Amleto, 2, 2), che cosa è per me
questa quintessenza di polvere? domanda il principe di Danimarca. Naturalmente
l'uomo, e pure la donna, dei quali Amleto non si prende alcun piacere.
Insomma:"I will shaw you fear in a handful of dust" ( The
waste land, v.30), in un pugno di polvere vi mostrerò la paura.
[5] E’ la guerra civile che
confonde i ruoli, come fa l’incesto, trasformando i fratelli in nemici. Secondo
Tucidide cambia anche il significato delle parole. Lo afferma a proposito della
guerra civile (stavsi") di Corcira (427 - 425):"Kai; th;n
eijwqui'an ajxivwsin tw' ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/
dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo"
ejnomivsqh" (III,
82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto
ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai
compagni di partito. “Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è
necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è
ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più
feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82 - 84)”, M. Cacciari, Geofilosofia
dell'Europa, p.43
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